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Charles

Stavolta l'avrei strangolato. L'avrei ucciso con le mie stesse mani, quel gran coglione di Eric. Fosse stata l'ultima cosa che facevo. <Ma sei cretino, per caso?> dopo essermi ripreso dallo shock, mi avvicinai per sussurrargli a denti stretti quelle parole. Non che
trovassi la ragazza brutta o poco affascinante, ma con quale criterio,
perché uno dovrà pur averlo avuto nella sua vita, in quella testona vuota che aveva, lui aveva deciso che io avrei dovuto accompagnarla a casa?

Tra l'altro, per quanto mi avesse affascinato, sarà stata appena maggiorenne e non la conoscevo, chiaramente. Lei era scioccata quanto me, gli occhi sembrava stessero per sbucarle fuori dalle orbite. Il tizio che le aveva parlato sino a poco prima non sembrava un tipo con il quale era semplice trattare, ma neanche un criminale micidialmente pericoloso.
Eric mi diede una spintarella, io gli lanciai un'occhiata che di sicuro
avrebbe ricordato per i prossimi trent'anni. Mi fissò con un'espressione che sembrava urlare <sono un genio! Non era questo che volevi?> ed io avrei tanto voluto rispondere, invece, <no che non era questo che volevo, o intendevo! Genio del male...>

Ad ogni modo, spostando la mia attenzione sulla giovane ragazza, il mio sguardo si incatenò al suo. Avvertivo il bisogno di guardarla negli occhi, per capire cosa pensasse. Era troppo distaccata, quasi surreale il modo in cui riuscisse a non far trasparire alcuna
emozione. Nulla di nulla. Solamente le sue iridi grigie, a volte, tradivano questa sua compostezza.

Distolse dopo poco lo sguardo e, costretto per forza di cose a sopperire all'accordo che il mio amico aveva gentilmente trattato al mio posto, decisi fosse meglio filarsela via di lì. <Allora, andiamo?> cercai di mantenere la calma. La ragazza mi squadrò, mordendosi il labbro, scambiando alcune occhiate con l'asiatico, che la invitò chiaramente ad andare. Sbuffò,
annuendo, per poi seguirmi.

La folla fuori dal locale si era notevolmente ridotta. La gente si
trovava tutta all'interno, infatti l'impresa davvero ardua fu raggiungere l'uscita. Ma alla fine, ci riuscimmo.

Lei fu abbastanza silenziosa, io altrettanto. Stavo percorrendo la strada che riconduceva al centro di Monaco
dalle periferie. Totalmente a caso. Non le avevo ancora chiesto dove abitasse. <Puoi fermarti.> ruppe d'un tratto la quiete che vi era all'interno dell'abitacolo. Percepii un tremolio nei suoi toni. <Dove abiti?> le chiesi, ignorandola. <Posso davvero scendere qui, vado a piedi. Non c'è bisogno che tu te la faccia sotto per colpa di JJ, quell'uomo non farebbe male a una mosca.> Non si direbbe, però... per chi mi aveva preso? <No che non ti lascio qui. E non me la faccio nei pantaloni per via di quel tizio. Semplicemente, ho visto quanto fosse infuriato quello che ti aggredita ed in più è notte fonda, non è prudente per te andare in giro.> Non avrei mai lasciato una ragazza sola, in strada, a notte fonda... ma cosa cazzo era tutta quella preoccupazione? Eppure di birre ne avevo bevute due, mica tanto. <Fidati, me la cavo> tirai dritto, facendo il giro in tondo, in attesa del suo indirizzo. <Una delle ville a schiera che si trovano nella strada posteriore a Prinzregentstrasse.> rispose finalmente. <Bene.> Sterzai per raggiungere quel viale. Beh, niente male come posto. Di certo, non era una zona residenziale ricchissima, ma poco importava.

Quando giunse il momento di scendere dall'auto la ragazza lo fece immediatamente e si bloccò per
un'attimo ad ammirarla. Notai che non stesse entrando in casa, così la richiamai <non entri?> le intimai. Nel frattempo stava recuperando qualcosa dalla tasca. Poco dopo si accese una sigaretta. <Dovrò aspettare un po' prima di sgattaiolare dentro.> Espirò un po' di fumo. <Ah, capisco. Allora buonanotte...> le feci intendere che mi importava sapere il suo nome, <Non sono cazzi tuoi. Grazie per il passaggio.> mi lasciò un po' perplesso. Pronunciò la prima frase in italiano e mi ringraziò in francese. Certo, non aveva detto nulla di carino... ma mi incuriosì il suo bilinguismo.

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