QUENTIN
Cal era silenzioso, quella mattina. Di solito avrei apprezzato un po' di tranquillità, ma quel giorno avevo troppi pensieri per la testa e tutta quella quiete non aiutava a spegnerli.
La sera prima, imbarazzato, il mio unico amico a Red Shades nonché datore di lavoro mi aveva "abbandonato" con mille scuse, per poter andare a chiarire alcune questioni sospese con il suo ex ragazzo, e così io ero rimasto da solo per un po' al di Martin's per lasciargli la loro privacy. Ero stato tentato di chiedere a Seven se volesse qualcosa da bere, ma era bastata un'occhiata per avvertire il suo disagio. Inoltre, sapevo bene cosa pensasse di me la gente di Red Shades e non volevo che la stessa opinione le si attaccasse addosso, per osmosi.
Così avevo finto di non conoscerla ed ero rimasto nel mio, nonostante il suo nervosismo mi avesse messo a dura prova in più di un'occasione. Seven era la classica ragazza che metteva paletti tutt'intorno a sé ma che, proprio per questo, ti faceva venire voglia di rimuoverli a uno a uno per farle sapere che non era sola.
E ancora una volta mi sentivo un perfetto cog****e per aver avuto quei pensieri su una donna. Io non ero quel tipo di persona. A dire il vero, non avevo mai avuto relazioni importanti per poter sapere che tipo di uomo fossi, da quel punto di vista.
Ma poi quella tizia arrogante al pub le si era avvicinata, le aveva parlato in quel modo del c**z*, e io avevo capito anche fin troppo del perché Seven Ross sembrasse sul punto di vomitare ogni volta che guardavo nella sua direzione. E la voglia di avvicinarmi a lei era salita alle stelle.
Per mia fortuna (e soprattutto per la sua), Seven aveva atteso la propria ordinazione e poi era schizzata via come un fulmine. Tuttavia, anche io ero stato costretto ad andarmene dopo pochissimo. Le attenzioni della cameriera si erano fatte troppo intense e questo aveva attivato il disappunto di parecchia gente nel locale. Mi ci mancava solo di finire nel bel mezzo di una rissa per qualcosa di cui non mi sarebbe potuto fregare di meno! Per questo avevo levato le tende senza nemmeno finire la mia birra (un peccato, anche se era già la quarta).
Non ero uscito barcollando - sono in grado di reggere ben di più - ma anche nel caso in cui fossi stato ubriaco non ci sarebbero stati problemi, visto che mi bastava attraversare la strada e fare 300 metri per arrivare a casa.
Appena uscito dal locale, avevo assistito a parte di un litigio fra la str***a che aveva fermato Seven al banco e un tizio con la puzza sotto il naso e l'espressione di chi si sente in diritto di guardare tutti dall'alto in basso. Era stato difficile, molto, tirare dritto e far finta di non vedere come la bocca del ragazzo si era distorta in una smorfia di disgusto quando gli ero passato accanto, e ancora di più lo era stato non voltarmi verso la brunetta scialba per dirle di non nominare mai più Seven e la parola tr**a all'interno della stessa frase.
Mi ero sentito davvero in gamba per aver resistito all'impulso di mettermi nei guai con una delle mie tipiche reazioni dei bassifondi in cui ero cresciuto, ma a tutto c'era un limite, e il mio era appena entrato nell'officina di Cal, nelle sue scarpe immacolate e nella polo appena stirata.
Avrei dovuto capire che c'era qualcosa di strano già dal modo in cui Cal aveva guardato il ragazzo non appena aveva varcato la soglia dell'officina.
«Ha-Harvey?».
«Buongiorno Calvin». Calvin? Nessuno lo chiamava mai così. Sembrava quasi che lo stro*** appena arrivato volesse mettere distanza fra loro, persino con le parole.
«Come possiamo aiutarti?».
Il tipo tergiversò per un attimo. «Ho... un problema all'auto, speravo che potessi darle un'occhiata. Forse si è fulminato un fusibile».

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Back Down South
RomantikRed Shades era l'ultimo posto in cui sarebbe voluta tornare, ma per Seven Ross non c'erano molte alternative: passare le Vacanze di Primavera nel paesino dal quale era scappata due anni prima o lasciare il padre a occuparsi da solo del trasloco. Non...