Minaccia

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Pov Samuele


Un tonfo alla porta e un lieve scricchiolio avvisano che qualcuno sta sostando al di la della soglia in cima alle scale.

"Samuele" la voce risulta ovattata attraverso lo spesso pannello in legno.

Mi stacco malvolentieri dalle labbra di Demetra e poso la fronte su quella fresca di lei che ruota la testa in direzione del suono non nascondendo un certo nervosismo.

"Sa che sei qui" mormoro roco a pochi centimetri dalle sue labbra tentatrici.

Demetra non riesce a mantenere la calma e tenta di alzarsi puntellandosi sui gomiti, improvvisamente spaventata.

"Ferma..." mi spingo ancora un po' su di lei chiudendo gli occhi. Il suo profumo mi inebria e non vorrei superare il limite, non ancora.

Mi rialzo in piedi con un rapido movimento mettendo fine alla protesta scatenatasi nella mia testa come conseguenza dell'improvvisa sottrazione ad un così dolce contatto.

Le porgo la mano per aiutarla a raddrizzarsi e sistemarsi senza distogliere lo sguardo dal suo viso, ben consapevole di essere la causa del rossore che le sta mandando a fuoco le guance e non appena il suo palmo caldo si posa sul mio accettando l'aiuto la informo del da farsi.

"Ora saliremo di sopra, cenerai con noi. Pensala come ai vecchi tempi. Non voglio che tratti mia madre diversamente da come avresti fatto quando eravamo piccoli né come se fosse il nemico"

"Non potrei mangiare qua sotto come ho fatto negli ultimi giorni?" mormora affrettandosi ad infilare la felpa che le ho lasciato.

Le basta uno sguardo per capire che non ho intenzione di darle spiegazioni, si farà come ho deciso, che sia d'accordo o meno.

"Posso utilizzare i miei pantaloni?" mi chiede alzandosi dal divano e senza aspettare risposta li indossa.

L'effetto sportivo della parte superiore contrasta immensamente con i pantaloni dal materiale e taglio costoso. Anche se questi ultimi al momento sono sporchi di terra.

La rampa di scale sembra non finire più dal momento che Demetra affronta ogni scalino con estrema lentezza.
Per quanto la pazienza -poca- di cui sono fornito mi sproni a sospingerla con più decisione premendo la mano che le ho posato sulla schiena, mi trattengo e mi adeguo al suo movimento rimanendo sul gradino sotto di lei. Comprendo bene che sta cercando di ritardare sempre più l'inevitabile incontro che la aspetta al piano di sopra.

Solo quando arriviamo all'ultimo gradino e sono costretto ad allungare la gamba posando il piede su quello in cima per riuscire ad afferrare la maniglia, noto che tormenta senza sosta la manica della felpa nel disperato tentativo di nascondere il polso rovinato.

Socchiudo le palpebre facendo finta di non essermi accorto di niente e in un millesimo di secondo vaglio la possibilità di intimarle di smetterla, ma la mia mano abbassa la maniglia e spalanca la porta troppo presto, togliendomi l'occasione di ammonirla.

In ogni caso ogni preoccupazione svanisce quando Demetra entra nella cucina vuota facendo sfoggio di tanta compostezza, avanzando come un automa, come se la mente le avesse intorpidito i sensi. Pare quasi di trovarsi in trance.

Sarà stato questo il metodo utilizzato in presenza di suo marito per riuscire a superare i momenti ostici?

Sto ancora osservando il viso di pietra di Demetra, gli occhi spenti, la schiena dritta, le mani allacciate in grembo, e percepisco la calma che pare emanare. Mi fa impressione, pare quasi essersi trasformata in una statua di sale, elegante, dolce ma composta e al tempo stesso vuota. Tanto sono concentrato nel squadrarla che mia madre è quasi capace di farmi venire un infarto.

"Buonasera tesoro"

Sobbalzo e mi volto verso l'entrata della stanza. La signora si fa avanti e si alza sulla punta dei piedi per sfiorarmi la guancia con le labbra. E' un gesto quanto mai insolito tra noi, ma immagino in questo momento sia voluto per mettere bene in chiaro la superiorità che riveste nei confronti dell'altra donna presente.

"Buonasera cara" finalmente dopo averle fatto i raggi X, mia madre si decide ad includerla e Demetra è libera di rispondere al saluto chinando rigidamente la testa.

Difficilmente al fianco di Derek le sarebbe mai stata richiesta una cosa del genere, e probabilmente in ogni occasione tutte le attenzioni sarebbero state riservate alla sua persona. Ma ora, attenendosi alla sua attuale condizione di fuggiasca ricercata, è lei a dover mostrare rispetto alla più anziana.

Non senza una certa sorpresa noto che la cosa non la disturba e accetta la svolta di buon grado.

Sono agitato. E nulla c'entra con l'averla portata su e con tutto ciò che può derivarne.

L'agitazione si sta spostando e concentrando particolarmente nella parte anteriore dei miei jeans. Aver dovuto interrompere così bruscamente ciò che stavamo condividendo di sotto mi ha disturbato, e non poco.

"Ora siediti" scosto la sedia e la invito con la mano ma lei non si muove di un millimetro.

"Io... dovrei servire io" mormora confusa lanciando uno sguardo alla cucina e ai piatti fumanti pronti per essere portati a tavola.

Ma mia madre le fa cenno di lasciar stare e di fare come le viene detto, così Demetra prende posto tenendo le mani posate in grembo, in attesa.

So che è affamata e involontariamente mi viene da sorridere.

Mia madre si avvicina alla tavola per servire prima me, poi la ragazza che sta silenziosa al mio fianco.

Sono estremamente soddisfatto del comportamento tenuto da Demetra durante tutto lo svolgimento della cena e una volta posata la forchettina del dolce e averle lasciato il tempo di tamponarsi le labbra col tovagliolo ricamato le chiedo di andarsene lasciandomi solo con mia madre.

"E' cambiata molto in questi anni. Non è più una ragazzina" afferma voltandomi le spalle con le mani cariche dei piattini del dolce.

Un delicato gorgoglio accoglie le stoviglie nel lavello.

"Non era precisamente una ragazzina l'ultima volta che l'hai vista. Aveva 18 anni. Ed era pronta ad unirsi a me, come vi chiedemmo" non avrei voluto alterarmi così in fretta.

"Non ho intenzione di scusarmi. Tuo padre ed io, unitamente ai suoi genitori abbiamo preso la scelta migliore per voi. Entrambi" le sue parole sono accompagnate dal suono graffiante della paglietta che sfrega la padella.

"La scelta migliore per chi? Perché io non riesco a vedere una scelta più stupida di quella che avete preso!"

"E' lei quella stupida Samuele, è stata data in sposa ad uno dei migliori partiti in circolazione e..."

"Partito dal quale è scappata quasi amputandosi una mano. Non mi sembra proprio il migliore" la interrompo alzandomi così velocemente dalla sedia che rischio di rovesciarla.

"Non vi sarebbe stato permesso di sposarvi. La questione è chiusa. E adesso ancora di più di allora non puoi averla. Spero tu te ne renda conto! Sai che..."

"Non osare tornare sull'argomento. Lo so benissimo" getto il tovagliolo sulla tavola e mi appresto ad allontanarmi dall'arpia che mi ha messo al mondo ricominciando a covare verso di lei quell'odio acido che per anni aveva continuato a corrodermi l'anima.

Un sospiro e un fruscio accompagnano i piccoli gesti che mia madre compie afferrando l'asciugapiatti per strofinarcisi le mani.

"Samuele, ti metto in guardia. Devi sperare che nessuno venga a sapere che quella donna si trova qui. Verrebbe fuori un putiferio e ne usciremmo devastati, se ne uscissimo. Quello che dovresti fare è riconsegnarla. Al più presto o..."

"Non ficcare il naso in affari che non rientrano nelle tue competenze. Pulisci. Cucina. E ringrazia ogni giorno il Signore per la mia debolezza il giorno che ho deciso di tenerti qui e non rimetterti sul mercato."

Con un fuoco malsano negli occhi getta il canovaccio da parte e mi raggiunge.
Ingabbia il mio polso usando entrambe le mani umide e con occhi quasi spiritati mi minaccia.
"Riconsegnala, o lo farà qualcun altro"

La donna di nessunoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora