Capitolo 2 - Madness and normality

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Durante la prima notte alla Bucolic Clinic non riuscii a chiudere occhio. Rimasi rivolta verso la finestra a osservare la luna aspettando il richiamo di Orfeo. Invito che tardò ad arrivare, costringendomi a iniziare una battaglia con le lenzuola di cotone bianco. Trascorsi il tempo a rigirarmi su quel materasso asettico, sbattendo ripetutamente i piedi contro il supporto in legno chiaro fissato alla fine del letto. La temperatura tra quelle mura candide sembrò innalzarsi all'improvviso, facendomi boccheggiare. Portai le mani al petto, cercando di calmare il respiro accelerato e quell'ansia che ormai sembrava essere diventata la mia migliore amica. Avevo provato ad autoconvincermi che quel ricovero fosse necessario, che dopo quei tre mesi sarei finalmente tornata alla mia routine, che forse sarei tornata davvero a vivere; tuttavia, non riuscii a tenere a bada i pensieri negativi e finii per restare con gli occhi puntati al soffitto fino alle prime ore dell'alba, quando iniziai a percepire il rumore dei passi delle infermiere al di fuori della nostra piccola, ma accogliente stanza.

«La prima notte è sempre la peggiore.»

La dolce voce di Grace mi diede il buongiorno. Non sapevo se a svegliarla fosse stata la mia lotta continua con la biancheria, ma quel piccolo momento di dolcezza mi aiutò a mettere a tacere per qualche istante le voci dentro la mia testa.

«Provai a scappare la prima sera.» Sussurrò, cercando di non svegliare la ragazza addormentata ancora di fronte a noi. «Avevo dodici anni quando i miei mi portarono qua per la prima volta. Ero una bambina e il pensiero di rimanere da sola con degli sconosciuti mi metteva i brividi, così escogitai un modo per andarmene: mi alzai di soppiatto verso le tre di notte e sgattaiolai fuori dalla camera cercando di raggiungere la porta per arrivare al piano inferiore.»

La ascoltai attentamente mentre ripercorreva quei momenti con un sorriso sincero sul volto.

«E com'è andata?» Chiesi ingenuamente, provocandole una risata.

Si portò una mano sulla bocca, sussurrando uno "scusa" a Rose, che aveva iniziato a mugolare in segno di protesta.

«Non sono riuscita ad arrivare neanche alla porta e da quel momento sulla mia cartella clinica c'è un piccolo appunto per gli infermieri che fanno il turno di notte.»

Rilassai i muscoli permettendo agli angoli delle labbra di slittare verso l'alto.

«Quindi se stai pensando di prendere il tuo borsone e scappare per rifugiarti tra le campagne di Cotswolds, sappi che anche tu avrai l'onore di ricevere la nomina di "possibile fuggitiva".»

Grace era una ragazzina minuta ed aveva la mia stessa età. Aveva un taglio degli occhi particolari, allungato, che rendeva le sue iridi color nocciola ancora più magnetiche. Le folte ciglia le donavano un'aria dolce, calma; il tutto accentuato dalla dentatura bianca e perfetta che rivelava a ogni sorriso.

Si scompigliò la frangia a tendina bionda dagli occhi e portò una mano sotto la guancia che poggiava sul cuscino.

«Evelyn» Mi richiamò. «So che questo posto può sembrare una prigione... ma il modo più semplice per uscire da qua è non vivere il ricovero come se stessi combattendo una guerra contro il resto del mondo. Prenditi questo tempo per pensare a te stessa e prova a fidarti dei medici. Non tutte le persone che incontriamo sono nemici, anzi molte volte sono la chiave di tutto.»

Dopo quella piccola chiacchierata riuscii a riposarmi per un'oretta. Sentii le palpebre pesanti quando le infermiere entrarono nella nostra stanza per svegliarci. Mi rigirai nel letto combattendo contro la stanchezza e mi sedetti sul materasso, restando a oscillare con le gambe per qualche secondo prima di recarmi nel bagno comune per farmi una doccia.

Indossai una delle tante tute che mi ero portata da casa e una maglietta a maniche corte bianca oversize; poi seguii il resto dei pazienti nella stanza dedita ai pasti e mi sedetti in silenzio su un tavolo libero, posto vicino a una delle tante vetrate che buttavano sull'esterno.
Con il passare dei minuti la mensa iniziò a riempirsi e anche la mia postazione fu presa d'assalto da persone che non avevo mai visto prima.

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