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Charles

Per quanto fossi andato veloce, avessi dato il tutto e per tutto, avevo iniziato la stagione con un obiettivo: accumulare vittorie, vincere. Non che fosse un mio pensiero fisso, ma ogni qualvolta che dopo una gara, la sera, ripercorrevo ogni singola curva, giro, centimetro di asfalto sul quale avevo sfrecciato, imbestialivo perchè sapevo benissimo di poter dare di più. Invece già nelle prime due gare dell'anno avevo collezionato due secondi posti di fila. La sconfitta peggiore di tutte, l'eser consci di aver quasi sfiorato il cielo con un dito ma non averlo toccato concretamente. Tanto sforzo, sì, ma non abbastanza.

In quei momenti avrei voluto buttare qualsiasi cosa per aria, avere giornate infinite ed altrettante energie per lavorare di più e raggiungere l'obiettivo.

Appena saltato fuori dalla monoposto tolsi nervosamente il casco ed i vari dispositivi di sicurezza. Salutai cordialmente qualcuno del team che si congratulava con me e passai ad aspettare che il mio compagno di squadra facesse lo stesso. Consultando la griglia notai che era arrivato quarto. Buon risultato, ma in quel preciso momento anche lui sembrava inavvicinabile, specialmente dopo essere venuto a conoscenza, poco dopo, di chi fosse arrivato primo davanti a me.

Battè sonoramente un pugno su uno dei tavoli della squadra, frustrato. <Yogurt, novellino del cazzo!> esclamò, venendo nella mia direzione. Il giovanissimo pilota Mercedes, alla sua prima stagione in Formula Uno, aveva già conquistato la sua prima pole in un Gran Premio della carriera. <Il suo obiettivo è quello di tutti noi, Eric: vincere. Lui l'ha fatto, e per quanto ti possa stare antipatico, la bravura c'è.> proferii diplomatico, tentando di farlo calmare, nonostante anch'io mi sentii come un cane bastonato, superato a inizio stagione da quel pivello spesso scortese e distaccato.

Era evidente quanto il mio amico non lo trovasse per nulla simpatico, ma il nostro ancor prima di essere uno sport era lavoro, sacrifico e passione, non ci era dovuto andare a genio esattamente a tutti, viceversa a noi gli altri, <si tratta di professionalità, dai!> gli intimai di riconciliarsi con un mondo civile e pacifico, dato che telecamere di svariate televisioni, giornalisti e fotografi ci stavano col fiato sul collo, appostati soprattutto a cogliere lo scoop del giorno, o il vero e proprio scandalo. I reporter, tra l'altro, erano i peggiori, stavano sempre lì ad arrovellarsi il cervello ipotizzando scenari fantascientifici, creando pettegolezzi dal nulla.

<Hai visto Olivia?> lo spagnolo cercava la sorella, ma io non avevo la più pallida idea di dove potesse trovarsi, <Neanche l'ombra... non l'ho vista nemmeno quando sono sceso dall'auto.> lui annuì perplesso, chiedendo ad un amico facente parte del team se lui ne sapesse qualcosa, <Non si fà vedere da un po' in effetti, forse da poco prima che Charles concludesse l'ultimo giro.> rispose l'ingegnere, congratulandosi per poi ritornare al suo lavoro.
<Dove cazzo sta'?> Eric era serio in volto. <Sbrigati, a breve ci saranno le premiazioni! Keep calm> gli diedi una pacca sulla spalla, dirigendomi verso gli altri due piloti sul podio, scorgendo con la coda dell'occhio, all'interno dei box Mercedes, dai quali era appena uscito il primo qualificato, una sagoma di spalle, agghindata in abiti rosa tenue, con una folta chioma riccia nocciola, mista a ciocche color cioccolato. Li per lì non vi prestai molta attenzione, ma soffermandomi a guardare meglio non notai nulla. Mi sembrava di aver trovato Olivia, ma chiaramente non avevo visto nessuno.

Proseguii, seguendo i miei colleghi fino al podio, dove mi posizionai sul secondo gradino, proprio accanto alla bottiglia di Champagne ed al trofeo, dall'altro lato, Philip sembrava proprio non riuscire a nascondere il muso lungo per non aver ottenuto il primo posto anche quella volta. Quando si girò verso di me gli mimai un sorriso indicandolo con i miei indici a mo' di presa in giro, lui sbuffò, facendo come gli avevo detto. In mezzo il giovane tedesco, pilota Mercedes Anton Müller, o yogurt, come lo definiva Eric, fierissimo della sua prima vittoria, con i capelli mossi e arancioni scompigliati dal vento, gli occhi verdissimi continuamente rivolti verso un punto preciso della folla, che non mi presi la briga di esaminare, il volto rilassato, contornato da un mucchio di lentiggini. Il mio amico, gli lanciò per un instante uno sguardo a dir poco assassino, per poi tornare gioviale a celebrare quel momento con i tifosi e i team.

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