L'emporio delle arti arcane

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Per una manciata di secondi, quella buffa situazione si assestò, i tre si scambiarono degli sguardi rassicuranti, come se già in precedenza si fossero conosciuti.
“Quindi ci conosci già, eh?” Chiede a sé stesso Ryota, interrompendo il silenzio che si era appoggiato sul loro tavolo.
“Sì!” Esclamò Makisae, che nel mentre aveva svuotato il suo piatto di riso. “Non posso averne dell'altro?” Chiede ai due, lasciando intendere che avesse ancora spazio allo stomaco.
“No. Ma… se vuoi posso darti il mio piatto.” Le rispose Zheng, porgendo il proprio piatto.
Anche se la ragazza aveva ancora appetito declinò l'offerta, ammonendo Zheng. “Grazie, ma preferirei che mangiassi anche tu.”
La gentilezza di Makisae colpì i due gemelli in modo esorbitante, entrambi stavano pensando a quanto abbia sofferto per essere così gentile con due sconosciuti. Non riuscivano a comprendere il motivo per il quale nascondere un soggetto che potrebbe far terminare la guerra con un semplice sorriso.
Per loro quell’essere così gentile era più importante di un qualsiasi potere.
“Sarebbe bello poter andare via da questo posto.” Sussurrò Ryota, sollevando lo sguardo verso uno degli apparecchi di illuminazione appesi al soffitto, che a dirla tutta faceva fatica a restare acceso.
“A me piacerebbe molto ricordare di che colore è il cielo.” Svelò Makisae ai gemelli, incuriosendoli ancora di più.
Nella testa di Zheng e Ryota non era una cosa ammissibile non conoscere il colore del cielo, cominciarono a pensare che sarebbero stati degli egoisti, dei complici di prigionia, per non aver alzato un dito e fatto qualcosa per quella povera ragazza. Ormai erano determinati a trovare la soluzione più adatta per riuscire a scappare con la loro nuova amica Makisae.
“Le guardie non ci sono, non ti stanno tenendo d'occhio al momento.” Disse Ryota, tornato a elaborare un pensiero logico dopo un cenno con suo fratello Zheng. “Se vuoi uscire da questo posto, lascia che ti fidi di noi.” Rassicurò.
“L'allarme è sul corridoio a destra, dove sei passata per venire qui. Io farò quel giro, mentre voi passerete dalla parte opposta. Non passeranno di lì, e sarà più semplice per voi fuggire dal parcheggio.” Disse Zheng, seguendo il discorso di Ryota.
“E tu?” Chiese Makisae al ragazzo.
“Tornerò da voi dopo aver fatto scattare l'allarme. Non lascerò di certo mio fratello da solo per il resto della vita.” Le rispose, avvolgendo il collo di Ryota con un braccio.
Makisae non riusciva a credere che, nonostante sia stata la prima volta ad aver varcato la soglia della sua cella, qualcuno di buon cuore avesse provato ad  aiutata a fuggire dalla sua prigione.
Tuttavia, la sua determinazione l'avrebbe portata ben oltre quel luogo nefasto, e per questo ripose tutta la sua fiducia nel piano di Ryota e Zheng.
“Se siamo tutti d'accordo, allora mi incammino in quella direzione.” Annuì Zheng, strofinando la propria mano su una spalla di Makisae.
E mentre il ragazzo si infilava nel corridoio che portava alla sala delle celle, Ryota e Makisae si alzarono dal loro tavolo a distanza di secondi l'uno dall'altra, poi aspettarono che Zheng fosse pronto a far scattare l'allarme.
Così arrivò il suono di una sirena, un rumore assordante che mandava in tilt i timpani. Si era generata una baraonda generale tra i detenuti, alcuni urlavano e altri correvano verso la propria cella, ma alla fine sia Makisae che Ryota arrivarono alla porta di sicurezza che li avrebbe portati al di fuori della struttura.
Prima la ragazza poi il ragazzo, stavano varcando contemporaneamente la decisione più pericolosa della loro vita, seguendo così la via di fuga.
In quel breve intenso lasso di tempo, le guardie sopraggiunsero il corridoio, notando la confusione che si era generata, ma in particolare la figura calma di Zheng, che aiutava i suoi compagni a rientrare nelle apposite celle.
“Cosa ci fai qui nel corridoio? Dovevi rimanere nella mensa!” Disse un capo-guardia al ragazzo, trovandolo fuori posto.
“Stavo andando al bagno, mi spiace! Ho visto delle persone che correvano per il corridoio ed è scattato l'allarme.” Si scusò subito Zheng, cercando di deviare le guardie.
Nel frattempo, Makisae e Ryota sostavano fuori dalla prigione e si erano nascosti dietro un cassonetto della spazzatura. Si trovavano nei parcheggi, dove le macchine potevano fargli da scudo per un po', aspettavndo che Zheng tornasse da loro per oltrepassare il filo spinato.
La guardia rimase per un secondo a riflettere sulle parole di Zheng, cercando di comprendere a pieno la situazione.
“Aspetta un secondo. Se l'allarme è scattato e hai visto delle persone passare di qui, significa che qualcuno è uscito. Dannazione!” Disse la guardia, cambiando direzione e portando con sé la sua squadra nella parte opposta al parcheggio.
A quel punto Zheng fece retromarcia e, camminando tra la fila di prigionieri a cui era stato ordinato di tornare nelle proprie celle, si ritrovò anche lui davanti alla porta nera che dava ai parcheggi.
La aprì di scatto, e velocemente si ritrovò a respirare l'aria pulita di Likeng.
“Eccolo! Ce l'ha fatta!” Esclamò Makisae, indicando Zheng a suo fratello Ryota.
“Bene, c'è uno scorcio nella parete di filo spinato. Tu sarai la prima a passarci. Vai adesso, e fai attenzione. Faremo uno alla volta. Dopodiché penseremo a dove andare.” Le disse Ryota, controllando le emozioni positive che lo stavano avvolgendo.
Makisae corse rapidamente verso lo scorcio che Ryota aveva intravisto, riuscendo ad oltrepassarlo facilmente con il suo corpo esile.
Poi venne il turno di Ryota, anche lui non ebbe difficoltà a sbucare fuori dal foro, in seguito toccò a Zheng, a cui però ci vuole l'ausilio degli altri due per via della sua muscolatura imponente.
Alla fine però, erano ufficialmente fuori da quella prigione.
Riuscirono in quella piccola impresa che li avrebbe condotti da un'altra parte.
Per l'appunto, Ryota sapeva che da lì a poco le guardie avrebbero fatto l'appello dei prigionieri, e che il tempo per festeggiare veniva a mancare.
“Andiamo in quel negozio, prima che qualcuno ci veda.” Disse Ryota, indicando l’ ‘Emporium of Arcane Arts’, uno strano negozio d'antiquariato.
I tre si misero in moto, correndo verso la porta in legno di rovere di quel negozietto all'angolo del quartiere. Le vetrine mettevano in risalto qualche oggetto antico già da qualche metro in lontananza.
Seppur con passi frenetici, l'attenzione a guardarsi le spalle era tanta.
Makisae conduceva il percorso, un po' disorientata da quella luce fatiscente che le cadeva sugli occhi, però la concentrazione per raggiungere quella libertà la discostava dalle distrazioni circostanti.
I gemelli, invece, cercavano di mantenere il silenzio, in modo da non attirare le guardie verso quella parte di tratto stradale, infine raggiunsero con l'affanno l'emporio, aprendo distrattamente il portone e cogliendo di soppiatto chi stava al bancone.

La profezia del Basilisco OscuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora