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Mi sveglio a causa della luce, altrimenti avrei continuato a dormire fino a tardi. Rebecca è già sveglia e al telefono come sempre.

"Come ti senti?" Le domando stropicciandomi gli occhi.
"Malissimo." Si gira verso di me, e infatti dal suo viso si direbbe che questa notte non sia stata un granché. "Ho un mal di testa che mi sta uccidendo."

"Ti vado a prendere un'aspirina."

Non mi da fastidio fare queste cose per lei. Siamo cresciute come sorelle, e il fatto che io sia figlia unica ha rinforzato ancora di più il nostro rapporto.

Poi lei per me farebbe lo stesso, se non di più.

Mentre vado in cucina mi imbatto in Riccardo appena uscito dalla doccia.
Ha solo un asciugamano, ed ha ancora i capelli umidi.

"Certo che puoi coprirti, mica sei solo in casa." Alzo gli occhi al cielo.

Non posso dire che sia un brutto spettacolo però.

Inevitabilmente però l'occhio mi cade sui suoi tatuaggi, che sono molto di più di quanto immaginassi. La camicia che aveva ieri non li lasciava intravedere tutti.

Un braccio è completamente ricoperto, l'altro ancora no. Poi ha due tatuaggi sulla gabbia toracica.

"Scusa, ogni tanto mi sento meglio quando mi dimentico che esisti."
"Simpatico." Faccio una smorfia e passo oltre.

Vado in cucina per prendere un bicchiere d'acqua e un'aspririna, il sacro graal post-sbornia.

"Rebecca si è svegliata?" Mi domanda appoggiandosi allo stipite della porta ed io annuisco. "Scommetto che sta come una mummia." Dice e mi viene da ridere.
"Più o meno."

"Tu però stai in forma."
"Ho bevuto poco." Faccio spallucce.

Mi squadra dalla testa ai piedi, e solo adesso mi rendo conto di avere solo una maglietta oversize a coprirmi.

"Che c'è?" Gli domando con non chalance.
"No, niente." Scuote la testa e distoglie lo sguardo.

Torno in camera da Rebecca e beve l'acqua come se tutta stanotte l'avesse passata nel deserto.

"Adesso mi sento meglio."
"Allora io torno a casa."
"No dai, rimani a pranzo ti prego." Mi fa gli occhioni dolci ed io non riesco a dirle di no.

"Tanto cucina Riccardo."

L'unica cosa che posso dire a suo favore, è che veramente cucina benissimo. Non è un totale incapace.

"I tuoi?" Le domando.
"Stanno ad Amalfi, un weekend fuori, non te l'avevo già detto?"
"Ah vero, me ne sono scordata."

"Quindi siccome stiamo da sole, possiamo passare anche tutto il pomeriggio a mangiare schifezze!"

Sua madre è una un po' particolare. Non nel senso negativo, anzi, però è una di quelle madri che come snack da mangiare a merenda ha i semi di girasole, o le barrette energetiche.

Mia madre su questo genere di cose è sempre stata un po' più permissiva, così andavamo a casa mia per prendere biscotti e quant'altro.

"Allora avviso mia madre che rimango."

"Potresti anche non campare in casa mia." Dice Riccardo affacciandosi alla porta della camera di Rebecca, ed io non gli rispondo nemmeno.
"Ti ricordo che è anche casa mia." Ribatte Rebecca.

"C'è proprio una mosca che mi infastidisce, la sento sempre ronzare intorno alle mie orecchie." Dico guardandolo male, e soprattutto riferendomi a lui.
"Dopo 18 anni che siamo amiche strano che non ti sei rassegnato alla mia costante presenza."

"Io più che rassegnato sono speranzoso che finisca, così non dovrò più vedere la tua faccia qua in giro."
"Riccardo!" Lo rimprovera la sorella e lui se ne va.

"Non potevi avere boh, un fratello bello e simpatico, ci avrei fatto un pensierino. Riccardo bello c'è, peccato per la simpatia." Commento e Rebecca mi tira una pacca, nascondendo una risata.

Passiamo il pomeriggio a non fare nulla, anche perché Rebecca ancora non si è ripresa del tutto.

"Allora io vado." Le dico prendendo le mie cose.
"Dai, rimani pure a cena!"
"Lo so sempre come va a finire, poi noi due in qualche modo facciamo tardi ed io domani mattina vorrei svegliarmi presto."

Rebecca annuisce anche se affranta, perché il suo tentativo di farmi rimanere si è rivelato fallimentare.

"Ci vediamo lunedì, sto con papà un paio di giorni adesso che è tornato."

Chiudo la porta di casa dietro le mie spalle, e quando mi giro mi trovo ad un palmo dal naso Riccardo.

"Mi hai spaventata." Dico mettendomi una mano sul petto.
"Certe cose non cambiano. Intendo, che sei una fifona ovviamente." Alzo gli occhi al cielo.

Si passa una mano tra i capelli che con la luce del sole sembrano quasi biondi.
È cambiato così tanto, che l'ho riconosciuto solamente dai lineamenti del viso ieri.

Ha un bel fisico, più statuario di prima. E questi capelli lunghi gli donano particolarmente. Se prima era un bel ragazzo, adesso rasenta la perfezione.

"Per oggi la mia sopportazione è terminata, ci vediamo lunedì!" Esclamo cominciando ad incamminarmi verso casa.

"Rimani un altro po'."
"Per farmi torturare da te?"
"Finiamo il pacchetto di ieri." Dice riferendosi alle sigarette.

Torno indietro sui miei passi, e mi siedo vicino a lui, davanti la porta.
"Tu non devi fumare." Gli dico passandogliela, un contro senso.
"Come hai detto tu, una ogni tanto che sarà mai." Si gira e il nostro sguardo si incrocia.

Per la prima volta, senza dire niente ci guardiamo. Fumiamo in silenzio, osservando il paesaggio e la strada di fronte a noi.

"Sai serpe, un po' mi sei mancata."
"Tu per niente." Si mette a ridere.
"È normale, non puoi ammetterlo, perderesti la tua credibilità."

Finisco la sigaretta e la lancio per la strada, così fa pure lui.

"Adesso che sono finite non le ricomprare." Alzo gli occhi al cielo.
"Va bene papà." Mi allontano per andare verso casa.

"Spero di non vederti lunedì."

"Lunedì sarà peggio di oggi!" Dice lui ad alta voce per farmelo sentire.

Gli alzo il dito medio, e non mi giro, perché tanto so che lui avrà fatto lo stesso.
Rido tra me e me, ed arrivo a casa, con la luce del tramonto.

Forse è una delle poche volte che io e Riccardo andiamo d'accordo, e non ci scanniamo per niente.
Sinceramente, sarei anche disposta a sotterrare l'ascia di guerra dopo tutti questi anni.

Sarebbe bello se andassimo d'accordo, almeno ci sarebbe più quiete.

NEMICIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora