Il primo weekend di gara della stagione era già trascorso. Mi stavo semplicemente godendo qualche ora di totale rilassamento dopo il podio del mattino precedente. Accadeva spesso di avere tali soddisfazioni. Non ero più il ragazzino alle prime armi che gareggiava la domenica con il kart e sognava ad occhi aperti. Quelle fantasie, erano diventate realtà col tempo e col duro lavoro. I miei sogni si stavano concretizzando e scorrevano fluidamente fra le mie mani, non più soltanto nella mia mente.Avevo raggiunto i miei obiettivi, ma ovviamente non mi sarei fermato per nulla al mondo al secondo posto. Perché rimanervi, quand'era invece possibile essere al primo?
Mi stiracchiai, levando le lenzuola bianche che mi avvolgevano. Sbadigliai prendendo in mano il mio cellulare. Avevo ricevuto più di cinquecento notifiche. Fortuna che prima di dormire avevo impostato la modalità aereo, altrimenti non sarei riuscito a fare neanche un respiro senza che l'Iphone emettesse la suoneria di notifica, o vibrasse. Mi stropicciai gli occhi, corrucciando le sopracciglia. Il mio compagno di squadra sembrava proprio non saper vivere senza di me, per non parlare degli altri piloti, nonché amici, che erano riusciti ad intasare la chat con i loro battibecchi e le battute stupide. Cliccai sul contatto dell'altro pilota Ferrari, attendendo che rispondesse.
Lo spagnolo non tardò a replicare, dopo due squilli sentivo già la sua voce raggiante dall'altro lato del telefono. <Non riesci a stare senza di me per più di... quattro ore!> lo presi in giro, controllando sulla chat l'orario in cui mi aveva inviato il messaggio. <Sisi, scherza! Sappi che mamma chioccia si preoccupa.> esclamò allegramente, fingendo di essere avvilito. <Sei proprio scemo> risi insieme a lui, alzandomi dal comodissimo materasso, nel tentativo di trovare le mie ciabatte. <Comunque, cosa c'è di così importante che devi dirmi, tanto da far andare in tilt il mio cellulare?>
Era solamente marzo, ma faceva un caldo a dir poco anomalo, perciò ero in mutande, ma in nome della decenza, frugai nei cassetti della cabina armadio per recuperare un paio di pantaloncini. <Esagerato! Ti và di uscire stasera?> sbuffò. <Uuh, allettante come proposta. Cenetta romantica, amore?> risposi sarcastico, facendo la vocina smielata. <Con piacere tesoruccio! Champagne, caviale e a fine serata rimani da me?>
Eravamo indecenti. Fortunatamente nessuno stava sentendo quella stupidissima conversazione, altrimenti ci avrebbero presi davvero per pazzi, o peggio, per amanti. Non che avessi qualcosa contro l'omosessualità, ma onestamente <gradisco molto di più la figa, amore.> sghignazzammo ancora. <Tornando seri, giovane mascalzone, sei libero stasera?> aprii il freezer, tirando fuori una vaschetta di gelato al caramello , il mio preferito.Non sgarravo spesso, mangiando cibi come il gelato o altra roba buonissima vietata dalla mia dieta ferrea, ma sentivo davvero di meritarmelo, sapevo che era un gran giorno. <Beh, sì. Dove?> Risposi, pronunciando male le parole per via della delizia che avevo in bocca.
<In realtà è un posticino abbastanza tranquillo, un po' in periferia, aperto da circa un anno... se ne parla bene in giro. Ti manderò la posizione non appena chiuderemo. Sembra carino, comunque.> Annuii. <Mh, a dopo...>
<Adios!> mi congedò in risposta, chiudendo la chiamata. Io buttai nel lavandino la scatoletta del gelato ed il cucchiaino.Era quasi ora di cena, avevo dormito sì e no per tre ore consecutive. La posizione del locale non tardò ad arrivare. Io, nato e cresciuto a Monaco, non avevo mai sentito di quel posto. Ma di cosa mi stupivo? Eric era peggio della CIA, specialmente se si trattava di reperire informazioni su ritrovi mondani e gossip. Complice anche il fatto che negli ultimi tempi non ero rimasto molto in città. Ad ogni modo, acconsentii. Era una sottospecie di pub raffinato che disponeva dei migliori alcolici, e clientela, di tutti i locali notturni dell'intera la città. In fondo, non sembrava poi così male.
Iniziai a prepararmi. Feci una doccia rinfrescante. Pensavo a quanto la mia vita fosse cambiata in tutti quegli anni. Come i miei sogni si stessero realizzando, le esigenze cambiando.
Il tempo andava avanti, non potevo chiedergli di fermarsi, nessuno poteva. Era come andare a 100, poi a 150, 200 km/h ... senza mai frenare, dritto, premendo sempre sull'acceleratore. Quei pensieri mi fecero percepire ancor più tutti gli anni trascorsi da quando ero solamente un bambino che sognava di arrivare dove il Charles adulto si trovava in quel preciso istante. Buffo, come il giorno prima sei il piccino che aspetta l'inizio del Gran Premio al televisore, ed il giorno dopo uno di quei piloti che qualche altro piccolino attende ansiosamente fissando lo schermo, sei tu.
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Wildflower Wildfire
RandomPuò una rosa rossa, satura di passione e risolutezza ormai spenti, sbocciare grazie alla sconosciuta tiepidezza di chi è disposto a curarla, nonostante le inspide spine? Rivoli cremisi e immobilità avvolgono e tentano di proteggere la parte più frag...