Capitolo 11 - Recovery

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Evelyn.

Erano da poco passate le dieci quando Grace entrò nella camera con una fasciatura stretta al piede destro. I medici del Gloucestershire Royal Hospital avevano escluso lesioni a carico delle ossa, comunicando alla ragazza e ai suoi genitori, che si trattava solo di una slogatura alla caviglia e che con un po' di riposo sarebbe tornata a stare bene nel giro di qualche giorno. Nella stanza regnava un silenzio assoluto, spezzato a tratti dal leggero russare di Rose, che si era addormentata senza sforzi appena qualche ora prima. Salutai l'infermiera, la stessa che ogni mattina si preoccupava di farci assumere la terapia prescritta da Harris e osservai Grace avvicinarsi al suo letto aiutata da un paio di stampelle. Dopo aver augurato la buonanotte alla donna, tornai a nascondermi sotto le coperte bianche e rivolsi lo sguardo al di fuori della finestra. Nel buio della notte primeggiavano le luci provenienti dai lampioni del parcheggio sottostante e della luna piena; un'atmosfera catartica, che dopo qualche attimo mi regalò quella pace necessaria per crollare nel mondo dei sogni. Socchiusi gli occhi, pronta a mettere fine a quella giornata, quando alcuni fruscii catturarono la mia attenzione. Sdraiata di lato in direzione di Grace, la vidi disfarsi dei vestiti puliti che i suoi genitori le avevano portato in ospedale. Lentamente si sedette sul materasso e con una mano iniziò a tastare alla rinfusa sotto al cuscino alla ricerca del suo inconfondibile pigiamino azzurro. Fu proprio in quel momento, in seguito a quel gesto naturale, che potei notare delle piccole rialzature biancastre all'altezza dell'addome. La luce artificiale esterna sembrò accarezzare quella sezione di pelle nella quale risaltava una costellazione di piccole ferite. Attorno all'ombelico si espandevano cicatrici guarite ormai da tempo, mentre sui fianchi ve ne erano alcune ancora in procinto di guarigione. Trattenni il fiato e per un secondo sentii gli occhi pungere di fronte alla sua immagine così vulnerabile. Infilò il primo braccio nella maglietta di seta, poi il secondo e lentamente il tessuto traslucido scivolò verso il basso, andando a nascondere quei segni.
Sorreggendosi al letto si rimise in piedi e acciuffò i pantaloncini monocromatici, per poi chinarsi a raggiungere l'arto infortunato. Rimase in equilibrio e con entrambe le mani sollevò l'elastico dell'indumento fino al bacino. Sull'inguine altre ferite marchiavano il suo esile corpo. Serrai gli occhi, intimorita dal pensiero di essere scoperta e mi voltai dall'altra parte, dandole le spalle. Mi nascosi sotto le lenzuola e iniziai a riflettere sulle abitudini di Grace, come la sua tendenza a chiudersi in bagno per cambiarsi o al suo guardaroba privo di crop top o abiti eccessivamente corti. Un tremulo sospiro uscì dalle mie labbra quando ricordai la conversazione che avevamo avuto il giorno successivo al mio attacco di panico. "Fidati di una veterana che è al suo terzo ricovero".

Una guerra iniziata chissà quanti anni prima dal passaggio ripetuto di una lama tagliente. Un dolore fisico per annientare quello mentale. Un segno indelebile inflitto come promemoria per non dimenticare.

Quella notte riuscii a dormire solo grazie alla sonnolenza indotta dagli antidepressivi. Effetti collaterali, che mi avevano portato ad avere anche mal di testa ricorrenti e nausea. Capitavano più spesso però momenti in cui riuscivo a sentirmi meno vuota, come se lentamente qualcuno stesse cercando di riempire la mia anima; quel brandello di vita che continuava a oscillare come un pendolo tra malattia e guarigione, tra tristezza e felicità, tra vita e morte.

«Hai voglia di parlarmi dell'attacco di panico che hai avuto qualche giorno fa?»

La voce profonda dello psichiatra mi riportò alla realtà, ricordandomi della piccola bugia che avevo detto ad Oliver al fine di proteggere me stessa.

«Non ho avuto un attacco di panico.» Iniziai, concedendogli per la prima volta dopo dieci minuti il mio sguardo. «É stato solo un attacco d'ansia.» Mentii nuovamente, sminuendo al contempo il problema di cui soffrivo ormai da anni.

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