Capitolo 2 - Non avrò bisogno di una spalla su cui piangere

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Il passerotto sta cinguettando ancora. Tanto non riesco a capirlo. Non so se è arrabbiato riguardo la scelta che ho fatto poco fa. Ma, ormai, è una decisione che ho preso, non può farci più nulla.

Ce la posso fare. Ce la posso fare. Ce la posso fare.

Che ci vuole? Paul apre la porta, io entro di soppiatto e rubo qualcosa. Sono solo tre azioni da fare. Tutto qui! E il gioco è fatto.

Speriamo che Paul sappia davvero aprire una porta chiusa a chiave, altrimenti siamo fregati. Dobbiamo essere veloci.

"Martha!" È la voce di Karol.

Mi alzo dalla panchina. C'è anche Miriam. "Come state?" Che bello vederle. Corro subito verso di loro.

Karol alza il dito bloccato da un tutore. "Bene, dai. Potevo morire, ma sono viva."

Le abbraccio con forza. Sono davvero felice che siano qui. "Per fortuna che puoi raccontarlo."

Ridiamo.

Miriam appoggia la testa sulla mia. "È da ieri sera che non rispondi sul gruppo. Ci stavi facendo preoccupare."

È vero. Loro non sanno niente della rissa di ieri notte. Sono le mie migliori amiche e non ho ancora avuto il coraggio di parlare con loro. Mi stacco dall'abbraccio. "Scusatemi. Non l'ho fatto apposta. Purtroppo, ieri ho avuto una serata piuttosto intensa."

"Anche io." Karol sventola il dito rotto e sorride.

Magari fosse successa una cosa così semplice. Ieri notte, ho temuto di morire. La violenza di quella bestia, lo sguardo senza scrupoli, la sensazione di essere spacciati... Avrei dato in cambio qualsiasi cosa pur di non vivere quel momento. Avrei sopportato addirittura un dito rotto.

Miriam è accigliata. Anche se sono lì, davanti ai suoi occhi, sembra preoccupata. "Cosa è successo ieri sera?"

La domanda mi colpisce in pieno. Quell'ormai familiare groppo in gola riappare dal nulla, come se fosse sempre stato lì. Pronto ad avvinghiarmi. È strano come una domanda così semplice, possa innescare emozioni così intense e complicate.
Forse, mi avrebbe potuto dire anche 'Come stai?' e sarebbe successo lo stesso.

"Niente."

Non credo di aver pianto abbastanza per quello che è successo ieri. La vista si appanna. Le lacrime si uniscono tra di loro, aumentano di volume e cadono senza controllo sul viso.
Non posso portarle indietro. Posso solo farle scendere in caduta libera e, stavolta, vivermi il momento.

Karol e Miriam mi abbracciano al volo. Ho proprio bisogno di loro. Le stringo a me e continuo a piangere, ma senza fare rumore. Il respiro è irregolare e ho giusto qualche apnea. Credo si capisca che non ho ancora smesso di piangere. Sono libera di piangere. Me lo merito e con loro posso.

Il contatto delle loro mani che sfregano la schiena mi fa stare bene. Sprofondo sulla spalla di Karol. Vi voglio bene.

Mi consola con una piccola pacca. "A noi puoi dire cosa è successo."

"Abbracciatemi ancora un altro po'."

Chissà quando dimenticherò quella storia. Ho avuto paura, coraggio, rabbia...

La tasca di Miriam vibra: è il telefono. "Dev'essere mia madre." Lo sfila. "Aspettate un attimo che rispondo." Si allontana qualche metro più in là.

Karol mi accarezza la guancia. "Allora? Mi vuoi dire cos'è successo?"

Adesso, non mi va di parlare della rissa. Mi asciugo le lacrime con le nocche. "Vorrei non parlarne."

"Ok, allora non ne parliamo. Quando te la senti, me lo dici. Comunque, stai bene?"

Inganni nel Cuore (Italiano)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora