CAPITOLO 27

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CAPITOLO 27

Cinque anni dopo...

Sherlin

Norah mi sta aiutando ad imballare le ultime cose, il mio appartamento non sembra più lo stesso, quasi completamente vuoto. Siamo circondate da scatole e pacchi, il fruscio della carta da imballaggio riempie l'aria mentre svuotiamo gli scaffali e ripieghiamo i vestiti con cura.

«Non ci credo ancora, è quasi finita». Dico con un sorriso malinconico sulle labbra.

«Sembra ieri che ho traslocato per venire qui».

Norah mi sorride, i suoi occhi sono brillanti e pieni di emozioni comparabili alle mie.

«È stato un viaggio incredibile, non credi?!». Mi chiede, come se non sapesse già la risposta.

«Non rimpiango nulla». Rispondo incantandomi per un momento.

Ci guardiamo negli occhi, la connessione profonda che ho con questa ragazza è un qualcosa che non so spiegare.

«Sai Sher, non vedo l'ora di sapere che cosa ha in serbo il futuro per noi».

Sorrido, sono sicura che io e Norah siamo pronte e sono certa del fatto che ovunque la vita ci porterà, vicine o lontane, saremo sempre pronte a sostenerci. Abbraccio la mia amica prima che questo momento di dolcezza venga spezzato dalla nostra solita abitudine di sdrammatizzare le situazioni.

«Ora basta, la dolcezza non fa per me e nemmeno per te». Mi dice infatti staccandosi dall'abbraccio.

Nella mia stanza è rimasto poco da sistemare, ho già messo da parte molti ricordi e oggetti personali. Apro l'armadio, ogni cassetto, per controllare di non aver dimenticato nulla. Quando la mia mano afferra qualcosa di morbido e stranamente familiare, mi blocco di colpo. Abbandonata infondo alla cassettiera, c'è la maglia rosso bordeaux con stampato il numero 14. Sono passati così tanti anni, ma nonostante questo i miei occhi si riempiono comunque di lacrime. Mi torna alla mente quel giorno, mi torna in mente il suo volto, mi torna in mente quell'ultimatum che il capitano mi aveva dato. Questa maglia ha simboleggiato l'inizio di qualcosa di speciale, di quella prima cotta che mi porterò nel cuore per sempre.

Dopo la mia decisione di continuare la mia vita ad Hartford, alla East River, ho mantenuto i contatti con Austin, o almeno ci ho provato. La lontananza però è stata determinante, lui impegnato con il lavoro, io con lo studio e la redazione, le mail si erano fatte sempre più rare e un giorno, senza un reale motivo, non ci siamo cercati più.

Tengo stretta la maglia al petto, che ancora, per qualche strano motivo, sa del suo profumo. Nonostante tutto, il legame tra me ed Austin rimarrà vivo dentro di me, ovunque io vada, me ne da conferma la forza dei ricordi che ha saputo darmi questo pezzo di stoffa.

«Era rimasta solo questa». Dico sventolando la maglietta sotto il naso della mia amica.

Norah strabuzza gli occhi, era con me il giorno che l'ho trovata nel mio armadietto, la sua faccia in questo istante è da immortalare.

Già, anche a me ha fatto questo effetto.

«Non diciamo nulla». La blocco appena vedo le sue labbra muoversi appena per dire qualcosa.

Il discorso Austin Turner è stato affrontato così tante volte che, dopo cinque anni non mi sembra il caso di riaprire vecchie ferite.

«Okay, come vuoi. Comunque ho trovato questo, era sul divano».

La smorfia che Norah ha sul volto, sorpresa e interessata, mi fa entrare in allarme. Spero per la sua incolumità che non si sia permessa di ficcanasare sul mio quaderno.

ONE LAST MATCH - Tra Giornalismo e TouchdownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora