3. Azzurro

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Tre minuti mancavano alla destinazione, eppure sembrava di girare in strade completamente isolate senza un minimo di abitazioni.

Una controllata volante allo specchietto della macchina di massimo dieci centimetri rispecchiava il mio volto stanco e i capelli biondi gonfi.

Ero stanca anche se mi ero appena svegliata.
In Abruzzo non ci ero mai stata, era un nuovo posto per me, non sapevo che ben presto lì ci avrei lasciato il cuore.
Palme lungo la strada e gente in costume che sfilava senza problemi.
Eravamo arrivati.
Un hotel alto e grande ad un centinaio di metri dal mare.
Parcheggiata l'auto, presi la mia valigia subito perché volevo vedere la camera e mettermi il costume.
Salii sulla rampa di salita delle valigie perché non avevo voglia di farmi nemmeno cinque gradini.
Per entrare in hotel devi per forza passare per la piscina perché la porta è alla fine della vasca.
In piscina c'erano tre ragazzi, due maschi e una femmina.

Lei mi ha sorriso.
Lui è molto bello.
L'altro era girato.

Al check in la signora ci diede le chiavi dicendo:
<<Mettete pure le valigie in camera poi scendete subito che apre la sala pranzo>>
La camera era la 208, io amo i numeri pari infatti quando lessi la targhetta di metallo sulla porta mi partì un sorriso spontaneo.
Non so perché ma mi piacciono le cose equilibrate, quelle che vanno a due a due come i numeri pari.

La camera tutto sommato era "vivibile" un letto singolo attaccato alla parete che divideva il bagno con la camera, il mio.
Un letto matrimoniale al centro della stanza.
Il bagno era veramente piccolo, in doccia a malapena ci si entrava.
Avevo il balcone, piccolo e stretto, con la grata per appendere i vestiti, un tavolino e due sedie sulla quale mettevo sempre gli asciugamani da asciugare.
Affacciava su altri hotel mostrando infine un piccolo pezzo di mare.

Appoggiai la valigia sul letto con le ruote sporgenti fuori dal materasso, presi il primo costume, due pezzi nero e andai in bagno per infilarmelo.
Me lo ricordo ancora.
Presi la valigia ancora aperta e la appoggiai sotto al letto.
<<Andiamo giù a mangiare>> disse mia mamma dopo aver finito.
Il corridoio non me lo scorderò mai, pavimento sui toni del marroncino scuro morbido e le pareti azzurre con qualche quadro appeso tra una porta e l'altra.
Quanti ricordi lì.
La sala della mensa era davvero grossa, aveva due spazi, uno dentro e l'altro fuori, entrambi collegati.
Io ero fuori vicino alla porta che dava sulla sala interna attaccata al muro, anch'esso azzurro.
Finito di mangiare tornai in camera per lavarmi i denti e preparare lo zaino per la spiaggia.
Un salviettone e il mio libro.
Mezz'ora dopo scesi giù e con mia mamma andai in spiaggia per chiedere l'ombrellone.
Eravamo in una delle ultime file per il primo giorno e poi ci avrebbero spostati più a riva.

Non avevo più visto quei ragazzi.
Dov'erano?

Una settimana per innamorarsi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora