Capitolo 3 - Oggi, mi sono sentita viva come non mai

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Le luci dei lampioni illuminano il muro della scuola. Dobbiamo solo scavalcarlo e siamo dentro. Guardo Paul, in silenzio.

Sussurra. "Se non vuoi farlo più, ti capisco. Non ti costringe nessuno."

Il sudore sulle mani parla chiaro: sono stressata e, in questo momento, vorrei scappare. Perché mi stanno tremando? Stringo i pugni per fermarle.

Faccio un lungo respiro. "No! Sono con te. Facciamolo." Mi asciugo il sudore sui pantaloni.

Paul sembra calmo, si stringe lo zaino, che ha sulle spalle, e mi fa un cenno con la testa. "Allora andiamo." Guarda il muro. "Ti aiuto a scavalcare. Sali con il piede sulle mie mani." Incrocia le dita e crea un gradino con i palmi.
Posso farcela.

Ho più forza con la gamba destra: uso quella. Metto la suola della scarpa sulle mani di Paul: lo scalino sembra resistente. Mi appoggio sulle sue spalle.

Sorride. "Sei pronta?" No, ma annuisco lo stesso. "Al mio tre, ti do lo slancio e tu spingi con il piede sulle mie mani."

"Ok."

"Uno." Molleggia sulle gambe. "Due." Non so se ci riesco. "Tre!" Ora cado.

Mi spinge con tutta la forza verso l'alto e io, con uno sforzo intenso, riesco a stendere la gamba. Appoggio le mani e il ginocchio sul muro: vedo la scuola.

"Ci sei?" Paul mi tiene ancora e spinge con le braccia.

Ce l'ho fatta. Ce l'ho fatta. "Sì, sono sopra." Mi metto a cavalcioni.
Wow, che sensazione.

"Ok, ora salgo anche io."

Paul trova delle fessure sul muro e riesce a tirarsi su grazie a queste. Che atleticità! È a cavalcioni anche lui: siamo molto vicini e le scarpe si toccano. "È bella la scuola di notte, vero?"

Mi giro attorno. È deserta, ma i lampioni sono accesi lo stesso. La chioma della quercia ondeggia nel silenzio. "Bella, sì." Sono a un passo da una cosa che non avrei mai pensato di fare. Un brivido mi percorre la schiena. Aspetta un attimo: è alto quassù. "Ora come scendiamo?"

Paul porta entrambe le gambe al di là del muro e si cala con la forza delle braccia. I piedi grattano il muro, alcuni pezzettini cadono a terra. Si lascia andare e attutisce il salto rannicchiandosi sulle ginocchia.
Che salto perfetto. Se lo faccio io, mi spezzo le gambe.

"Ora, ti tengo io."

"Ma devo saltare?"

"No, no. Metti entrambe le gambe al di là del muro e lasciati cadere giù aggrappandoti con le mani. Poi ti stringo le gambe e ti porto giù."

Ok, questa è la parte più difficile, se non mi spacco la faccia ora, posso dire che la missione è completata al 50%.

Qui ci rimango stecchita. Porto le gambe al di là del muro e la maggior parte del mio peso è sulle braccia. Oh, merda.

"Ora calati giù."

Facile per lui parlare. Le scarpe sul muro non hanno un vero appiglio. Paul mi afferra il tallone e mi fa sentire che c'è un buco in cui mettere la scarpa. In effetti, ho più stabilità così.

"Prova a scendere. Ci sono io giù."

Ok, cerco di scendere. Uno. Due. Tre.

"Mi prendi?"

"Sì, sono qui apposta!"

Vado. Mi calo, il piede scivola dal buco e perdo la stabilità. La sensazione di vuoto mi dà un pugno nello stomaco. Il corpo sbatte contro il muro, ma ho le braccia ancora aggrappate che sorreggono il mio peso. C'è mancato poco che raschiavo la faccia!

Inganni nel Cuore (Italiano)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora