All'avventura

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L'aver avuto successo nel mio primo e unico precipitoso tentativo di abbandono della dimora di mio marito mi da quella dose di sicurezza tale da farmi credere di essermi specializzata nella pianificazione e attuazione di fughe segrete.

A ripensarci bene però, probabilmente una buona fetta di merito nella riuscita dell'impresa è da imputare alla fortuna del principiante. Se a quello viene poi aggiunto il fatto di non aver nutrito troppe speranze, di averci provato e basta consapevole che non avrebbe potuto esserci una seconda volta il gioco è fatto.

Afferro il giubbotto scamosciato sporco di sangue rappreso pulito alla bell'e meglio e me lo getto sulle spalle.

Manca solo una settimana a Natale e fuori il freddo sarà tale da farmi battere i denti fino a farli rientrare nel cranio.

A causa delle due magliette e della felpa presa in prestito l'idea di chiuderlo è fuori discussione, decisamente non si tratta del modello adatto a vestirsi come dei palombari al di sotto. E non ne ho mai avuto bisogno fin quando ero al fianco di Derek. Non mi veniva chiesto di fare più di qualche metro in balia delle intemperie, dovevo sopportare giusto il tempo di scendere dalla macchina confortevolmente riscaldata e fare qualche passo fino all'entrata del ristorante oppure del teatro e tante altre cose simili e uguali nell'essenza.

Ah Derek...

Derek, quel completo stronzo!

Quante cosette ha potuto fare, sapendo di essere al sicuro. Di non venir ripreso, di non venir sanzionato. Che non ci fossero conseguenze alle sue azioni.

Quel caro marito amorevole e mezzo pazzo che mi ha drogata quando mi sono ribellata alle sue richieste e mi ha picchiato quando ho smesso di comportarmi come la mogliettina perfetta.

Quel tenero totale stronzo che mi ha imbottito di medicine quando ha saputo che ero rimasta incinta.

Mi asciugo con rabbia le guance ed esco chiudendo silenziosamente la porta del garage dietro di me. Alzo la testa verso la facciata della casa e la mia attenzione viene richiamata dalla finestra che so essere quella della cucina. La tendina è spostata di lato, come se qualcuno la stesse tenendo.

Per un momento mi si mozza il fiato in gola ma poi, aguzzando la vista metto a fuoco il viso rotondo della madre di Samuele che sta seguendo ogni mio movimento e fa un lieve cenno di assenso nella mia direzione, le labbra tirate in una linea dritta.

La remota idea di non starle più tanto a genio si conferma in un attimo, non vedeva l'ora me ne andassi e non penso correrà a perdifiato per avvisare il figlio della mia fuga.

Purtroppo per lei però non ho alcuna intenzione di allontanarmi di molto, c'è una tappa fondamentale sul mio percorso che mi divide dalla tanto agognata libertà.

Sistemo lo zainetto in spalla, calco il cappuccio sulla testa e percorro la via a ritroso avvicinandomi all'abitazione che ha visto i miei natali, l'infanzia e l'adolescenza.

Non vorrei destare troppo l'attenzione scavalcandone il muretto di cinta, così le lancio una fugace occhiata e la supero con il cuore pesante. Mi fa male vederla così malridotta.

Infilo la mano nella tasca del giubbotto e stringo forte il pezzo di ferro che ho rubato da uno dei cassetti della taverna nella quale ero ospite fino a qualche minuto fa, sembra capace di infondermi del coraggio. O quasi.

Non farti prendere dalla foga, piano piano...

Faccio il giro dell'isolato e rallento nei pressi di una rete che con tutte le sue forze cerca di contenere una vegetazione incolta il cui unico obiettivo è quello di farla cedere.

La donna di nessunoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora