Capitolo 6: Vichinghi

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Il sole si stava appena alzando sopra l'orizzonte, gettando lunghe ombre sui cantieri di Rogaland. Ingrid, nonostante i muscoli ancora indolenziti e la stanchezza che non aveva del tutto lasciato il suo corpo, si era preparata a una nuova giornata di lavoro. Era stata condotta di nuovo tra le palizzate in costruzione, sotto la stretta sorveglianza di Halfdan e delle sue guardie. Ogni passo che faceva, ogni movimento delle sue mani sulle assi di legno, era monitorato con attenzione. Non c'era spazio per errori.

Mentre lavorava, la riccia osservava silenziosamente il caos ordinato che la circondava. C'erano uomini adulti, giovani ragazzi, anziani dalle mani consumate dal tempo e persino bambini, troppo piccoli per un lavoro così gravoso, che faticavano per spostare tronchi e pietre. Il loro respiro affannoso si mescolava con i rumori della costruzione. Era uno spettacolo crudele, e il cuore di Ingrid si strinse vedendo un bambino di non più di dieci anni lottare per sollevare un grosso pezzo di legno, il viso rosso di sforzo.

Incapace di trattenersi, si avvicinò al ragazzo. «Lascia, ti aiuto,» disse dolcemente, afferrando un'estremità del tronco e sollevandolo con lui.

Il bambino la guardò con occhi spalancati, troppo sorpreso per parlare, ma grato per l'aiuto. Insieme riuscirono a spostare il legno al posto giusto, e lui le rivolse un sorriso stanco, ma sincero.

«Grazie, signora,» mormorò timidamente prima di tornare al suo lavoro.

Era impensabile che anche i più giovani fossero costretti a partecipare a questa costruzione. Avevano bisogno di proteggersi, sì, ma a quale costo?

Halfdan lasciò la sua postazione con passi lenti ma decisi, occhi fissi su Ingrid mentre si avvicinava con l'aria di chi era pronto a riprendere il controllo. Aveva osservato la scena di lei che aiutava il bambino, la sua mano che si tendeva a sollevare il carico che non le spettava, e ora un'ombra di disapprovazione aleggiava sul suo volto.

«Che diavolo stai facendo?» le ringhiò, avvicinandosi al punto da poterla quasi toccare. Ingrid alzò lo sguardo, il sudore le scorreva sulla fronte e i suoi occhi brillavano di sfida.

«Sto aiutando un bambino, Halfdan,»rispose con fermezza, incrociando le braccia al petto. «Non vedi che non ce la fa?»

«Non è il tuo compito decidere chi ce la fa e chi no,» ribatté lui, il tono freddo e tagliente. «Tutti qui devono dare il loro contributo. Anche i più piccoli. È così che si cresce forti. È così che si sopravvive.»

Ingrid strinse i denti, il disprezzo per quelle parole le montava dentro. «Sopravvivere? Questi bambini non stanno imparando a combattere, Halfdan, stanno solo faticando come bestie. Che cosa possono imparare così?»

Halfdan fece un passo avanti, torreggiando su di lei. «Possono imparare a essere vichinghi,» disse con una calma pericolosa. «E i vichinghi sono temuti in tutto il mondo per la loro forza e la loro capacità di superare qualsiasi ostacolo. Questi bambini cresceranno sapendo cosa vuol dire combattere per la propria vita e per la loro terra. E tu, con la tua pietà, non fai altro che indebolirli.»

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