La Stazione di Surin

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Ryota era assorto nei suoi pensieri intrusivi, stavolta però questi erano sospettosi per quanto riguarda le intenzioni di Zephyr, vedendolo sorridere vistosamente con la ragazza. Tuttavia il ragazzo si decise a prendere posto in uno dei sedili di fronte ad Alexander e Makisae, mentre Zheng pareva volersi distanziare e ascoltare a distanza il dialogo.
“Puoi spiegare adesso i motivi per cui accompagni noi e Makisae a Surin?” Chiese a bruciapelo Ryota.
Anche lo stregone era diffidente e, solo inizialmente, tentennò un secondo. La sua intenzione era quella di portare la ragazza in Thailandia e far capire loro che ha qualcosa di importante da portare a termine.
Sapeva che il suo silenzio lo avrebbe messo in una posizione alquanto scomoda, avvertirli subito di un potenziale pericolo sarebbe stato scoraggiante, a detta sua.
“Posso soltanto rispondere che la Thailandia è una bella destinazione." Parlò lo stregone, fingendo un sorriso.
“Bugiardo. Tu nascondi qualcosa di grosso.” Accusò Ryota, guardando dritto negli occhi Alexander.
“Se non nascondessi qualcosa, non potrei essere uno stregone." Disse Zephyr, disfando il filo logico del giovane ragazzo.
“Non tutti gli stregoni devono seguire alla lettera il loro regolamento.” Gli rispose Ryota, provocando uno sospiro sbuffeggiante allo stregone.
“Ti faccio una domanda migliore. Perchè l’avete portata con voi, senza sapere chi è davvero?”
“Se tu avessi visto quella tristezza infrangersi negli occhi di qualcuno, come avresti potuto non fare nulla?” La scaltrezza di Ryota era incommensurabile, riusciva a scardinare i fili che Alexander intrecciava e tesseva all’interno della conversazione, ponendo a quest’ultimo domande semplici ma disarmando le sue risposte.
Alexander poi si voltò, cercando di guardare negli occhi la ragazza,  ma essendo privo di anima non poteva vedere nulla più che il vuoto. Per questo si detestava, non riusciva a comprendere le emozioni di chi gli sta attorno, e il suo desiderio di rivalsa vacillava.
“Spero per te che tu stia dicendo la verità.” Si intromise Zheng, riprendendo il discorso sulle intenzioni dello stregone.
A questa minaccia Alexander diede poco peso, ma rispettava la determinazione dei gemelli nel proteggere Makisae.
Poi lo stregone allargò le braccia, con lo sfondo che man mano si macchiava di paesaggi da dietro il finestrino. E mentre Makisae ammirava per la prima volta lunghe distese di prati verdeggianti in piena primavera, il sole faceva spazio alla luna, e la stazione di Surin si faceva sempre più vicina.
Mancava sempre meno, e ormai la notte avvolgeva il treno che continuava a correre veloce tra i binari.
Forse per la mancanza di fiducia negli altri e per i sospetti, i quattro non riuscirono a dormire, si adocchiavano l’un l’altro nel buio cercando nei piccoli movimenti qualcosa per cui incolparsi la mattina seguente.
L’unica a prendere almeno un po’ di sonno è stata Makisae, la sua testa poggiava sulla spalla destra di Zephyr, che le lasciava uno scorcio sul quale adagiarsi.
Lei, che era ancora una bambina con un mondo da scoprire, sembrava sentirsi al sicuro con lo stregone, probabilmente perché agli occhi suoi le sembrava un fratello maggiore. Ad un tratto, la dormita di Makisae venne interrotta da un raggio solare sul suo volto, la mattina si era fatta ora viva.
Con gli ultimi spiccioli del suo portafoglio, Alexander decise di pagare per tutti il viaggio in treno, ma l’avrebbe fatto solo quando i ragazzi sarebbero arrivati alla stazione che, in quel momento, cominciò a mostrarsi in tutta la sua incantevole bellezza, una delle stazioni più famose del pianeta, ma vittima da teppisti che la rendono un posto frizzantino.
“Finalmente vedo la stazione!” Esclamò Zephyr, interrompendo il sacro silenzio che si era riposto in quei sedili,
La curiosità di scoprire un posto tutto nuovo era irrefrenabile, e l'adrenalina saliva nonostante la stanchezza della notte in bianco appena passata. Insomma, non stavano più nella pelle di conoscere la verità su Makisae  e di poter comprendere cosa Alexander volesse dire. Ryota e Zheng condividevano in questo modo gli stessi interessi, anche se uno lo mostrava di più e l’altro meno.
A quel punto il treno si fermò, e il controllore aprì le porte a vetrata. Una lunghissima fila di gente si mise davanti ai quattro, che si avviarono a scendere a quella fermata, la stazione di Surin. Questo luogo però era macabro, intriso di leggende metropolitane, ma forse era soltanto il colore che gli dava la notte a renderlo oscuro, così tetro.
“C’è da prendere la ragazza in braccio, non voglio che si svegli." Disse Alexander, spostandola lievemente per alzarsi dal sedile.
“La prendo io, basta che rimani vicino a me.” Si offrì Zheng, prendendo Makisae da sotto le gambe.
Alexander accettò, seguendo poi la fila indiana formatasi davanti al controllore. I quattro erano praticamente gli ultimi, e dai finestrini si intravedeva la gente che usciva dal treno. Arrivati al controllore di quel lunghissimo treno, dopo un sacco di ore in fila, Zephyr posò il sacco di juta pieno di monete d’argento sulla mano del controllore, spiegando che pagava per sè stesso e per gli amici.
“Ah, ora siamo amici?” Domandò scherzando Zheng.
“Quindi, ora, da che parte è il Santuario?” Chiese Ryota di fretta.
“Prima bisogna arrivare a Surin. Il problema è che non saprei da che parte si trovi la città.” Spiegò Zephyr, guardandosi intorno per controllare se nelle vicinanze vi erano cartelli segnaletici.
“Siamo. Spacciati.” Disse Ryota separando le due parole, rassegnandosi per la negligenza dello stregone.  

La profezia del Basilisco OscuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora