[ 8 ] Ryker

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L'attico non è diverso da come me lo immaginavo. La città dormiente è immobile, come catturata in un dipinto, metri e metri più in basso. Le uniche luci provengono da fuori: quelle dai cartelloni pubblicitari, o delle lampade che costellano le strade principali. Un'illuminazione fioca, ma sufficiente per muovermi nel pericoloso ambiente che sto invadendo. La casa è grande, e Ryker non sembra essere nel salotto in cui mi ritrovo.

Un fruscio proveniente da un divano ad angolo posto davanti a un enorme televisore al plasma cattura la mia attenzione, ed estraggo la pistola dalla tasca con uno scatto serpentino. Che stia dormendo lì?

Scendo gli scalini che portano nell'area bassa del salottino, e giro attorno al divano, il dito che sfiora il grilletto e il cuore che mi batte in gola e nelle tempie. Poi, probabilmente, salta un battito.

Sul divano non c'è il giovane imprenditore che sto cercando, ma una donna. Ha qualche anno in più di me, i capelli del mio stesso colore, lunghi e disordinati. Indossa una veste di seta rosa quasi trasparente. Braccia e gambe sono coperte di lividi, vecchi e nuovi. Ha gli occhi aperti, e mi fissa, le pupille dilatate. Le labbra schiuse, boccheggianti, alla ricerca di quell'aria che ci fanno pagare a caro prezzo.

Non riesco a muovermi per l'impatto che ha su di me, vedere Sanna in quelle condizioni. Mi lancio accanto al divano, lasciando a terra l'arma, le prendo una mano, chiamo il suo nome sottovoce, più volte.

Continua a guardarmi, ma sembra non vedermi. Non so cosa le hanno fatto, ma suppongo debba essere sotto l'effetto di una qualche sostanza. Provo a scuoterla, non troppo da farle male. Finalmente sembra riconoscermi.

«Neera...» pronuncia, con difficoltà, prima di singhiozzare, «... vattene. Non è sicuro.»

La mia priorità è cambiata. Ora so per certo che il mio obiettivo è portarla fuori di qua. In seguito penserò a cosa fare.

Cerco di aiutarla a mettersi seduta, ma il suo corpo si affloscia contro i miei arti, la testa le ciondola in avanti mentre continua a ripetermi le stesse quattro parole.

Dall'altra stanza sento un rumore di acqua che scorre, poi una porta che si apre e si richiude, e infine vedo un giovane uomo, alto e biondo, che esce dal bagno privato della sua abitazione, in vestaglia e ciabatte, e mi fissa allarmato.

Prova a correre verso la porta, ma riafferro la pistola e gli urlo di fermarsi e che, se emetterà un suono, gli pianterò una pallottola nella fronte.

Vedo il suo pomo d'Adamo muoversi mentre deglutisce un nodo alla gola e solleva le mani in segno di resa.

«Vuoi soldi? Gioielli?» mi chiede, «Posso darteli.»

Scuoto la testa e digrigno i denti. «Sono qua per te, Ryker. Cosa hai fatto a mia sorella?!» domando, ma so già quale sia la risposta. Voglio solo che ammetta i suoi sbagli.

Lui lancia uno sguardo al divano, poi lo riporta su di me.

«Possiamo trovare un accordo.» continua a cercare di persuadermi. «Farmi del male non è saggio. A qualche metro da noi, fuori dall'atrio, ci sono delle guardie che correrebbero qui al mio primo segnale.» Mentre parla, cammina facendo il giro opposto della stanza, andando verso la cucina, collegata al salotto. Tengo la pistola puntata su di lui, ma non faccio fuoco. Si sta allontanando dalla porta, e questo è solo un vantaggio per me.

«Se vuoi sopravvivere, raccontami la verità. Mia sorella non è pazza. Le hai fatto questo solo perché ha scoperto come stavano le cose.» lo accuso, in un sibilo rancoroso, «L'aria fuori dalla Cupola è respirabile, e chissà da quanto tempo. Non hai avvisato la popolazione semplicemente perché tenendo il segreto hai continuato a riempirti le tasche con il nostro denaro.»

Ryker si ferma per un attimo e sembra studiarmi. Abbassa le mani. «Sì, è vero.»

La tranquillità con cui lo dice non mi dà sollievo, mi rende solo più nervosa.

«Tu e la tua famiglia avete ingannato tutti. Avete condannato a morte delle persone inutilmente.»

«Babel è un'ideologia, è l'origine del nuovo mondo. Cosa speri di trovare, lì fuori?» mi domanda, riprendendo ad avvicinarsi. «Sono passati centoventotto anni dal Disastro della Caldera. La popolazione non saprebbe nemmeno da dove cominciare per ricostruire una civiltà. Tenerli qui è un atto di compassione. Meglio restare ignari della verità, che estinguersi.»

Sanna si agita sul divano, prova a sedersi, e si sforza tanto da riuscirci. Mi scuote un lembo della giacca e borbotta qualcosa.

«La popolazione sarebbe libera.» ribatto alla frase di Ryker, che si crede davvero un salvatore. «Il tuo impero sta per sgretolarsi. Quando uscirò di qui, dirò a tutti la verità. Anzi, gliela mostrerò. Come si rimuove la Cupola?» chiedo, diretta.

Lui sgrana gli occhi. «Sei folle. La gente darebbe di matto.»

Muovo la pistola, e di riflesso lui indietreggia. Cerco di fargli capire che non sto affatto scherzando. Gli ripeto la domanda, stavolta scandendo bene ogni singola parola.

Lui indica con un cenno della testa una scatola metallica in fondo al corridoio alla mia destra.

«C'è un meccanismo, nascosto tra i fili elettrici.» rivela quindi.

Forse spera che io gli volti le spalle e vada a controllare, ma stringo le palpebre e non gli regalo questa soddisfazione.

«Come lo attivo?»

Con un sogghigno, riconosce la mia prudenza. «C'è un codice di attivazione. La password è 2024.»

L'anno del Disastro della Caldera. Non mi stupisce.

«Aspetta. Non puoi aprire la scatola senza la chiave.» mi avvisa poi.

«Dove si trova?»

Sanna continua a mugolare e strattonarmi. Non le bado molto, so che è in stato di totale confusione.

«Ce l'ho io.» mi risponde, e prova a fare un passo, mostrandomi una minuscola chiave che tiene legata al collo come il ciondolo di una collana, «Devo avvicinarmi per dartela.»

Con una mano gli faccio cenno di avanzare. Sanna prova ad alzarsi. Ci prova e ricade più volte, ma non si arrende.

Ryker si sfila la chiave dal collo e la tende verso di me mentre avanza. «Tieni.» dice, e si ferma davanti a me. Quando allungo la mano, vedo solo che, con l'altro braccio, l'uomo fa uno scatto improvviso. Poi, nonostante i miei riflessi mi spingano a tentare di schivare, una lama affilata mi si conficca nella spalla.

Non l'ho visto afferrare il coltello dalla cucina, né ho fatto caso al fatto che tenesse una mano dietro la schiena, troppo concentrata sulla conversazione. Sono stata ingenua. Ma Sanna lo aveva notato, e ha cercato di avvisarmi.

Lancio un grido, indietreggio e purtroppo la pistola mi scivola di mano. Ryker si china a prenderla, lanciandomi un insulto, e mira verso di me. Chiudo gli occhi, sapendo che sta per uccidermi, ma quando sento il rumore dello sparo non provo dolore.

Sollevo le palpebre e vedo Sanna, avvinghiata a lui come un serpente costrittore. Ha spostato la sua mano per deviare la traiettoria del colpo, e con le unghie prova a graffiargli il viso. Lo spinge, caricandolo con ogni sua forza, e anche lui la spintona e le urla contro. La loro macabra danza li fa contorcere nel salotto. Non faccio in tempo a raggiungerli. Sanna lo spinge ancora, lui l'afferra e la tira a sé. La schiena di Ryker colpisce la parete di vetro e questa va in frantumi.

Sento le loro voci che si fanno sempre più ovattate e lontane, e poi un tonfo sordo che sembra uscito dal peggiore degli incubi.

Sotto la CupolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora