Capitolo 3: Il gelo

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Il campo era ancora immerso nel silenzio dell'alba quando Harald Finehair salì su un masso sopraelevato, un punto che dominava l'intero accampamento. Il vento gelido dell'inverno soffiava senza tregua, sollevando la neve attorno a lui, ma non sembrava neanche sfiorarlo. I suoi guerrieri si radunavano intorno a lui, le facce segnate dalla stanchezza e dalle ferite, ma i loro occhi erano pieni di ammirazione e rispetto per il loro capo. Harald era un uomo che comandava con la mente acuta di un condottiero e il cuore di un guerriero.

Quando parlò, la sua voce risuonò potente sopra il vento, tagliando l'aria gelida come una lama. «Guerrieri! Oggi ci siamo dimostrati degni del sangue che scorre nelle nostre vene! Abbiamo affrontato la morte e abbiamo trionfato. Oggi, in questo freddo crudele, abbiamo reclamato una vittoria che ci avvicina di un passo al nostro destino!»

Le sue parole scivolavano tra i guerrieri come calore, ridando vita ai loro corpi stanchi e feriti. Molti lo seguivano non solo per l'onore, ma per la sua visione di grandezza. Harald sognava un regno unito, un solo sovrano per tutti i Norreni, e quel sogno li aveva portati a combattere e sfidare la morte innumerevoli volte.

«Questa non è una semplice vittoria contro un vecchio nemico,» continuò, con un sorriso calcolato che si accese brevemente sui suoi tratti severi. «È la dimostrazione che il nostro sogno, il sogno di unificare la Norvegia sotto una sola corona, è più vicino. Un giorno tutti i Norreni ci guarderanno e capiranno che il loro re è qui, tra di loro!»

Le urla di approvazione esplosero dal gruppo, uomini che battevano i loro scudi con le spade e i pugni, acclamando Harald Finehair come il condottiero che era. In quel momento, Harald seppe che il loro rispetto era totale, il loro supporto incondizionato. E non poteva essere diversamente: non era solo il loro capo, era la loro speranza per un futuro migliore.

«Grazie a voi» concluse, con il tono che si abbassava leggermente, ma restava fermo. «Grazie a voi che avete versato il vostro sangue, avete sopportato il freddo e la fame per un ideale più grande. Questo è solo l'inizio, ma non dimenticherò mai il valore che ognuno di voi ha dimostrato oggi. Combatteremo ancora, e un giorno, io vi chiamerò tutti fratelli nel regno che avremo creato insieme!»

Un'altra ondata di grida si alzò mentre Harald scendeva dal masso, lo sguardo rivolto al futuro. Era sempre così: dava ai suoi uomini quello di cui avevano bisogno, la certezza di una causa, la sensazione che il loro sacrificio non fosse vano. Ma nel suo cuore, Harald sapeva che non bastava vincere battaglie. Doveva vincere ogni cuore, ogni signore della guerra, ogni clan. E sapeva che la sfida più grande doveva ancora venire.

Dopo il discorso di Harald, l'esercito si mosse con lentezza, preparandosi a partire. Ingrid, legata al suo destino di prigioniera, osservava in silenzio mentre i guerrieri smontavano le tende e raccoglievano i resti del campo. Non aveva parlato con nessuno dalla sera prima, ma le parole di Harald le risuonavano ancora nelle orecchie. Quel sogno, quel desiderio di unificare la Norvegia, era qualcosa che anche lei aveva sentito crescere tra le terre del suo popolo. Ma suo padre aveva sempre visto Harald come una minaccia, non come un leader.

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