Capitolo 1

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Roma si dispiegava davanti ai miei occhi mentre il taxi ci conduceva verso il nostro nuovo appartamento.
Le strade affollate, i palazzi storici e i caffè all'aperto creavano un'atmosfera vivace e affascinante, ben diversa dalla tranquillità del nostro paesino del sud. Accanto a me, Alberto era travolto da un entusiasmo contagioso.
«Guarda, Bianca, quello è il Colosseo! E lì c'è la Fontana di Trevi!» esclamò, indicando con il braccio.
Sorrisi, ma dentro di me cresceva un'ansia palpabile. Roma era un labirinto di esperienze e opportunità, ma anche di sfide. L'immensità della città mi opprimeva, eppure ero determinata a fare di questa avventura più di una semplice transizione.
Quando arrivammo al nostro appartamento, situato in un elegante quartiere vicino all'università, iniziammo a disfare i nostri bagagli e a sistemare i nostri effetti personali.
Il palazzo, con la facciata in travertino chiaro, si stagliava maestoso tra gli edifici circostanti. Le ampie finestre, adornate da tende leggere, lasciavano filtrare una luce morbida che disegnava ombre delicate sulle pareti bianche. L'attico, al terzo piano, sebbene modesto, era accogliente: Un divano beige invitava al relax, una scrivania in legno bianco era ingombra di cartoline di città italiane e una piccola libreria vuota, prometteva un futuro di letture e aspirazioni. La cucina a vista, con i suoi mobili bianchi e i piani di lavoro in laminato grigio, era ordinata e funzionale, al centro invece vi era un tavolo da pranzo tondo, con sedie un po' sbiadite. Un piccolo corridoio conduceva a due stanze arredate con letti singoli, armadi a due ante, scrittoi, specchi e una toilette. Le fiancate del medesimo colore di quelle dell'ingresso e le lampade con paralumi a righe completavano l'arredamento, con delle finestre che offrivano una vista sul vivace panorama cittadino.
«Pensi che ci abitueremo a questo posto?» chiese Alberto, esaminando l'ambiente con curiosità.
«Spero di si,» risposi, mentre sistemavo una pila di libri sullo scaffale. «Tutto sembra così diverso, ma sono certa che ci adatteremo.»
Alberto mi lanciò un sorriso incoraggiante.
«Il primo giorno è sempre il più difficile. Ricordo quanto eravamo impacciati il primo giorno di scuola!»
Annuì ,ripensando ai nostri primi giorni insieme. Avevamo sei anni quando ci incontrammo per la prima volta. Mi sentivo smarrita e sola su quell'altalena, immersa nei miei pensieri, quando Alberto, con il cappellino rosso e un sorriso sincero si era avvicinato.
«Ciao, io sono Alberto,» aveva detto con tono allegro. «Ti va di giocare insieme a me?»
La sua gentilezza era stata un rifugio in una giornata grigia. Da quel momento eravamo diventati inseparabili. Le nostre avventure nel cortile della scuola e le risate condivise erano diventate il nostro rifugio.
Rammento anche il periodo delle medie, quando le mie insicurezze erano particolarmente forti. Un giorno, mentre ci trovavamo seduti su una panchina del parco vicino casa mia, avevo confidato ad Alberto le mie paure.
«A volte sento che tutto è troppo complicato. Mi sento sempre un passo indietro. Non so se troverò mai il mio posto.»
Alberto mi guardò con attenzione. «Non devi affrontare tutto da sola. Segui il tuo istinto, un passo alla volta. E io sarò sempre qui per te.»
Col passare degli anni, avevo accumulato esperienze e sfide che avevano messo da parte i miei sogni. Ora, mentre mi preparavo a iniziare questa nuova vita a Roma, ero pronta a riscoprire e affrontare le mie paure.
La sera, mentre Alberto era fuori a comprare qualcosa da mangiare, mi sedetti sul divano e guardai fuori dalla finestra. Il panorama era mozzafiato : Le luci della città brillavano come una miriade di stelle, mentre il rumore lontano del traffico e le risate dei passanti creavano un sottofondo vivace. Le persone che camminavano per le strade sembravano sicure di sé e pronte ad affrontare il mondo. Mi sentivo diversa, come se una barriera invisibile mi separasse da quella sicurezza.
Quando Alberto tornò con la nostra cena e un grande sorriso, si sedette accanto a me e disse : «Ho preso una pizza e due Ichnusa per festeggiare. Non credi sia il modo giusto per iniziare la nostra avventura?»
«È perfetto,» risposi, cercando di mettere da parte i miei conflitti interiori.
Durante il pasto, Alberto parlava con entusiasmo dei piani per il giorno successivo, poiché sarebbe stato il nostro primo giorno da matricole, e dei posti da visitare una volta terminate le lezioni odierne.
«Alb,» dissi con un sospiro, «sono felice di essere qui con te. Mi sento più sicura sapendo che non sono sola.»
«Non c'è motivo di preoccuparti,» rispose lui con determinazione. «Siamo insieme, in questo. E se hai bisogno di qualcosa, sai che ci sono sempre ...»
Le parole di Alberto mi infusero un po' di conforto. Anche se una parte di me era incerta e spaventata, avevo al mio fianco il migliore amico che potessi desiderare.
Rimasi seduta per qualche minuto con il cartone di pizza ormai vuoto davanti a me. Mi alzai, dando la buonanotte al ragazzo al mio fianco, e mi avvicinai al letto. Con un sospiro profondo, mi sistemai per la notte, pronta ad affrontare il giorno successivo con rinnovata determinazione e speranza.

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