XVII

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Anastasia tirò su il colletto del soprabito, ormai consunto, mentre camminava per le strade della sua città.

Aveva il nasino rosso e raffreddato, poiché la camera sua e delle sorelle era la più fredda della casa e, dal momento che lei era la più cagionevole, tra le sorelle Marchi, si ammalava spesso, anche per un po' di vento. Camminava a passo spedito, con la speranza di riscaldarsi.

Gli ultimi tempi erano duri per tutti, e i soldi sembravano non bastare mai. Per cui si stupì quando quella mattina bussarono alla porta; era la signora Caterina, e siccome la figlia si sarebbe sposata a breve, aveva chiesto ad Anastasia se potesse prepararle il corredo. Ovviamente, la signora, chiarì ad Anastasia che l'avrebbe retribuita per il suo lavoro, anche se avevano poco denaro.

Ad Anastasia si strinse il cuore. Negli ultimi mesi, di festeggiamenti ce n'erano stati pochi, e ancor meno di matrimoni. Tutti i ragazzi appena raggiungevano l'età di leva, venivano spediti in guerra. Ma in quel caso, il futuro sposo era appena tornato dal fronte - senza una gamba, ma almeno era tornato vivo - e desiderava sposare la ragazza. Motivo per cui la signora Caterina desiderava esaudire il desiderio dei due giovani, e, se di soldi non ce n'erano, li avrebbe fatti uscire. Aveva dato del denaro ad Anastasia e le aveva affidato il compito di scegliere lei stessa il tessuto.

Mentre si dirigeva verso il negozio di stoffe, continuava a contare il denaro che aveva tra le mani; erano poche lire, ma lei ce l'avrebbe fatta. Avrebbe comprato la stoffa, la meno costosa, ma l'avrebbe trasformata in un capolavoro. Era decisa a contribuire alla realizzazione del sogno dei due amanti, anche se aveva alcuni dubbi sulle sue doti da ricamatrice. Erano mesi che non le venivano commissionati dei lavori e aveva paura di averci perso la mano. Tuttavia, questa era un'ottima occasione per guadagnare un po' di soldi; certo, non avrebbero fatto la differenza, ma almeno avrebbe potuto metterli da parte, nel caso in cui ce ne fosse stata la necessità.

Perse coraggio quando si trovò di fronte al grande negozio di stoffe. Ce n'erano stati altri in città, ma la guerra e la scarsità delle risorse e materie prime li aveva costretti a chiudere, oppure furono convertiti in fabbriche per produrre uniformi per i soldati in guerra. Questo, purtroppo, era l'unico ancora rimasto in cui si riuscivano a ricavare delle stoffe per abiti o corredi.

Un tempo, era stato un negozio per stoffe e abiti di lusso, ma ormai la guerra l'aveva reso decadente. Tuttavia, la clientela che lo frequentava non era cambiata, perché appena Anastasia entrò si ritrovò numerosi sguardi di disapprovazione, che la portarono a sentirsi fuori luogo.

Lanciò uno sguardo al suo aspetto, che doveva apparire sicuramente trascurato: il suo soprabito grigio, un tempo il più bello che possedeva, adesso era usurato dal tempo, e sulle maniche mancavano dei bottoni. Fortunatamente, era bello lungo, per cui la copriva fino al polpaccio. Tuttavia, oltre al cappotto, anche gli stivaletti erano oramai consumati; Anastasia si accorse solo in quel momento che la punta dello stivale destro era così usurata che si era formato un piccolo foro.

La più timida delle sorelle Marchi abbassò il capo, un po' per la vergogna e un po' per la frustrazione; per cui decise di prendere una grande borsa di tela grigia, che il negozio stesso metteva a disposizione per i clienti, in cui avrebbe potuto mettere le stoffe e si diresse verso il bancone nei pressi del quale c'era il misto lino.

Mentre era intenta a capire quanto tessuto potesse servirle, le si avvicinò la figlia del proprietario del negozio. La chiamavano Giustina. Anastasia se la ricordava più pienotta, mentre adesso la rotondità del viso era stata sostituta da un viso incavato e dal mento appuntito.

«Ti serve qualcosa?» disse la ragazza, alzando un sopracciglio. «Guarda, che il fruttivendolo si trova dall'altra parte della strada» aggiunse, scatenando un riso da parte delle signore presenti.

Rosa e CrisantemoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora