XXVIII - Ursae Minor

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Pochi giorni dopo il matrimonio, Nicolò era partito per il ritiro della Nazionale in vista di Euro 2024. Io ero andata normalmente a lavorare lamentandomi quotidianamente dell'assenza del campionato. Passò all'incirca un mese che passai a viaggiare tra carte inutili, messaggi a Nicolò e talvolta partite dell'Italia.

Mio marito mi dedicò addirittura il suo goal contro l'Albania al debutto. Quando tornò dalla Germania, gli rimasi appiccicata per circa cinque giorni, prima che partissimo in viaggio di nozze. Alla fine scelse come località Mykonos, sapendo bene che non volevo allontanarmi troppo.

Aveva affittato una villetta bianca con vista sulla città e dotata di una spiaggetta privata. C'era anche una piscina in vetro meravigliosa, dove passavamo le sere ad ammirare il tramonto sul Mar Egeo.

Gli raccontai anche la leggenda di questo, per ricambiare le sue storie sulle costellazioni. Infatti la sera ci sdraiavamo e ammiravamo il cielo stellato, e lui mi indicava delle stelle che dall'Italia non erano visibili.

Furono dieci giorni fantastici, solo io e lui, senza che nessuno ci disturbasse. Piano piano iniziavo a conoscerlo sempre di più. Avevo capito che aveva il vizio di perdere il tappo del dentifricio al primo uso, di usare sempre la stessa tazzina per il caffè, e di avere un paio di scarpe diverso per ogni tipo di allenamento.

D'altronde lui aveva imparato come comportarsi con me ad ogni orario della giornata, e aveva anche capito gli orari delle telefonate di mia mamma. Letteralmente mi diceva "scommetto che è mia suocera" quando mi squillava il cellulare in quei minuti.

Purtroppo poi tornammo a Milano, poichè lui doveva riprendere gli allenamenti con la squadra e io non potevo permettermi altre ferie in ufficio. Infatti, proprio per motivi lavorativi, fui costretta a partire per cinque giorni in Germania.

Divertente, no? Nicolò era appena tornato da lì e ora ci stavo andando io. E invece non era per niente divertente. Era Domenica sera, stavo finendo la valigia, e lui tornò leggermente stressato dagli allenamenti. Io ero nervosa perchè le scarpe non entravano nel bagaglio a mano, perciò scoppiammo in un litigio.

Fu il primo dal nostro matrimonio, e probabilmente il secondo in tutta la nostra relazione. E, come quell'unico altro precedente, senza motivo sensato. Più ci penso più non riesco a capire perchè avevamo discusso.

Fatto sta che presi la valigia, il telefono, le chiavi e tutto il necessario, e uscii di casa. L'aereo sarebbe decollato l'indomani da Milano Linate. Caricai i bagagli in auto e mi diressi verso casa di Noemi. Mi ospitò nella stanza delle gemelle per quella notte.

Non mi chiese nemmeno cosa fosse successo, sapevo anch'io che lei mi avrebbe sempre dato ospitalità. La mattina feci colazione con lei e poi salii in macchina per raggiungere l'aeroporto. Ero d'accordo con Nicolò che mi avrebbe accompagnata lui. Ma non andò così.

Controllai il telefono un'ultima volta, in cerca di un suo messaggio, e poi mi imbarcai dal gate per Monaco di Baviera. Quel pomeriggio avrei avuto una riunione in sede straniera dell'azienda. Il martedì, invece, ci sarebbe stata una conferenza, a cui partecipai.

Il mercoledì mattina mi alzai frastornata e confusa. Mi sentivo male, avevo la nausea e mi girava la testa. Per fortuna quella giornata non prevedeva impegni. Controllai di nuovo che Nicolò mi avesse scritta, ma trovai solamente il buongiorno di mio fratello e di Noemi, con una foto di Lala e Zeze.

Dopo pranzo la situazione peggiorò, e iniziai ad avere forti fitte all'altezza dello stomaco. Presi una tachipirina, ma niente. Allora decisi di dirigermi al pronto soccorso più vicino. Poco dopo aver spiegato la situazione, mi portarono da una dottoressa.

Era sicuramente sulla cinquantina, e sembrava proprio tedesca, dalla sua carnagione chiara, i capelli biondo platino e gli occhi verdi. Il cartellino sul suo petto diceva il suo nome: "Artz Brigitte". Mi fece stendere su un lettino e mi fece qualche domanda.

Controllò la pressione, il battito, ma nulla. Mi chiese se mi succedeva spesso, e gli risposi che era la prima volta che mi sentivo così scombussolata. Allora decise di farmi un'ecografia su tutto l'addome, per controllare bene.

Poi finalmente la dottoressa Brigitte capì cosa c'era che mi faceva sentire in quel modo così frastornato. Ringraziai me stessa di aver scelto di studiare il tedesco qualche anno prima, perchè quella cavolo di dottoressa mi stava dicendo, in tedesco, che ero incinta

***

Da quando ero riuscita a capire le parole di Brigitte, non la smettevo di sorridere. Mi fece vedere su uno schermo l'ecografia che mi stava facendo, mostrandomi il puntino che doveva essere mio figlio. E, sempre con la sua pronuncia bavarese, mi disse che "la causa della mia indisposizione era la creaturina che portavo dentro di me".

Stavo quasi per scoppiare a piangere. Uscii dal pronto soccorso e tornai di fretta in hotel. Mi fermai a pensare cosa fare. Decisi che il primo a dover sapere di suo figlio doveva essere il padre. Telefonai il mio capo e gli dissi che, poichè ero stata dalla dottoressa, dovevo tornare urgentemente a Milano.

Lui mi concesse di andare perchè la conferenza che mi interessava di più era quella del giorno precedente, a cui ero stata presente. Mi prenotò il volo per quella stessa sera verso Linate. Richiusi velocemente la valigia, e mi diressi all'aeroporto per lasciare Monaco.

***

Nicolò

Erano tre giorni che Viola se n'era andata, e io, stupido com'ero, non le avevo scritto nemmeno un messaggio per chiederle come stesse, o per scusarmi. Ero particolarmente agitato quella sera, e iniziammo a discutere, inutilmente.

Ovviamente agli allenamenti ero stato sgridato almeno 10 volte al giorno, perchè non riuscivo a smettere di rimproverarmi e di pensare a Viola. Forse in Germania aveva trovato un modo per divorziare da me senza che io lo sapessi, e stava già pensando di andare a vivere lì.

Non l'avrei biasimata. Ma comunque non fu così che andò. Mercoledì sera stavo abbracciando il suo cuscino per sentire il suo profumo, quando qualcuno aprì la porta. Le chiavi di casa le avevamo solo io e lei, perciò, preoccupato, mi precipitai all'ingresso.

Quando la vidi sulla soglia, con la valigia, sorrisi come uno scemo. Sarebbe dovuta tornare venerdì, e invece era qui, in anticipo. Mi avvicinai e la chiamai per nome.

-Viola- pronunciai -sei già qui-.

-Nicolò devo dirti una cosa- disse lei, seria. La fermai.

-Aspetta... prima devo scusarmi con te. Domenica sera ero agitato, e giuro che volevo chiamarti o scriverti, ma non ho avuto il coraggio. Perdonami ti prego- affermai, avvicinandomi ancora.

-Mi dispiace per quello che è successo, ma ho una notizia da darti, perciò sono tornata oggi- spiegò.

-Dimmi- dissi. Mi prese il volto con entrambe le mani e mi guardò negli occhi.

-Sono incinta-.

You're a Sky full of Stars - Nicolò BarellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora