Capitolo dodici

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"Per la prima volta dalla mia Morte, desiderai sentire la sua disperazione alla mia vista."

-Sunny

Black POV's

<<B-Black,>> il mio nome esce dalle sue labbra in un sussurro, flebile e vicino all'esaurimento. Sento un opprimente sentimento travolgermi, sussurrarmi di aiutarla ad esalare il suo ultimo respiro, convincermi a prendere la reliquia che indossa. È lo stesso sentimento che non mi permette di starle lontano.

Guardo la sua esile anima contrarsi dagli spasmi di dolore, i muscoli irrigidirsi ad ogni piccolo movimento, gocce di sudore colare dalle tempie per lo sforzo disumano, le piccole ciocche di capelli candidi appiccicarsi sulla sua fronte.

Il respiro irregolare mostra uno stato di agitazione e sofferenza, il peso che il suo corpo cerca di contrastare, ma le reliquie sono troppo potenti per una semplice umana. Accosto la mano al suo viso, spinto dal desiderio di sfiorarlo. Accarezzare la sua candida pelle, che appare delicata, dimostrare ai miei occhi che un semplice tocco non l'avrebbe frantumata, che quella piccola anima è più forte di molte altre. Sentire il calore della sua pelle al contatto con la mia, permettere al calore del mio corpo di adattarsi a ciò che il suo richiede.

Una forza innaturale si frappone al mio desiderio di sfiorarla, bloccandomi a metà strada. L'irritazione inizia a solleticarmi le punte delle dita, un modo per liberarsi da quell'obbligo. <<Non ti azzardare a toccarla.>> Sposto con fatica lo sguardo dalla fragile anima a quello di Morte.

Mi osserva inorridito per ciò a cui sta assistendo, la soddisfazione si fa largo sulle mie labbra in un leggero sorriso. Le uniche volte in cui riesco a tollerarlo è quando lo infastidisco. 

<<Che bello vederti, fratello, non mi aspettavo di incontrarti.>> Guardo il suo volto contorcersi in un'espressione rigida alla vista del mio sorriso, l'astio tra noi sembra occupare lo spazio che ci separa, rendendo la stanza troppo piccola per entrambi. Eppure, nonostante la scomoda situazione, il corpo non fa altro che opporsi a quel comando per raggiungerla.

<<Abbiamo smesso di essere fratelli, non ricordi?>> La domanda che mi fa sembra stupida; porta la mano alla mente, fingendo confusione, ma nulla di nuovo. È la persona più falsa che conosca. <<Sei stato tu a deciderlo.>> 

Un brivido di rabbia mi scuote, immobile al ricordo del suo inganno; il retrogusto amaro mi pizzica la lingua. Il sorriso che mi rivolge non fa altro che pervadermi di una rabbia cocente, sento gli occhi offuscarsi per tale sentimento.

<<Perché mi hai tradito?>> Un lungo silenzio interrompe la nostra conversazione, una delle più lunghe che abbiamo da decenni ormai. Non osso spostare lo sguardo dalla sua figura per non lasciarmi scoperto a qualsiasi attacco, ma il desiderio di riportarlo sulla piccola anima inizia a stancarmi.

Un lieve sorriso mostra i suoi candidi denti perfetti. <<Ho ancora il sapore dolce sulle labbra al ricordo.>> Come per pregustarlo, ci passa sopra la lingua lucidandole. Il disgusto mi assale alla conferma che non gli importi. 

<<Ma adesso torniamo a noi. Cosa pensi di fare?>> Alla fine della domanda, i suoi occhi glaciali si posano su tutta la mia figura per bloccarsi sulla mia mano, ancora speranzosa di sfiorarla. Un dettaglio che non avrei mai voluto mostrargli.

<<Stavo cercando di svegliarla,>> rispondo con aria innocente, accompagnata da un leggero sorriso di sfida, qualsiasi cosa pur di distrarlo dalle mie azioni. Vedo la sua figura di poco più piccola avvicinarsi, le viscere si contorcono allarmate, temendo che presto accada qualcosa di sgradevole. Perché quando si mette in mezzo lui, è sempre sgradevole.

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