[ 3 ] La scelta

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Vivere a Babel non è mai stato gratuito, ma non biasimavo l'azienda creatrice per aver impostato una tassa mensile. Eravamo vivi grazie a loro, dopotutto.

Nei primi anni dopo il Disastro della Caldera, secondo ciò che ho sentito, la tassa non era eccessiva. Poi la popolazione era cresciuta, e lo spazio diminuito. Il contributo prese ad essere più consistente, anno dopo anno.

I miei genitori non mi hanno mai fatto mancare nulla, sono sempre stati lavoratori instancabili e parenti affettuosi. I problemi e le tragedie che ci hanno colpiti non sono attribuibili a loro ma, forse, a un destino sventurato.

Mia madre lavorava in una fabbrica, per tutta la giornata. Era tra i dipendenti più produttivi del suo settore, e quello che guadagnava, sommato allo stipendio di mio padre, permetteva a tutta la famiglia di avere sempre cibo abbondante in tavola e le comodità necessarie non solo per sopravvivere, ma per vivere davvero.

Poi ci fu l'incendio. Non so cosa non abbia funzionato nella catena di produzione, ma so che mia madre era dentro la fabbrica quando ci fu l'esplosione e il fuoco si propagò. Si salvò per miracolo, tratta in salvo da colleghi coraggiosi, ma le sue condizioni erano gravi. Io, mio padre e mia sorella rimanemmo al capezzale del suo letto d'ospedale per un intero mese, prima che si riprendesse. La sanità non era gratuita, e usammo gran parte dei nostri risparmi per salvarle la vita. Tutto quello che mia madre aveva guadagnato in anni di duro lavoro fu speso in medicine, trattamenti e terapie che le consentissero di ritornare a essere autonoma.

Ho ereditato la testardaggine e la determinazione di mia mamma, ne sono certa. Lei è sempre stata molto forte. Si riprese dal trauma più velocemente di quanto pensassimo, e finalmente smisi di versare lacrime e di pregare la Cupola per la sua salvezza. Smisi di pregare del tutto, e per qualsiasi cosa, quando la nostra vita andò a rotoli.

Non avevamo più soldi per pagare gli studi. Non frequentai mai il liceo, e mia sorella maggiore dovette interrompere il suo percorso e iniziare a lavorare come addetta alla pulizia dei condotti di ventilazione della città, quando aveva l'età che ho io adesso.

Mia madre non poteva più lavorare, e mio padre e mia sorella non guadagnavano abbastanza da finire di ripagare le spese e sostenere anche il peso delle tasse sulla vita in città. Piano piano, riuscirono a far fronte ai debiti per i farmaci e le cure, ma non bastava.

Un giorno giunse la lettera che cambiò la mia vita per sempre. Io e la mia famiglia eravamo tutti radunati attorno al tavolo, la superficie di legno spoglia, solo quella busta chiusa al centro. Sapevamo tutti cosa c'era dentro, ma allo stesso tempo l'idea di aprirla ci faceva paura.

Ancora una volta, mia madre fu la più coraggiosa dei quattro. Prese un coltello, strappò l'involucro e, cercando di tenere ferme le mani che le tremavano, lesse ad alta voce il contenuto del messaggio.

"La vostra famiglia non ha contribuito al versamento obbligatorio dovuto alla OxyGen Corporation e alla città di Babel. La vostra tassa ricopre il prezzo dell'ossigeno adeguato a un massimo di tre persone e non oltre. Un membro del vostro nucleo familiare dovrà lasciare Babel."

Il proseguo non fu più sorprendente di quanto avevamo già sentito. Toccava a noi scegliere chi avrebbe lasciato la città. Io avevo dodici anni, e l'idea mi parve così terrificante che iniziai a gridare «Io no! Io no!», e per poco non mi nascosi sotto il tavolo.

Mia sorella mi aiutò a calmarmi. Rimanemmo tutti seduti a cerchio, mano nella mano e in silenzio. Poi mio padre si alzò e parlò.

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