[ 7 ] Missione segreta

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Do un bacio in fronte a mia madre prima di uscire di casa. Sta dormendo sul divano, davanti alla televisione ancora accesa. Sullo schermo passa una pubblicità, un altro prodotto della OxyGen utile a pulire casa, una specie di robot. Noi non ce lo possiamo permettere, ma a lei piace guardare quegli aggeggi così innovativi che si alternano spot dopo spot, e immaginare di fare una vita agiata, in una casa bella e confortevole. Con papà, e con Sanna.

Fuori è quasi tutto buio. Il sole artificiale è spento e le strade sono deserte, che per me è un ottimo segnale. La gente lavora tutto il giorno, fino a sfinirsi, e nessuno ha voglia di festeggiare quando il mondo si fa buio.

È passato qualche giorno dalla conversazione con il mio loquace collega, e mi sono preparata alla notte che potrebbe dare una svolta alla mia vita, o terminarla.

Continuo a pensare alla mamma, a come reagirebbe se nemmeno io tornassi a casa, domani. Poi la immagino mentre osserva il nuovo sconfinato mondo che potrebbe esserci lì fuori e, con un profondo respiro, ritrovo il coraggio di andare avanti.

Con le giuste conoscenze in città, quelle che ho accumulato facendo ogni sorta di lavoro da quando sono stata espulsa dalla scuola, ho raggiunto persone con cui non avrei mai creduto di fare affari. Quelle persone che rischiano tutto e vivono nei vicoli più reconditi di Babel, e che si occupano di mansioni illecite e proibite. Non ho più un soldo in tasca, ma al loro posto ho una piccola pistola e qualche colpo in canna.

Non sono una rivoluzionaria. Sono solo arrabbiata. Ho venerato la Cupola come un dio benevolo, e ora scopro che è una gabbia invalicabile. Babel mi sembrava un paradiso, ma è il più profondo degli inferi.

La gente che ho conosciuto in questi giorni, al prezzo giusto, mi ha saputo dare delle informazioni molto utili, abbastanza da permettermi di avvicinarmi non vista alla grande sede della OxyGen, che non suscita più alcuna ammirazione in me, e di trovare un'entrata secondaria non accessibile ai civili. C'è un agente assonnato di guardia, ma mi basta fare un po' di rumore e poi nascondermi per farlo allontanare con l'arma imbracciata saldamente. Supero la recinzione in rete metallica tramite la porta che lui ha lasciato aperta, poi entro all'interno e mi ritrovo in una scala d'emergenza. Ora non si torna più indietro.

Non so molto del CEO di OxyGen, se non che si chiama Ryker e che ha ereditato dal suo bis-bis-nonno l'impero aziendale e il controllo su Babel. Mi domando come sia vivere nello sfarzo già da piccoli, consapevoli di essere destinati al comando, a tenere un segreto così importante e poi portarselo nella tomba. Io non so niente di queste cose, ma so che sono qui per uccidere Ryker e scoprire la verità.

Il palazzo è grande, ma quest'area non è molto sorvegliata. La OxyGen non ha paura dei criminali, casomai è il contrario: non sono tanti quelli che sfidano le regole di Babel, consapevoli di potersi guadagnare un viaggio di sola andata nelle Capsule dell'Addio. Incredibile come il terrore sia un ottimo deterrente per la criminalità. Peccato che lo sia anche per tutto il resto che c'è di buono nella società, come il libero arbitrio, o la vita stessa.

Tra le mie nuove conoscenze c'è anche un ex-dipendente sanitario della OxyGen. Pare che abbia rubacchiato un orologio d'oro o qualcosa del genere, e ora vive in strada sotto falso nome per evitare la condanna. Non giustifico ciò che ha fatto, ma la sua testimonianza mi è stata utile a scoprire dove sia, di preciso, l'alloggio di Ryker.

Da tipico figlio di papà con tendenze megalomani, ovviamente il giovane CEO abita nell'attico super lussuoso all'ultimo piano del grattacielo, dove le pareti sono tutte di vetro e la città si vede dall'alto con vista fortemente privilegiata. Ogni strada, ogni lucina lontana. Tutto sotto l'occhio attento del padrone assoluto di Babel.

La scala d'emergenza è collegata a tutti i piani e non ci sono altre guardie in servizio. Con il fiatone, dopo un'interminabile salita, arrivo all'ultimo piano e forzo la porta.

Ho davanti a me quello che dovrebbe essere un semplice atrio, collegato a un'altra scala nascosta da una porta chiusa e a un ascensore privato, ma i miei occhi si spalancano increduli davanti alla vista dello spettacolo che ho di fronte.

Un colore che ho visto solo negli occhi della gente: il verde. La mia città è un ammasso di metallo scuro, di led luminosi. Ma quello che scorgo sul grande pianerottolo che precede le stanze di Ryker è vera erba. Un piccolissimo giardino verdeggiante, con piante e fiori, elementi che conosco solo grazie ai libri d'infanzia. Non ho mai sentito, fino ad oggi, il loro profumo inebriante, l'effluvio che ricopre tutto il piano. E al centro, come un'antica creatura immensa e grandiosa, talmente alta da rischiare di sfiorare il soffitto, c'è una pianta ancora più strana, con un grande fusto ruvido color marrone che si dirama in piccoli arti che pare vogliano stendersi per afferrare qualcosa, e un chioma di minuscole foglie dalle venature chiare.

Penso che potrei fermarmi qui per qualche minuto, a piangere davanti alla bellezza di qualcosa che credevo estinto. Tutte le piante che ho visto in vita mia erano fatte di plastica, si coprivano in fretta di polvere, e non emanavano proprio nessun odore.

Rimarrei a contemplare questa piccola oasi, ma il paradiso non mi attende ancora. C'è qualcosa che devo fare. Una missione che devo portare a termine.

Guardo dallo spioncino della porta che dà sull'appartamento di Ryker. Non vedo altro che buio. Poggio l'orecchio, e non sento suoni. Sembra che non sia in casa, o che stia già dormendo. Dopotutto, è quasi l'alba.

Mi hanno insegnato a usare un grimaldello: è difficile, e impiego un po', ma finalmente riesco a forzare la serratura. Abbasso la maniglia sperando che non cigoli. Sono dentro.

Sotto la CupolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora