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Yvonne

Il mio preferito. Il percorso più pericoloso ed adrenalinico. Quello che richiedeva più attenzione ed azione di tutti gli altri, che mi impediva davvero di pensare a qualcosa che non fosse sfruttare al massimo le potenzialità del gioiellino dentro al quale mi trovavo, il rombo del motore che rimbombava nelle mie orecchie come un mantra, a ricordarmi che seppur non avesse importanza, per una singola volta dovevo essere io e solamente io a vincere, ad offrire a ciascuno di loro su un piatto d'argento la prova schiacciante che testimoniava ciò che erano: un mucchio di coglioni.

Nell'arco di due anni avevo corso unicamente contro uomini. Molti di essi di certo non avrebbero mai sfidato una donna. L'altra minoranza, invece, pur facendolo le aveva sempre battute. Il nocciolo della situazione, il risultato, era che avevo a che fare con dei violenti sessisti, convinti che una ragazza non avrebbe mai potuto batterli, men che meno una diciassettenne.

Rimaneva solamente un ultima curva, di tutte le dieci che facevano parte del circuito, da percorrere prima di concludere anche l'ultimo giro; in quel preciso momento pensai a come sarebbe stato se io avessi meritato davvero di realizzare i miei sogni, se ne avessi avute realmente la capacità, il talento dovuto... probabilmente sarei già stata in Arabia Saudita, gareggiando per chissà quale scuderia in Formula 2.

Subito pensai a Charles, che quella stessa mattina si era qualificato sul secondo gradino del podio, stavolta al novellino Anton Muller che aveva vinto la sua prima gara di F1 in carriera. Mi venne in mente il monegasco in maniera quasi tenera, rispetto a ciò che ci eravamo detti qualche sera prima. Istintivamente accelerai, infastidita dall'idea, corrucciando le sopracciglia. Lo conoscevo a malapena, cercai di convincermi.

Una volta notato come la curva si fosse avvicinata, i riflessi pronti, sterzai di colpo, scalando qualche marcia e come ultima possibilità pur di non inchiodare, tirai dolcemente il freno a mano, innalzando dietro di me un mucchio di polvere. Accelerai ancor di più, lasciandomi alle spalle il mio avversario. Ne avevo visti tanti come lui: il classico tipo che dopo avermi sfidata non si azzardava nemmeno a rivolgermi la parola o guardarmi in volto, visto che sentiva come se la sua virilità ed il suo essere uomo fossero stati offesi da una ragazzina. Ovviamente non mi avrebbe mai più sfidata.

Prendendo un profondo respiro, decelerai fino a fermarmi del tutto. Il braccio fuori dal finestrino, aperto. Avrei tanto voluto fare un altro giro, premere ancora una volta sull'acceleratore, sentire la mente vuota, gli arti formicolare per via della smania. Attesi un po' prima di scendere dalla Ferrari. Il vociare di tutta la gente che per una motivazione o per un'altra si era ritrovata lì ad assistere, si fece sentire più forte. Chi imprecava contro di me, e chi esultava per la mia vittoria.

Come sempre appena aprii il portellone dell'auto mi ritrovai sotto l'ala protettrice di JJ, che imparata una volta la lezione, non mi lasciava mai sola o in compagnie delle quali non si fidava troppo. <Ottimo risultato!> si congratulò, mentre ci dirigevamo verso la sua enorme Jeep, visto che il percorso, abbastanza grande, era situato in mezzo al nulla più totale, poco distante dal garage del boss, ma pur sempre ancor più sicuro e lontano da occhi indiscreti.

Ringraziai, rimanendo seria. Ciò non significava che la sua presenza mi desse fastidio. Lui sapeva com'ero fatta e non si dava poi tanti problemi. Non eravamo nulla, neanche amici, o lui il mio capo. Non vi era neanche alcun tipo di rapporto che si potesse definire professionale. Io ero semplicemente una subordinata che dava lui in cambio la vittoria per ottenere svago, il possesso, più o meno di una Ferrari, ed una cifra irrisoria dell'abbondante vincita. <Io vado a riscuotere ciò che ormai è nostro. Sono tutti qui nei paraggi.> annuii, poggiando la mia figura al veicolo.

<Yvyn, complimenti. Ci dai sempre dentro. Anche se a quanto ricordo la tua guida era abbastanza mediocre, non credo di aver mai voluto o creduto tu arrivassi a questo livello...> il solo udire quella voce mi fece sussultare.

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