Capitolo 4: tendimi la mano

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Ora, tutti tornarono a scuola ammutoliti e continuarono a subire le malefatte di Alex e ci vollero pochi giorni per far tornare anche Rebecca, con una benda su un occhio e la stanchezza nel suo gracile volto.

Le giornate proseguivano tipiche, nulla di nuovo, molto di vecchio: il professore di matematica si avvicinava ad Alice e aveva stretto un patto con lei: assieme avrebbero dovuto capire cosa si trova nella piccola testa del fanciullo, dovevano collaborare, fare domande in incognito, insomma, scoprire. Ma non era così facile e fin ora la situazione rimaneva bloccata e ferma come ghiaccio nel freezer.
Alle volte Alice si recava con le sue amiche in biblioteca e leggeva libri di psicologia della quale nemmeno lei capiva un bel niente, alle volte stavano ore là dentro e ne sfruttavano il tempo anche per fare i compiti, e il professore di matematica — un uomo pieno di fuoco interiore, un po' cinico ma con un gran cuore; un uomo alto che sembrava una stampella, coi capelli brizzolati e le orecchie a sventola — veniva a trovarle in quel magico luogo che oramai era di loro proprietà per darle consigli e suggerire nuovi libri.

D'altronde è questo che accade in una scuola, si collabora...o almeno...si deve collaborare.

Ma un giorno, capitò l'inimaginabile.
Era l'ora di ginnastica e si stava giocando a calcio quando una palla volò dritta in faccia ad Alex facendolo tramortire per terra. Alice si avvicinò e con fare dolce gli tese la mano:

<<vieni, ti aiuto io>> disse con parole gentili come gentile era il suo animo.
Gli occhi di Alex si illuminarono per un attimo, nessuno aveva mai provato ad aiutarlo, sempre aveva fatto tutto da solo e da solo pensava di esser destinato a perire.
<<non ho bisogno del tuo aiuto>> ribatté con arroganza ma prese la mano della bambina e si alzò tutto dolorante.
<<un grazie, no?>>
<<grazie...>> sussurrò a mezza bocca ed accenno un sorriso che Alice incredula ricambiò.

Tutti erano attoniti, nessuno aveva mai provato nemmeno ad avvicinarsi ad Alex, alcuni avevano persino paura di guardarlo perché a detta loro "portava sfiga" ma la verità è che era solo un povero bambino pieno di turbamenti che di conseguenza si comportava male perché nessuno gli aveva insegnato a comportarsi meglio. Era questa la verità.

<<ti sei fatto tanto male?>> esordì Alice con un poco di preoccupazione.
<<no, affatto, ma sospetto volessero prendere me, l'hanno fatto apposta ed io ora mi vendicherò>> si rimboccò le maniche, già si poteva sentire come fosse concreta la paura del compagno di classe che aveva lanciato il pallone, Lorenzo.
<<oh no, no!>> lo prese per un braccio Alice <<tu ora stai qui fermo e ti riposi che già son successe troppe disgrazie>> disse seria e lui come un cagnolino, ancora con lo stupore di tutti in bocca, obbedì e si sedette sulla banchina zitto.

La classe era ancora incredula, ma Alice tornò dalle sue amiche come se nulla fosse e accennò un ghigno di vittoria e loro ricambiarono: forse era davvero così, forse davvero Alex era un bambino incompreso che poteva cambiare, forse c'era solo bisogno di una spinta. E questo stavano iniziando a realizzarlo in alcuni, alcuni erano preoccupati succedesse del male ad Alice, alcuni le ingiuriavano un anno o più di sfiga per averci parlato...ma Alex era solo un bambino, non era un mostro eppure per molti era il figlio del diavolo.

Ma Alice non ci credeva affatto a quelle voci e volle stare in compagnia di Alex per sapere di più. I giorni passavano e Alice ed Alex diventarono amici: in classe parlavano di libri e lei passava a trovarlo a casa sua e lui le faceva vedere il bosco nonostante lei lo conoscesse già bene, le faceva esplorare più a fondo quello che era il fantastico mondo della natura parlando di ninfe e di satiri, parlando di animali e piante.

Alex bussò alla corteccia di un albero e sussurrò parole incomprensibili ed Alice stette a guardare: subito dopo un uccellino, un pettirosso, si posò sul braccio di egli ed iniziò ad intonare una musica tutta speciale: altro che figlio del diavolo, quello per loro era il vero paradiso!
<<ma come fai??>> chiese curiosa Alice.
<<lo faccio e basta, loro mi ascoltano ed io ascolto loro.>> rispose, freddo come al solito, Alexander.
<<capisco...>>

I genitori del bambino fecero presto a tornare ed Alice dovette scappare via, aveva paura a incontrarli perché Alex l'aveva minacciata di non farlo mai o sarebbero capitate cose brutte e lei stava ad obbedire.

Una volta che Alice se n'era andata una voce femminile sulla quarantina rimbombò per tutta la casa.
<<Alexander suvvia! Sbrigati con questo pasto, ho una fame da lupi.>> il fanciullo annuì e si recò ai fornelli.
<<Sbrigati ho detto, disgraziato!>> lo bacchettò la madre con un fare da vecchia professoressa degli anni '50.

Alex stette zitto durante il pranzo, come stava zitto durante la colazione e durante la cena — gli spuntini non glieli concedevano nemmeno — e il padre e la madre parlavano d'affari e banchettavano fieri dei loro loschi modi di fare.

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