19.Are u mine?

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E se ti mostro il mio lato oscuro, ti stringerai ancora a me stanotte?

Diamond cutter shaped heartaches.
-Artic Monkeys

La mattina dopo mi svegliai irradiata dal soffice calore che il sole di New York emanava di primo giorno.

Mi svegliai trovando il suo profilo perfetto illuminato dalla dolce luce che penetrava le finestre.

Sentivo di essere libera, di poter respirare. Finalmente quelle catene al collo si erano arrugginite e spezzate in mille parti.

Mi sentivo veramente in grado di volare come una fenice. Lui era la mia ala, che aveva preso tra le mani un esserino a cui era stata tolta l'altra e gli aveva donato quella serenitá che gli era stata strappata via.

Gli accarezzai il suo ciuffo corvino scompigliato facendogli schiudere le palebre. Si girò guardandomi e mi rivelò quei suoi due occhi di ghiaccio.

Rimasi senza fiato per poi incurvare le labbra in un dolce sorriso. Lui mi guardò attentamente facendo scivolare lo sguardo fino alla mia bocca.

Mi prese per le guancie e mi baciò delicatamente, ricordandomi quel 3 dicembre di tanti anni fa.

<Mi ero scordato quanto fosse bello svegliarmi cosí francesina>

<Non ti ci abituare troppo idíot>

<So più parole in francese grazie ai tuoi insulti rispetto a quante ne avrei potute imparare a scuola>

<Visto che come insegnante ho giá un gran successo?>

Appoggiai la mia fronte sulla sua come a voler prendere una parte di lui, per conservarla per sempre all'interno di me.

Perchè tra un bacio ed il cannibalismo, in fondo, la differenza non c'è. Volevo solo che mi baciasse, sino ad inghiottirmi. Sarei vissuta per sempre all'interno di lui.

Sorrise sbattendo le palpebre più volte, come se avesse avuto il magico potere di sentire i miei pensieri.

Accarezzandomi i ricci rossi mi fece sorridere e mi sdraiaii sopra di lui abbracciandolo da sopra le spalle.

Mi guardò intensamente negli occhi, e come se avesse paura che io potessi scappare da un momento all'altro mi strinse a sè.

<Cos'è tutta questa premura?>Chiesi con tono sarcastico.

<Ash, ti amo, ricordatelo sempre>Mi spiazzò. Boccheggiai e pensai che nessuno mi aveva mai rivolto prima quelle due parole.

Avevo immaginato tante volte cosa volesse dire sentirsele dire leggendo i miei libri preferiti. Ma sul momento era come se il mio cuore fosse scoppiato e la sua esplosione avesse irradiato il mio viso con un sorriso che non avevo mai avuto prima sulle labbra.

<Anche io crètin, anche se a volte mi fai incazzare, ti amo>

🌹❤️

Qualche ora dopo ero tranquillamente distesa sul letto scombinato mentre guardavo il telefono ricordando le sue parole, che mi riecheggiavano nelle orecchie da stamattina.

Si sentiva uno strano silenzio provenire dal salotto, dove teoricamente sarebbe dovuto essere Josh.

Per questo, svogliata mi alzai andando a controllare cosa stesse combinando quel bambino troppo cresciuto.

Una volta varcata la porta lo osservai curvato sul computer appoggiato sul tavolo di vetro nella cucina aperta.

Mi chiesi cosa avesse di tanto importante da fare per adirittura stare cosí incollato al computer dal non essersi neanche accorto della mia presenza.

Mi avvicinai in punta di piedi, ma come una volpe lui percepì i miei passi e si affrettò a chiudere il computer.

<Che fai?>Domandai curiosa sorridendo.

<Umh... niente, lavoro>Era impanicato e vedere un Josh in questo stato faceva decisamente ridere.

Si grattò una tempia e poi si spettinò il ciuffo come il suo solito. Guardò lo smart-watch che teneva al polso e controllò l'ora.

<Oggi ho il turno di pomeriggio, a proposito>Borbottò per sviare il discorso. Alzai un sopracciglio e mi poggiai le mani sui fianchi.

Feci qualche passo verso il computer prima di venire ammonita.
<Non provare a guardarci!>Gridò Josh dal corridoio.

Josh:

Da bambino avevo sempre odiato le vacanze. O almeno, da dopo che mamma e papá se ne andarono.

<Josh Knox! Muoviti! Il treno non aspetta te!>Urlò zia Ottilia mentre mi allacciavo la scarpa.

Teneva per mano Isa, che tremava come una foglia. Ottilia era sempre stata una donna severa e rigida e purtroppo anche l'ultima moglie di zio Danny.

Zio Danny era il mio migliore amico, la mia persona preferita, ma quel maledetto del cancro me l'aveva strappato via. Aveva avuto ben 4 mogli, ma nessun figlio. Si godeva la vita a pieno, aveva lavorato come soldato, come professore, sapeva giocare a golf e a calcio, ma la sua passione preferita eravamo io e Isabella.

La sua quarta e ultima moglie era stata proprio Ottilia, una donna di famiglia austriaca, che aveva distrutto le nostre vite.

Lui diceva d'amarla, ma non capivo come si poteva amare una donna che ti smontasse piano piano, mattoncino dopo mattoncino.
Bah, l'amore non lo capirò proprio mai.

Corsi verso di loro e ci sedemmo nei nostri posti. Saremmo andati in vacanza sulle montagne, la zia diceva che le ricordava casa sua.

Lo stomaco di Isa brontolava da stamattina. Il rumore sempre più forte constrise mia sorella a portarsi una mano alla pancia.

<Chi bella vuol apparire, un po' deve soffrire Isabella Julia Knox>Affermò citando il suo nome completo, che comprendeva il nome di mamma.

Io e lei ci guardammo e non so a chi dei due vennero prima gli occhi lucidi, ma l'importante con Ottilia era non piangere.

Quei ricordi mi riaffiorano nella testa stringendo il mio cuore in una morsa proprio quando stavo per comprare i biglietti aerei per Parigi.

Quella cretina si era scordata per l'ennesima volta che il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno. O forse non lo voleva ricordare e basta.

Mi aveva raccontato che non sopportava quel giorno perchè era lo stesso giorno in cui suo padre era morto, e proprio questa vicenda fu la botta di stress scatenante della demenza giovanile di sua madre.

Eppure sapevo che dentro di lei c'era ancora quella bimba con troppi ricci che non capiva perchè la sua mamma piangesse il giorno del suo compleanno.

E quella piccina si meritava di festeggiare un compleanno in più per ognuno di quelli che aveva perso rifiutando se stessa.

Cosí premei quel tasto che diceva "acquista" e mi sentii tremendamente soddisfatto.

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