Capitolo cinque

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"Scoprii presto che il Regno dei morti era un luogo pacifico.  A renderlo un'inferno era lui."

-Sunny

L'Oltre è un luogo che supera la mia più fervida immaginazione. I colori caldi della pietra su cui cammino ricordano il rosso, il marrone e il nero. Ma alla mia vista non si somigliano; una vista che ha perso la vita vede tutto più spento. La pietra a contatto con i piedi mi provoca dei brividi, ricordandomi la vaga sensazione che si prova al contatto con il freddo, ma nessuna temperatura viene percepita, forse perché sono priva del mio corpo.

Una nebbia grigia si leva dal suolo, nascondendo i piedi ormai consumati dall'incessante camminare. Senza sosta, senza acqua o cibo. Ma l'anima non necessita di queste cose.

L'odore di bruciato e una leggera fuliggine permangono nell'aria; il sapore amaro che sento sulla lingua è quello del sangue.

Il passo costante su cui vacillo si interrompe all'inizio di una gradinata che porta a un arco a specchio. Dai gradini scende lava, luminosa e incandescente. Non scorgo paura al tocco con la pianta del piede, né dolore, un ricordo che non sono fatta di carne e che l'ambiente non è vero. Un cartello attira il mio sguardo alla cima, una scritta, un avvertimento.

"Se Oltre vuoi andare, la tua anima devi guardare.
Se ciò che vedi non ti piace, resta sul sentiero e il buio abbraccia.
Ma se coraggio avrai, e il passo avanti fai,
con la verità davanti, oltre la morte tu andrai."

Un piccolo cartello si aggiunge sotto come per magia.

"Ps: diffida di colui che il finale conosce, colui che la vita vuole rubare."

Non capisco metà delle parole scritte. Rivolgo comunque lo sguardo all'arco dove, all'interno, si mostra uno specchio ad acqua; immagino che gli oggetti comuni dei mortali qui non esistono.

La prima cosa che noto sono i miei occhi; il rosso che li caratterizza e che tanto viene disprezzato è svanito, lasciando iridi opalescenti che si abbinano ai capelli dello stesso colore, come il pallido incarnato. Un aspetto lugubre. Le labbra sono colorate di un rosso scuro, gocce di sangue colano dagli angoli, spiegando il sapore ferreo che pregusto. Il corpo sembra riflettere una leggera forma di quello che era in carne, ma la luce bianca che lo incornicia non permette di scorgerne il contorno o di definirlo. Un'anima messa a nudo.

L'unico colore che spicca sul candido è il cremisi. Si mostra sulle labbra, sui piedi, all'altezza dei polpacci e in piccoli altri squarci sparsi per il corpo. Le ferite dell'anima, il dolore che ho subito nella vita. Di quelli che non guariscono più.

Oltrepassare lo specchio è più difficile; la sensazione che mi porta è simile a quella che si prova quando ci si immerge nel mare. Le orecchie sembrano ronzare come tappate; i passi sono lenti e faticosi, la corrente spingermi via, ma il peso che porto sembra essersi alleggerito.

La freschezza che spero mi investa è alleggerita da un solletico appena percettibile; gli occhi rimangono aperti senza incontrare alcun fastidio e i polmoni sembrano respirare l'acqua senza difficoltà.

Ben presto, le acque cristalline in cui sono immersa si dipingono di macchie nere, sfocate dalla lontananza; una sensazione di familiarità mi pervade nello scoprire che sono anime. Con tutta la forza che può possedere il mio spirito, mi spingo verso l'ombra a me più vicina, un tentativo di interazione, la speranza che mi aiuti a uscire dallo specchio. Un barlume di interazione umana, ma niente lo è.

Un'enorme corrente d'aria mi spinge lontana dall'anima; le acque calme in cui sono immersa si increspano in una danza furente, le onde travolgono le ombre muovendole in un turbine infinito, colloidi ne oscurano le forme, dissolvendole. Il terrore si fa largo tra gli spiriti che, disperati, sporgono le mani in cerca di aiuto, ma la marea in tempesta imperversa infinita e la causa di essa giace oltre.

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