⩩ 𝟬𝟱. 𝘁𝘂𝗯𝗮 𝗺𝗶𝗿𝘂𝗺.

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"Saresti dovuto uscire mezz'ora fa. E pensare che sono anche arrivato in anticipo, non volevo farti aspettare..."
Albedo aveva iniziato a prendere confidenza con Kaeya, e ora in sua compagnia era molto più amichevole. Kaeya tendeva a mostrarsi di meno, attutendo ogni sua reazione con un velo di indifferenza, come se stesse guardando un film.

Si erano avvicinati in occasione del salon, naturalmente, quando avevano passato quella serata piovosa insieme; forse un po' imbarazzati, forse perché aspettavano un'iniziativa dell'altro, non avevano più menzionato né lezioni di disegno né altro. Era stato Albedo a ricordare Kaeya di cosa si erano detti quella notte al locale, e lui, entusiasmato, si era affrettato a decidere un giorno in cui vedersi.

"Perdonami, ho tardato un po' con la doccia" Kaeya sorrise, e si mise le mani in tasca. Guardò Albedo per un attimo: i capelli biondi e morbidi, le ciglia lunghe, la camicia sbottonata sul collo e un paio di pantaloni che gli arrivavano appena sotto il ginocchio. Poi osservò le sue mani, e si ricordò dei suoi quadri. La sua espressione si fece più seria, meno dolce, carica di una sorta di timore reverenziale.

Si misero in cammino.

"Dove andiamo?" Chiese Kaeya.

"Aspetta e vedrai", l'espressione di Albedo si fece compiaciuta. "Andiamo all'atelier"

Le labbra di Kaeya si arricciarono all'insù, la sua espressione interessata.

Parlarono per tutto il tragitto, una camminata di più o meno mezz'ora. Ad ogni frase sembrava che Albedo si sentisse più a suo agio, infilando qua e là battute e aneddoti. Kaeya ascoltava, mantenendo al di fuori la sua maschera di pacata e paterna superiorità, mentre all'interno sentiva crescere onde dirompenti di ammirazione e curiosità che lambivano le coste aride del suo cuore.

Lo vedeva gesticolare mentre raccontava, e rideva, e ascoltava i rari commenti di Kaeya; e desiderava passare tempo con lui, capirlo, come se fosse un animale raro o un caso clinico particolare.

"Stai già lavorando al tuo prossimo quadro?" Chiese Kaeya ad un certo punto.

Albedo annuì fiero, e poi disse: "ho usato un modello che ti somiglia un po' per lo schizzo preparatorio e la composizione dell'immagine e ho iniziato a dipingere lo sfondo. Ora mi manchi quasi solo tu. Sono sicuro che ti piacerà, mi sono davvero superato questa volta. Ho già in mente il quadro completo, sarà stupendo, te lo prometto"

Kaeya sorrise un poco. Lo ringraziò. Buttò lì qualche commento, non sapeva cosa dire, provò con una frase ad effetto, e Albedo sembrò non notare la sua espressione. Gli occhi di Kaeya si erano spalancati per un attimo, e si era portato la mano destra alle labbra, mordendosi l'unghia del pollice. Era incredulo. Sorpreso. Bruciava di curiosità. Bramava di vedere quello che pareva essere il nuovo capolavoro di Albedo. Si chiedeva cosa poteva aver aggiunto il ragazzo, cosa mancava alle suo opere precedenti che invece il suo ritratto avrebbe avuto; lui non avrebbe saputo dirlo, gli sembravano già più che perfette. Voleva vedere che cosa aveva creato quella volta.

Arrivarono finalmente all'atelier di Albedo. Da fuori pareva una sorta di magazzino, spazioso ma piuttosto malandato. I muri erano sporcati qua e là da schizzi di edera, piuttosto invadente e per nulla fiabesca; non era stato abbandonato, quel posto, i vetri erano intatti e puliti e il metallo aveva solo qualche chiazza di ruggine.

"L'ho affittato qualche giorno fa, credo... credo la settimana dopo il salon, sì. Stanno andando bene, gli affari - rise un poco - e qui mi piace davvero. Dato che l'appartamento non lo pago molto, ho deciso che avrei fatto questo piccolo investimento... ho intenzione di fermarmi in città più del previsto. È già passato più di un mese, e credo che un anno non mi basterà. E comunque voglio trattarmi bene, sono riuscito a vendere già quattro dei miei quadri!"

𝐑𝐄𝐐𝐔𝐈𝐄𝐌 ➣ 𝗴𝗲𝗻𝘀𝗵𝗶𝗻 𝗶𝗺𝗽𝗮𝗰𝘁Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora