Capitolo 18: non era il cuore

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Alex, ancora scosso dalla notte prima, andò a scuola dopo giorni di assenza.
Subito Alice si scaraventò di fronte a lui e lo abbracciò senza il consenso del ragazzo che ne risultò abbastanza infastidito. Alex non aveva da tempo avuto una reazione tale agli abbracci di Alice, prima gli facevano piacere.
Alice lo notò subito e scrutando il suo sguardo vuoto gli chiese
<<come stai Alex, come mai tutti questi giorni di assenza?>>
Alex stette muto per un po' per poi accennare un ghigno.
<<avevo da fare ma sto bene.>> disse freddo e si sedette al proprio posto.

La giornata scolastica proseguì in maniera monotona e soporifera, Alex dormì sul banco per almeno due ore sicché ne risentiva dell'insonnia della notte prima.
Le ragazze il pomeriggio andarono a trovare la loro amica in clinica, tutte molto felici di rivederla.

Rebecca era esausta, non ce la faceva più ad esser costretta a mangiare e stare lì dentro e abbracciò tutte in maniera calorosa: era veramente contenta di vedere le sue amiche care, soprattutto Flaminia che fu la prima a scoppiare a piangere dopo aver visto sua sorella non-di-sangue. Rebecca raccontò alle ragazze della sua nuova amicizia con la signora cinica e fumatrice, Antonia, le parlò dei gruppi e della gentilezza di tutti i dottori che aveva incontrato ma purtroppo non c'era solo il lato bello: Rebecca parlò di quanto si sentisse pressata, pesante, in gabbia. Questo è più o meno quello che prova tutti i giorni una ragazza ricoverata, anzi, una bambina.

Torniamo ad Alex, tornò a casa da solo con lo scuolabus e passò la sua giornata — dopo aver servito e riverito i genitori — a leggere, quando ad un certo momento gli venne l'idea di fare un giretto in bici.
Decise di percorrere un sentiero che era solito percorrere con la bici e pedalava...pedalava...mentre ascoltava la musica spensierato per essersi tolto quel peso. Fu lì che spuntò all'improvviso una figura che per poco non investì: frenò in modo ferreo e spalanco gli occhi davanti all'alto ragazzo dagli occhi ipnotici che si trovava davanti a lui, Giorgio che aveva il cuore del capro in mano e ci giocherellava guardandolo cupamente
<<G-g-giorgio! Che sorpresa!>> disse sbalordito il mulatto.
L'albino prese di forza la bicicletta e lo fece cadere, Alex piombò a terra e non fu per lui nemmeno un attimo per realizzarlo che l'altro iniziò a calciarlo e calciarlo e infine gli gettò il cuore del capro addosso: era la fine.
<<come hai osato lurido sorcio infame di ingannare l'unico che ti ama>> disse malignamente il più grande. Lì il più piccolo si alzò da terra faticosamente e mormorò uno:
<<scusami, davvero...>>
Lì Giorgio fece un sorriso di pena, quasi intenerito. Lo prese per entrambe le mani e gli disse:
<<per farti perdonare, seguimi, ho un piano>> disse trascinandolo nel bosco e lasciando quella lercia bicicletta a terra.

Una volta arrivati al solito punto, lo strano ragazzo fu pronto a raccontare il piano.
<<tu ed io, assieme, uccidiamo i tuoi genitori!!>>
<<non...>> tenne la testa bassa l'altro ma Giorgio gli alzò il mento, gli sorrise e fece un salto esclamando:
<<ASSIEME!!>> alzò le braccia al cielo <<libertà...>>
Il più piccolo ridacchiò, poi lo guardò in quegli occhi ipnotici e tornò serio.
<<lo facciamo assieme.>> disse Alex.
<<certo...e poi...ci prendiamo casa tua e andiamo a vivere...>>
<<assieme.>> dissero all'unisono ed Alex annuì
<<d'accordo.>> disse Alex convinto, o forse ipnotizzato.
L'albino gli baciò la fronte e lo abbracciò stretto, graffiandogli le spalle scoperte dato che era in canottiera. Il più piccolo si immerse nel caldo abbraccio e ignorò il dolore.

Stavano per tramare il più grande piano malefico mai ideato, o almeno, mai ideato in un paesino in provincia di Roma.

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