Capitolo 9 | The sweet taste of a kiss.

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⚠️ TW: scene di sesso descritta esplicitamente e dettagliata. Entrambi i protagonisti hanno più di 18 anni e sono consenzienti in tutto e per tutto delle loro azioni. In merito alle nuove linee guida della piattaforma sono costretta a segnalarvi il capitolo, in caso non lo vorreste leggere per la tematica trattata. ⚠️

━━˚₊‧꒰ა ☆ ໒꒱ ‧₊˚HUNTED

Approdo del re.

DEVA

Quella notte mentre mi cambiavo, lo sentii entrare. Il rumore della porta che si chiudeva alle sue spalle, il silenzio pesante che seguì. Non c'era bisogno di voltarmi per capire chi fosse.

Aemond Targaryen. Il suo respiro lento, controllato, riempiva la stanza. Istintivamente mi coprii con la camicia da notte, le mani tremanti che tiravano il tessuto contro il mio corpo, come se potesse proteggermi dalla sua presenza. Non dissi nulla. Rimasi immobile, sperando che si stancasse del gioco e se ne andasse. Ma non lo fece. Lo sentii avvicinarsi, i suoi passi erano lenti, calcolati. Era sempre così, un predatore silenzioso che si avvicinava alla sua preda senza mai far rumore.

«Hai delle cicatrici» disse con una voce bassa e curiosa, come se stesse osservando qualcosa di nuovo, qualcosa che non aveva mai visto prima. Potevo sentire i suoi occhi fissi su di me, che studiavano la pelle segnata dalla peste. Non c'era rabbia nella sua voce, né scherno. «E non credo che siano delle frustate che ha ordinato Floris» chiusi gli occhi e continuai a dargli le spalle. «Sono più vecchie, come te le sei fatte?»

Nella sua voce percepito solo... interesse.

Mi irrigidii, stringendo il tessuto ancora di più contro il mio corpo. Quelle cicatrici erano mie, un promemoria di tutto quello che avevo sofferto, tutto quello che avevo perso. E ora lui le guardava, come se fossero un mistero da risolvere, come se avesse il diritto di farlo.

«Cosa ti è successo?» chiese, la sua voce sorprendentemente morbida.

Esitai, non sapevo come rispondere. Raccontare a lui della peste, delle sofferenze, delle notti passate a pregare di sopravvivere, non mi sembrava possibile. Ma il silenzio tra di noi era denso, come se stesse aspettando una risposta. Era evidente però che sapeva la verità di quei segni e ora, voleva sapere del resto. La verità era che io ero una donna rotta: da una parte mi chiudevo a riccio e dall'altra sfidavo il drago dietro di me solo per sentirmi viva.

«La peste...» sussurrai infine, le parole a malapena udibili. «Ha risparmiato solo la corona protetta dalle mura della sua fortezza, ma non i poveri.» il dolore era ancora troppo forte. Sentii una leggera carezza sulla mia schiena nuda che proseguì fino alle fossette, un tocco che mi fece sussultare. Aemond mi stava toccando con gentilezza. Era un gesto così inatteso, così delicato che per un attimo non seppi come reagire. Mi voltai a guardarlo, sorpresa. Il suo volto era più vicino di quanto avessi immaginato e per un attimo il suo occhio sembrò meno freddo, meno distante. Mi ritrassi immediatamente, spostandomi lontano da lui, come se quel contatto bruciasse la mia pelle. Non volevo che mi toccasse. Non potevo. L'idea di qualcuno che posasse le mani su di me mi recava disgusto, alcune volte. Ero cresciuta temendo quel contatto, associando ogni tocco a qualcosa di doloroso, qualcosa che il mio maestro di pittura aveva trasformato in sofferenza. Se solo la me di qualche settimana prima avrebbe potuto vedermi... si sarebbe vergognata di me, quella non potevo essere io. Non la stessa che come una stupida proprio su quel letto gli aveva aperto le gambe e si era fatta guidare dalla sua voce velenosa e dal suo tocco famelico.

Aemond mi guardò per un momento, senza dire nulla. Non c'era rabbia nel suo occhio, ma qualcosa di diverso, qualcosa che non riuscivo a decifrare. Era come se per un attimo avesse capito, come se avesse percepito la mia riluttanza.

HUNTED | Aemond TargaryenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora