Capitolo 30

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Sto bene.
Ho soltanto un piccolo nodo in pancia.
Mi viene un po' da piangere e vorrei gridare che tutto mi ferisce.
Ma si.
Sto bene.

POV Elle

La giornata scolastica iniziò con la solita routine, ma c'era qualcosa di diverso nell'aria, una tensione sottile che non riuscivo a spiegarmi. Entrai nella scuola con lo zaino pesante sulle spalle, cercando di mascherare la stanchezza con un sorriso di circostanza. Sophie e Mia erano già al loro solito posto nell'atrio, chiacchierando animatamente di chissà quale gossip o nuova cotta. Mi unii a loro, cercando di scrollarmi di dosso la sensazione di inquietudine che mi portavo dietro da giorni.

Le lezioni procedettero in modo monotono, i professori spiegavano concetti che sembravano lontani e inafferrabili, mentre io facevo del mio meglio per mantenere l'attenzione. Ma la mia mente continuava a vagare, tornando sempre allo stesso pensiero. Aaron. Non riuscivo a spiegarmi perché, ma ogni volta che chiudevo gli occhi, era il suo volto che vedevo. Era frustrante, e più cercavo di ignorare quei pensieri, più tornavano insistenti.

Durante una delle pause tra le lezioni, mentre stavo riponendo i libri nello zaino, alzai lo sguardo e lo vidi. Aaron camminava nel corridoio, la sua figura alta e sicura di sé si faceva strada tra gli studenti con una disinvoltura che lo contraddistingueva. Indossava il solito giubbotto di pelle, quello che lo faceva sembrare ancora più intoccabile, e i suoi occhi scrutavano l'ambiente con quella calma apparente che celava chissà cosa.

Non potei fare a meno di seguirlo con lo sguardo, il cuore che batteva un po' più forte del normale. Per qualche motivo, che ancora non mi era del tutto chiaro, mi ritrovai a cercare il suo sguardo, come se una parte di me volesse che lui mi notasse, anche solo per un istante. E quel momento arrivò. I nostri occhi si incrociarono per una frazione di secondo, e in quel breve contatto visivo, sentii un brivido lungo la schiena. Fu solo un attimo, ma abbastanza per farmi chiedere cosa diavolo mi stesse succedendo.

Distolsi lo sguardo in fretta, cercando di concentrarmi su qualcos'altro, ma la sua presenza sembrava incombere su di me, anche quando non era più visibile. Non capivo perché mi importasse così tanto, ma la verità era che non riuscivo a smettere di pensarci.

Mentre chiacchieravamo del più e del meno, la campanella suonò, segnalando l'inizio della nuova lezione. Ci dirigemmo verso la prima quarta classe della giornata, storia con il professor Beckins. Era una di quelle lezioni che non riuscivo mai ad affrontare con serenità. Beckins era noto per essere uno dei professori più severi e inflessibili della scuola. Alto e magro, con un viso angoloso e occhiali sottili che gli pendevano sempre sulla punta del naso, aveva una presenza che incuteva un certo timore. Non era tanto per la difficoltà della materia, quanto per il suo atteggiamento rigido e sarcastico che rendeva ogni lezione una sfida.

Appena entrati in classe, ci sedemmo ai nostri banchi. Il professor Beckins stava già scrivendo alla lavagna, le sue spalle rigide e il gesso che scricchiolava sul nero del quadro. Le parole "La Guerra dei Cent'Anni" erano scritte in caratteri precisi, mentre lui girava pagina dopo pagina del libro di testo, pronto a darci un'altra delle sue lezioni meticolose. Tentai di concentrarmi, ma i miei pensieri continuavano a vagare, ritornando inevitabilmente ad Aaron. Cosa c'era in lui che mi faceva sentire così nervosa? Perché, ogni volta che lo vedevo, il mio cuore sembrava perdere un battito?

<<Signorina Johnson.>> La voce del professor Beckins ruppe il mio filo di pensieri. Sollevai lo sguardo, sorpresa, mentre tutti gli occhi in classe si giravano verso di me.

Due anime in fiammeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora