Capitolo 5 - La mia vita è un disastro

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Devo dire che questa lezione di storia è interessante. Mi sta piacendo. Toc toc.

La professoressa si gira verso la porta. "Avanti."

È l'inserviente. Oddio, cosa vuole?

"Buongiorno, il preside ha convocato Martha Smith nel suo ufficio."

"Va bene." Abbassa gli occhiali sulla punta del naso, mi cerca e mi trova. "Martha, puoi andare."

Oh, no. È per il Walkman? Sì, credo sia proprio per quello. Cos'altro sennò?

Prendo la borsa, meglio tenerla con me. Il preside non può mica obbligarmi di fargli vedere cosa c'è all'interno. Sono al sicuro.

Mi alzo dalla sedia, Karol non mi degna di uno sguardo: è arrabbiata con me. Adesso, starà pensando: 'Gliel'avevo detto'. D'altronde, me lo aveva detto sul serio che mi sarei messa nei guai.

Esco fuori dalla classe e mi avvio dal preside, scortata dall'inserviente.

"Prima la sigaretta... e, adesso, che hai combinato?" L'inserviente ha la faccia delusa.

Devo inventarmi qualcosa, e alla svelta. "Non so cosa vuole il preside da me. Forse mi vuole ridare il Walkman che mi aveva sequestrato."

"Dici? A me sembrava piuttosto arrabbiato."

"Io non ho fatto niente." Devo convincermene. Devo pensare che non ho fatto nulla di sbagliato.

"Comunque, secondo me, essere convocata dal preside nel giro di così pochi giorni, non è per niente un buon segno."

Ma che vuole da me? "Vedrai che ci sarà stata un'incomprensione." Quanto vorrei che sia così.

Saliamo le scale. Le stesse che la scorsa notte mi hanno impaurita, ma, adesso, lo stanno facendo ancora di più. Sono sempre le solite scale fatte di gradini, ma con una grande differenza: ieri, c'era la paura dell'ignoto, non sapendo cosa sarebbe spuntato dietro l'angolo; invece, oggi... so benissimo a cosa sto andando incontro.

Pensavo che la paura dell'ignoto fosse la cosa peggiore, ma, certe volte, sapere di che morte si deve morire è peggio.

L'unica cosa a mio vantaggio è che posso pensare a qualche scusa da dire.

L'ultima rampa di scale: chiudo gli occhi. È tutto buio e le mie gambe vanno in automatico. Proprio come ieri notte. L'unica differenza è che non c'è Paul, che mi stringe la mano e mi guida in sicurezza.

Mi stanno sudando le mani. E adesso che gli dico al preside? Sì, devo fare finta che sto andando lì per riavere il mio Walkman. D'altronde, oggi è scaduto il terzo giorno di punizione.

Il piede va a vuoto: ultimo scalino. Riapro gli occhi. Ora, c'è il corridoio che va all'ufficio del preside.

Forza, Martha! Posso riuscirci. Sono riuscita a fare così tante cose in questi giorni che non pensavo sarei stata in grado di fare.

Ho preso a calci quella brutta bestia del padre di Lucas. Mica è roba da poco. Ho scavalcato il muro della scuola, che sarebbe stato impossibile da superare per la vecchia me. Ho preso il Walk-.

"Siamo arrivati. Puoi entrare."

Non mi ero proprio accorta di essere già arrivata.

Quindi, entro e faccio la finta tonta. Posso farcela. Posso farcela.
Faccio una bella inspirazione e butto tutta l'aria fuori dai polmoni. Busso alla porta.

"Avanti."

"In bocca al lupo, ragazzina." L'inserviente sorride.

Il preside è una persona, non è un alieno. Posso affrontarlo. Apro la porta.

Inganni nel Cuore (Italiano)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora