Anni dopo

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CAPITOLO 2

"Amy, vado a visitare il duca!" urlò il dottor Simmons.
La ragazza corse giù dalle scale.
"Vengo con te, papà!" affermò, prendendo lo scialle e le fette di mela.
"Tesoro, non ci metterò molto. Devo solo pulire le piaghe e controllare che non sia troppo deperito!" le spiegò il padre.
"Lo so, papà, ma ho sentito che John è tornato da Harrow e mi piacerebbe salutarlo!"
Negli ultimi cinque anni, Amy lo aveva visto solo una volta.
Durante il lungo soggiorno trascorso nella tenuta ducale, tra i due ragazzini si era instaurato un rapporto, se non proprio amichevole, quasi civile. Parlavano molto di cavalli, la passione di John e di disegni, l'amore di Amy. Non avevano mai accennato a ciò che era accaduto nelle stalle.
John non perdeva occasione per deridere i suoi capelli, i suoi vestiti e soprattutto i suoi scarabocchi, così li chiamava. Ma Amy, invece di scoraggiarsi, s'impegnava ancora di più.
Il duca si era svegliato, se così si poteva definire la sua ripresa, cinque mesi dopo la caduta. Purtroppo, secondo il padre e gli specialisti giunti da Londra, l'emorragia aveva irrimediabilmente danneggiato il cervello. Era praticamente vivo, ma il suo stato cosciente non gli permetteva di comunicare, muoversi o semplicemente comprendere. Avevano rassicurato la duchessa madre che, fortunatamente, non soffriva.

Riuscivano stranamente ad alimentarlo. Sembrava che quando il cibo veniva avvicinato alla bocca, per qualche misterioso motivo, questa rispondesse in modo meccanico. Certo, si limitava a ingurgitare solo liquidi, principalmente brodi, quindi il suo fisico era ridotto a pelle e ossa, ma viveva.
Da otto anni, il padre andava alla tenuta puntualmente, quattro volte a settimana. All'inizio, Amy lo accompagnava ogni volta, poi, cinque anni prima, John era partito per il college e lei lo aveva accompagnato sempre meno. Era strano, ma andare in quella tenuta dopo la sua partenza, la rattristava.

La duchessa madre era sempre più cattiva. Non sopportava il destino toccato al figlio e se la prendeva con tutti. Il suo bersaglio preferito era la madre di John. Le poche volte in cui Amy l'aveva vista, era ancora più pallida e magra, delle precedenti. Il padre si era offerto di visitare la giovane duchessa, ma gli era stato categoricamente proibito.

"Allora sbrigati, non vogliamo far irritare la duchessa madre più di quanto non lo sia già!" ridacchiò il dottore.
Amy prese la cartellina con i suoi disegni e lo seguì. Curare un duca aveva i suoi vantaggi. Con il compenso ricevuto, il dottor Simmons si era comprato un calessino. Era veloce e leggero, adatto a ogni evenienza.
Arrivarono presto alla tenuta. Il dottore aiutò la figlia a scendere.               

"Vado dal mio paziente. Immagino che oggi non verrai con me. Cerca di farti trovare qui, tra circa un'ora, intesi?"
Amy annuì, poi si diresse verso le stalle. Era sicura che avrebbe trovato John lì dentro. Stringendosi la cartellina al petto, sorrise. Pensò alla faccia stupita del ragazzo, quando avrebbe visto i suoi disegni. Era diventata brava! Aveva portato con sé, solo quelli che ritraevano i suoi amati cavalli: Zeus e Pegaso. Li aveva disegnati a matita e carboncino, dopo averli studiati per ore. Era pronta a donarli a John, sicura che li avrebbe apprezzati. Trovò la porta delle stalle chiusa. Strano, era sempre spalancata. Poco male, con un minimo sforzo l'aprì. All'interno si sentivano strani suoni. Tra gli sbuffi dei cavalli, qualcuno sussurrava e ansimava.
"John?" chiamò.
In risposta, ricevette un'imprecazione seguita da  risatine.
"Vattene, chiunque tu sia!"
Amy avrebbe scommesso che quella fosse la voce del giovane lord e capì che con lui c'era una donna.
"Sono Amy!"
Un'altra imprecazione ancora più volgare la colpì, prima di sentirlo gridare:
"Sparisci!"
La ragazza uscì di corsa. Non aveva previsto una cosa del genere. Certo, John aveva diciassette anni, adesso. Forse non voleva la compagnia di una quindicenne . Con le lacrime agli occhi, si rifugiò sotto al salice piangente. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di mostrarsi ferita. Aprì la cartellina e per un attimo pensò di stracciare i suoi disegni. Poi, però, li guardò.
Erano belli, li aveva realizzati con amore, piena di aspettativa. Pazienza, sarebbe stata lei stessa a gratificarsi. Sì! Era stata davvero brava, si disse. Si alzò, avvicinandosi lentamente alla staccionata. Pegaso, un giovane frisone completamente nero, la raggiunse. Sapeva che gli portava sempre qualche leccornia. Amy infatti, estrasse una fetta di mela dalla tasca. Prima di recarsi alla tenuta, ne tagliava una in parti uguali da dividere tra i cavalli del duca. Era un'abitudine che, negli anni, le aveva assicurato l'affetto di quegli straordinari animali.
"Ciao, Pegaso" sorrise accarezzandogli il muso.
Non essendo molto alta, doveva salire sul primo asse del recinto per poterlo toccare.
"Lo so cosa vuoi, ma prima fatti coccolare un po'" scoppiò a ridere quando Pegaso le morse i capelli, strappandole il nastro rosso che li teneva legati, "Sei davvero dispettoso!" lo sgridò, mentre il cavallo allontava il muso, così che lei non riuscisse a recuperare il nastro.
"Molto bene, allora mi mangerò questa buonissima mela" lo ricattò. Il cavallo, tutt'altro che stupido, avvicinò il nastro alla ragazza e, mentre lei lo prendeva con la mano libera, lui le rubava la frutta.
"Sei troppo furbo, cucciolone! Avrebbero dovuto chiamarti volpe" continuò, accarezzandolo.
Pegaso voleva altri pezzi di mela, ne sentiva l'odore. Cercò di arrivare alla tasca ma, così facendo, la spinse all'indietro. Amy presa alla sprovvista, perse l'equilibrio. Stava cadendo. Già immaginava il dolore all'osso sacro, quando due braccia robuste la presero al volo.

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