Svelati

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Sono seduta sul divano dove prima si trovava il mio amico d'infanzia e tengo le mani giunte sulle ginocchia e lo sguardo basso.

"Ho infranto le regole, mi sono fatta beffe della legge scappando stanotte"

Non so come fare a raccontargli tutto e ho decisamente paura che in questi anni sia cambiato radicalmente e abbia abbracciato del tutto le leggi che ci vengono imposte. Non voglio essere riconsegnata a quello che per legge è mio marito né voglio essere rimessa sul mercato!

"Ho vagato per ore seguendo la strada principale e quando sono giunta al bivio che portava qui non ci ho pensato due volte..."

"Non è stata una mossa intelligente lo sai?" mi interrompe.

"Volevo andare dai miei genitori, salutarli, farmi dare del cibo ed andarmene" mi giustifico un po' troppo frettolosamente.

"I tuoi non sono più qui" le sue parole vengono accompagnate dal fzzz della lattina di birra che viene aperta.

"Come?" alzo gli occhi spaventata "tu sai dove sono?"

Samuele in risposta alza le spalle e scuote la testa.

Abbasso di nuovo lo sguardo, mi viene voglia di chiudermi in me stessa, di perdermi nei miei pensieri ma so che non mi è permesso, Samuele mi ha obbligata a raccontargli tutto se voglio che mi tenga nascosta qui finché non decide come comportarsi.

"Io... dov'ero rimasta?" lo guardo negli occhi e lui alza il sopracciglio come a sfidarmi. Mi sento estremamente confusa, stanca, affamata e assetata... e la lattina che tiene in mano è ricoperta di una condensa così invitante...

Seguendo il mio sguardo lui me la porge e anche se in un primo momento sono tentata di afferrarla, scuoto la testa e deglutisco a fatica cercando di alleviare il fastidio che provo avendo la gola così secca.

"Beh, ho suonato più volte e poi ho avuto paura di aver svegliato i vicini così ho smesso. Ma ho imprecato a voce un po' troppo alta, ho quasi urlato in effetti e qualcuno nel condominio di fronte si dev'essere alzato perché ho visto accendersi delle luci così sono stata presa dal panico e sono venuta qui...e..." mi guardo attorno e il cuore mi si stringe per la nostalgia.

"Sì, Demetra?" mi sprona a dire quello che penso e vorrei tenere per me.

"Penso che non avrei dovuto farlo" stringo gli occhi e serro i pugni prendendo un forte respiro che mi fa girare la testa.

"Vai a lavarti. E togliti tutto quel sangue" la sua frase totalmente fuori contesto mi spiazza.

Samuele allunga un braccio verso la chitarra lasciata in disparte e la solleva con grazia. Se la riporta sulle ginocchia e abbassa la testa come a concentrarsi tagliando fuori tutto e tutti.
Creando un tutt'uno con il lucido legno della cassa.

"Io non ho vestiti" stringo i lembi del giubbotto.

"Non si discute" 

No... non posso farlo... 

"Io..."

"Demetra! Tu ricordi un bambino paziente, anche troppo. E voglio solo farti presente che non lo sono più"


Quando resto chiusa nel bagnetto del garage, senza una finestra e con una misera luce penzolante appesa al soffitto mi aggrappo al lavandino e fisso la mia immagine riflessa. Riesco a trattenere i singhiozzi e le lacrime per meno di un minuto, poi mi lascio andare mordendomi il labbro per non farmi udire.

Temo di essermi gettata dalla padella alla brace.



Ciao
Fatemi sapere se la storia vi sta piacendo lasciandomi qualche

-- Prossimo aggiornamento martedì 2 luglio alle 16.30 --

La donna di nessunoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora