Capitolo 2: Alex

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Successe un giorno una disgrazia.
Alex dopo una lite si scaraventò con una penna sul corpo di Rebecca— e grazie al cielo non un compasso — , ledendole un occhio; la povera amica di Alice, rimasta lesa, piena di sangue che sgorgava, era ora dovuta correre in ospedale con un occhio maciullato e in quanto ad Alex? Per lui nessuna punizione: i suoi genitori erano grandi e ricchi imprenditori, avevano affari con la Mafia e nessuno osava torcergli un capello: Alex nemmeno, che sottostava a loro come una marionetta ed era succube in quanto etichettato come "figlio sciagurato", a loro faceva da servo ma d'altronde non aveva scelto lui di stare in quella famiglia, loro avevano scelto lui. Alexander era stato adottato.

Soffriva fin da piccolo di una malattia chiamata vitiligine: è la più nota delle malattie che portano a una colorazione anomala della pelle. Si verifica, si ritiene, quando le cellule dell'organismo attaccano e distruggono i melanociti, provocando una colorazione bianca di intere aree della pelle. Non aveva certo scelto lui questa malattia tanto quanto non aveva scelto la sua famiglia. Era tutto capitato per caso: un brutto gioco del destino per la nascita di questo bambino e gli orrori nemmeno erano finiti, questa era solo la punta dell'iceberg.
Alex in realtà aveva un passato oscuro, che nemmeno i suoi genitori sapevano e che nessuno poteva aspettarsi — forse l'unica a sospettarlo era proprio Alice.

Durante i pomeriggi egli serviva e riveriva quegli infimi esseri umani come, per l'appunto, uno schiavo: gli preparava i pasti, faceva la lavata e stendeva i panni, lavava i piatti e il pavimento zitto come l'olio all'età di soli undici anni e nel suo tempo libero — che era ben poco — passeggiava nelle campagne ascoltando musica rock classica sicché lo calmava a detta sua. Anche lui aveva un forte legame con la natura, differentemente da Alice che la usava per divertirsi, lui parlava con gli alberi accarezzandoli, con i fiumi bevendo dalla loro sorgente, con gli uccelli ascoltando il loro allegro suono, sentendone la risposta come un segnale inviato dall'alto.

Rebecca, come abbiamo già detto, era in ospedale e le sue care amiche venivano a trovarla, chiacchieravano in quel piccolo lasso di tempo che le era stato dato: l'orario di visita.

<< gliela farò pagare a quello lì!>> esclamò Flaminia, l'amica di Rebecca da quando erano in fasce.
<<puoi dirlo forte, amica...>> ribatté l'esuberante Serena <<le ha letteralmente fatto perdere la vista da un'occhio, non si merita nulla e nessuno osa punirlo, per di più!>> aggiunse.
<<io penso invece che dovremmo esaminarlo, scoprirlo, scoprire cos'ha e perché si comporta così prima di giudicarlo.>> concluse il giudizio secolare Alice, ch'era ben più curiosa e matura delle altre.
<<tu sei tutta matta! Ma va, va!>> stufa, borbottò Rebecca.
<<ma lei è fatta così, tocca tenercela così>> esclamò nuovamente Serena con tanta dolcezza nelle parole sue e tutte scoppiarono in una sonora risata.

A scuola i professori vociferavano dell'accaduto ben poco trascurabile ma tutti avevano fifa di espellere il ragazzino. Si chiedevano piuttosto come mai un bambino della sua età fosse così aggressivo: la professoressa di italiano, storia e geografia diceva che semplicemente così ci si nascesse mentre il professore di matematica riteneva che ci sarebbero sicuramente state delle motivazioni varie ma nessuno sapeva rispondere all'unica grande domanda, né alunni né professori o genitori: perché tutto ciò?

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