13. betrayer

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Riven's POV

Questo è il volere di dio.

Me lo diceva sempre mia madre, ogni volta che lei soffriva, ogni volta nella quale da bambino cadevo e mi facevo male, me lo ripeteva sempre. "Se succede un motivo ci sarà, è il volere di dio, non il nostro" era una frase quotidiana in casa Mazor. All'inizio ci avevo creduto, finché non vidi mia madre sul pavimento di casa, in una pozza di sangue, il suo sangue. Corsi da lei con le lacrime agli occhi, non sapevo cosa fare, a quei tempi avevo quindici anni. Mia madre mi prese il viso con le mani e mi guardò con i suoi grandi occhi ambrati e sorrise, in quel momento mi resi conto che non c'era più via d'uscita.

Con il labiale ripeté di nuovo la stessa frase,mi incazzai, le posai un bacio sulla fronte e in quel momento notai qualcosa di luccicante per terra, aspettai mia madre chiudesse gli occhi, poi mi avvicinai al luccichio. Era una pallottola. Una pallottola d'argento.

La presi in mano e notai che c'era inciso un disegno, un cigno nero, con gli occhi rossi.

Ancora oggi che ho ventidue anni non ho scoperto a chi apparteneva quella pallottola. Smetto di pensarci e mi alzo dal letto, ieri Victoria ha ucciso una persona, ho visto la collera nei suoi occhi, e la spietatezza con cui ha guardato il corpo inerme, in quel momento mi resi conto che la piccola bambina che incontrai anni fa, adesso era ormai una donna e tra poco avrebbe fatto i suoi diciotto anni, sarebbe diventata più adulta e dovrà stare attenta alle sue azioni, perché da allora sarà tutto sulle sue spalle.

Ad una certa tendo l'orecchio, una canzone si divulga per tutta la casa, esco da camera mia e mi dirigo verso la palestra di cui ho scoperto da poco l'esistenza, mi avvicino alla porta che dà sulle scale per scendere nella stanza. Scendo con cautela, non sapendo chi dei tanti in questa casa potrebbe essere lì dentro, entro dentro e i miei occhi scattano su una figura davanti a me, i capelli lunghi neri sono stretti in una coda alta, il top sportivo le stringe il seno e sembra stia per scoppiare, mentre sotto i pantaloncini corti neri sono più alzati di quanto dovrebbero.

Victoria sta prendendo a pugni il sacco come se tutta la sua vita dipendesse da quel esatto momento, pugni precisi e calcolati ad una velocità inumana, si muove a destra e sinistra con scaltrezza e dopo poco la vedo fare una gira volta saltando leggermente e colpendo con il piede il sacco che ondeggia come se si stesse per staccare dal soffitto.

Lei si ferma, si avvicina al sacco e ci poggia la fronte sopra abbracciandolo, io faccio un passo avanti e per sbaglio do un calcio ad un peso e questo crea un fracasso assurdo, attirando anche l'attenzione di Victoria.

«Io.....non sapevo fossi qui» cerco subito di difendermi, poi però lei sorride e indica lo specchio che si distende su tutto il muro e noto subito il mio riflesso, mi aveva già visto. Mi avvicino a lei e le scruto il viso, è sudata fradicia, e le occhiaie mi fanno capire che probabilmente non ha dormito tutta la notte, lei passa in circospezione il mio corpo, e solo allora mi rendo conto che ho addosso solo la tuta nera del pigiama e nessuna maglia. Il suo sguardo mi fa venire i brividi lungo la schiena, sta crescendo, cazzo.

La vedo che beve un goccio d'acqua e viene lentamente verso di me, il suo sguardo si posa sul mio petto, no, sulla cicatrice che mi sono procurato a causa di mio padre, parte da vicino a dove si trova il cuore e scende fino all'inguine, spesso evito di stare senza maglia in casa perché non tutti sanno della sua esistenza, ma Vic si, lei mi ha visto più volte, ma non in situazioni piacevoli come speravo io invece. La vedo alzare la mano e per un attimo ho paura provi a toccare la cicatrice, poi però la avvicina alla collana con attaccata la pallottola che ha ucciso mia madre, lei sembra ricordarsene, infatti si incupisce, poi però sento che gira la pallottola e mi rendo conto che sta guardando il disegno che c'è inciso.

The Cursed Swan 🦢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora