Aiden
Ero incazzato, nervoso e infastidito; nero, come gli abiti che continuavo a indossare nonostante i continui richiami da parte del direttore. Dopo aver sbraitato nell'aria e risposto a un messaggio di Nick, avevo osservato Evelyn dirigersi ai bagni. Inizialmente, da stupido, pensai che fosse una sua provocazione, alla quale avrei risposto molto volentieri, ma dopo aver aperto il pezzo di carta e letto il contenuto, il sorriso si era trasformato in un ghigno e i muscoli si erano contratti, smuovendo in me la voglia di mettere sotto sopra quella dannata clinica.
Non poteva davvero aver scritto una cosa del genere, pensando che l'avrei aiutata a mettere a tacere i mostri che aveva dentro la testa. Mostri che non conoscevo e che non mi interessava neanche scoprire. Volevo solo superare quei dannati tre mesi, trovare l'ennesimo lavoro in uno dei tanti pub della città e tornare alle mie abitudini. Lontano dagli psichiatri, dalle infermiere, dai pazienti e da Cotswolds.
Come una furia trascinai la ragazzina in giardino, ignorando i suoi lamenti.«Lasciami!» Provò a divincolarsi dalla mia presa, ma gli impedii di sfuggirmi e continuai la mia corsa verso una parte abbastanza appartata di quel fottuto parco. Intravidi un piccolo spazio, messo in ombra da due alberi maestosi e la feci sbattere malamente con la schiena a uno dei tronchi.
«Ma sei impazzito?» Urlò con il viso paonazzo.
«Davvero? Sarei io quello impazzito adesso?» Risposi a gran voce. «Che diavolo significa?»
«Non è tanto difficile da capire.» Rispose atona, alimentando il mio nervosismo.
Non poteva essere incazzata, non aveva alcun diritto di fare l'offesa, quando era stata lei stessa a dare inizio a quella situazione assurda.
«Non ti agitare. Ti ho solo fatto una richiesta, mi hai detto di no, fine della conversazione.» Provò ad allontanarsi, ma con una lieve spinta la feci aderire nuovamente all'albero.
«Fine della conversazione un cazzo!»
Il suo sguardo continuò a celarmi le sue vere emozioni. Era vuoto, assente, distaccato, freddo.
«Quali erano le tue intenzioni eh? Scappare da qua e nasconderti dove?» La interrogai con tono duro, cercando di non urlare troppo per non richiamare l'attenzione dello staff medico.
«Non sono cose che ti riguardano.»
Inspirai profondamente, portandomi una mano sul volto sudato.
«Evelyn.» La richiamai bruscamente. «Sai che questa cosa non può rimanere tra me e te vero?» I suoi occhi si accesero di panico e rabbia.
«Non ti azzardare...» Serrò gli occhi in una fessura e mi guardò con disprezzo. «Senti non dobbiamo farne una questione di Stato. Odio questo posto e volevo solo tornarmene a Portland, a casa mia. Non riesco a sopportare le giornate qua dentro e credevo che tu potessi aiutarmi in questa piccola cosa, fine.»
Continuava a definire piccola la sua grande follia e il fatto che avesse pensato a me per questa cosa mi faceva innervosire... e piacere allo stesso tempo. Cercai di rimanere serio e di ricordarmi che la ragazzina di fronte a me mi aveva palesemente chiesto di darle una mano a fuggire dalla Bucolic Clinic e dall'Inghilterra e tornai a scontrarmi contro il suo volto incupito.
«E dimmi, perché hai pensato a me per questo piano assurdo e sconsiderato?» Chiesi, non riuscendo però a celare una punta di malizia.
«Perché tu sei sconsiderato.» Ribattè scrollando le spalle per poi continuare con le sue motivazioni. «Uno stronzo, un maleducato, un arrogante...»
«Ti posso assicurare che ho anche dei difetti.» La interruppi, lasciandomi scappare una risata.
«La classica persona che non tiene a nessuno e che se ne sbatte delle conseguenze.»
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Feelings Hunt
FantasyA Portland, in una sera di fine maggio una diciassettenne tenta il suicidio tra le mura della sua cameretta. Il piano della giovane però fallisce e una settimana dopo si ritrova a volare oltreoceano con il padre per farsi ricoverare in una delle pi...