3. Дмитрий.

421 29 35
                                    

dimitri's pov.

- russia, 2024.

La donna davanti a me mi regalò un sorriso malizioso e la mia mano si serrò attorno ai suoi capelli biondi, in modo tale che potesse riabbassarsi e continuare quello che stava facendo già da vari minuti con molto vigore e costanza.
"Una puttana inutile, ma non pensare di essere l'unica per me." bisbigliai in russo e non mi capiva, perché era nuova spedita dall'America.
Aveva appena incominciato, dovevo assolutamente concludere il prima possibile questo lavoro e spinsi la mia poltrona con le rotelle ancora più vicino alla scrivania, permettendo così a questa bionda di entrare nell'apertura interna della mia scrivania.
"Continua." ordinai facendola sussultare e il gelo dei miei occhi la invase, appoggiò le sue mani nelle mie cosce e le sue unghie erano smaltate rigorosamente.
Tutte, dovevano essere perfette in qualsiasi momento.
Afferrai alcuni fascicoli dal mio cassetto chiudendolo con forza e controllai le percentuali delle mie ultime vendite, tutto stava procedendo in modo impeccabile e non mi facevo scappare neanche un minimo dettaglio dei miei affari.
E stavo facendo tutto questo mentre un'americana era abbassata davanti a me, usando la sua bocca per regalarmi un piacere che ormai non esisteva più.
Era più che altro un'abitudine.
Le mie priorità erano altre, e neanche uno stupido orgasmo mi distraeva dalla mia disciplina, il motivo era ben chiaro.
Perché ero russo.
E non avevo nessuna pietà, se mi fissavo con qualcosa o qualcuno automaticamente non mi davo pace, ero dannato e nel mio sangue scorreva veleno.
Per un'attimo sentii il piacere invadermi e mi abbandonai nella poltrona ma non ero ancora pronto a venire quindi riacquistai tutta quanta la mia concentrazione e continuai a leggere spingendo la donna sotto di me.
Violentemente.
Ogni singola cosa mi apparteneva, tutte le ragazze che lavoravano per me firmavano un contratto permanente fino alla fine dei loro tempi.
Tutto ha una scadenza, e talvolta deve essere ripagata con la morte.
Dalle mie labbra uscii un piccolo grunito e riversai il mio seme nella bocca di questa donna che approvò guardandomi negli occhi ammettendo che le era piaciuto.
Ma la mia freddezza, non mi faceva provare nulla.
Se non, un disgusto verso gli esseri umani ma le donne? Erano certamente, senza ombra di dubbio, tutto il mio mondo e lavoravo da quando avevo quattordici anni.
Sapevo fare tantissimi affari, trasformavo tutto in oro.
Letteralmente ogni piccola cosa.
Avevo occhi e orecchie dappertutto, ogni singola persona che lavorava per me mi diceva ogni movimento, i tradimenti li scoprivo ancor prima che venissero fatti.
Ogni movimento falso, calcolato anche con negligenza.
"Quindi?" disse la donna davanti a me appoggiando le mani sulle mie ginocchia per reggersi e alzai la zip, allacciando con cura i miei pantaloni cuciti su misura per me e infilando impeccabilmente la cintura a posto.
"Cosa dovrei dirti? Dovrei farti i miei complimenti? È il tuo lavoro, pensavo si fosse capito quindi non obbiettare ogni singola cosa." dissi mettendo in chiaro la situazione e a quanto pare, a questa dovevo ripetere le cose ogni santissima volta.
"Delay, chto ya govoryu." aggiunsi dandole una breve occhiata e si alzò venendo dietro di me, massaggiò le mie spalle possenti e nonostante avessi quasi una cinquantina d'anni la mia bellezza non passava di certo inosservata.
"Mi hai scelta dall'America però potresti anche darmi un minimo di attenzioni no? Sono qui per te." disse al mio orecchio mordendolo leggermente e alzai gli occhi al cielo, corrucciando la fronte e annuendo passando ai prossimi fogli non calcolandola.
La mia famiglia, era sempre stata temuta da tutti e io e i miei fratelli avevamo ricevuto fin da piccoli un'educazione rigida a prova di resistenza.
Un bussare di porta mi fece alzare lo sguardo e diedi il consenso al ragazzo di entrare, mentre sistemavo ancora una volta i fogli, tutto doveva essere messo poi in cassaforte e solo io avevo il compito di aprirla.
Erano pur sempre dati importanti, codici generati con saggezza.
"Signore, non vorrei disturbarla." disse Ivan, lavorava per me da quasi due mesi, era sveglio e il suo accento tedesco lo rendeva diverso.
Era affidabile, mi aveva dimostrato tanto.
Avevo deciso di scegliere lui per questo viaggio, sul mio jet privato che usavo a mio piacimento quando e dove volevo.
"So parlare il tedesco molto bene, non c'è bisogno che parli per forza russo." dissi appoggiandomi un'attimo sulla poltrona e lo guardai rimproverandolo, sussultò chiedendomi scusa e disse una frase che non volevo sentire in questo momento.
"Deve tornare in Germania, a quanto pare ci sono dei movimenti che non posso dire apertamente perché è richiesta la sua presenza nel suo locale principale." disse una volta fermo davanti alla mia scrivania ed era rigido come una statua, pronto a compiere qualsiasi ordine che sarebbe uscito fuori dalla mia bocca.
"Eto nevozmozhno! Ho delle cose da compiere da qui." sbottai innervosendomi in mezzo secondo e la donna alle mie spalle si abbassò nuovamente massaggiando i miei muscoli spessi che allenavo con cura ogni singolo giorno.
"È urgente, altrimenti non sarei mai venuto qui interrompendo i suoi affari e riguarda il secondo codice della lista nera." disse facendomi sgranare gli occhi in mezzo secondo e riordinai tutti i fogli compulsivamente, portai il materiale da revisionare con me non lasciando niente fuori posto e afferrai il mio telefono scrivendo velocemente un messaggio.
"Bene allora, verrai con me. Ho già dato l'ordine di preparare il mio jet, avvisa gli altri soci e fai in modo che ci sia una macchina pronta in aeroporto per il mio arrivo, ecco le carte mettile in valigia." dissi consegnandogliele e annuì subito uscendo dalla stanza ma poi si bloccò di colpo mentre io ero già in corridoio, con il nervoso addosso.
Cosa cazzo mi era sfuggito?
Non mi sfuggiva mai niente.
Letteralmente mai, e se qualcuno aveva osato mettersi in mezzo ai miei affari avrei ucciso ogni singolo traditore perché era chiaro che non avrei avuto nessun tipo di problema a sostituire anche tutto il personale.
In ogni locale che gestivo.
"Di lei cosa ne faccio? Verrà?" disse Ivan indicando velocemente la donna nella stanza che aveva un'aria idiota, sul mio viso si formò una smorfia di disgusto e mi ero già annoiato quindi la guardai con assoluta indifferenza.
"Uccidila." ordinai agganciandomi la giacca e la mia mascella era contratta mentre il mio cervello pensava ed elaborava ogni punto, nomi e cognomi con allegato ogni singolo volto di tutte le persone che lavoravano per me.
Muovevo ogni singola pedina, pronto a fare scacco matto.
Oltre alle percentuali, i soldi, il sesso, nel mio lavoro c'erano i codici.
E il codice due, riguardava, uno dei più preziosi: Zulema Zahir.

red and blue lightsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora