Quando l'ascensore si fermò con un sobbalzo, il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Jannik ed io eravamo rimasti intrappolati all'interno di quella cabina metallica, e subito una morsa di panico mi strinse il petto.
La claustrofobia che avevo sempre cercato di tenere a bada si fece strada, e il ricordo di quando avevo perso i miei genitori tornò a tormentarmi.
«Non ti preoccupare, ci aiuteranno», disse Jannik, ma le sue parole si perdevano nel frastuono crescente dei miei pensieri.
Ogni secondo sembrava un'eternità, e l'idea di essere bloccata in un ascensore mi fece sentire come se il mondo stesse collassando attorno a me.
Un brivido di freddo percorse la mia schiena, non per la temperatura, ma per il senso di impotenza che mi assaliva. Feci un respiro profondo, ma non sembrava bastare.
Jannik mi osservava attentamente, il suo sguardo scrutava il mio viso, e all'improvviso sentii il suo calore quando mi passò la giacca. «Ecco, prendi la mia giacca. Ti terrà calda», disse con una dolcezza che mi colpì.
Mi avvolsi nella giacca blu scuro, e il suo profumo di fresco e di pulito mi infuse una piccola dose di conforto. Ma il panico continuava a crescere.
Decisi di aprirmi. «Ho paura degli spazi chiusi», confessai, la mia voce tremante. «Quando ero più piccola, ho vissuto un momento davvero brutto, e da allora è difficile per me stare tranquilla in situazioni simili.»
Jannik mantenne il contatto visivo, e la sua espressione cambiò, passando dall'inquietudine alla comprensione. «Non sei sola, Clelia. Io sono qui con te», disse, la sua voce calma e rassicurante.
«Tutto andrà bene. Siamo insieme, giusto?»
«Già», annuii, cercando di trovare conforto nelle sue parole. La sua presenza mi dava un senso di protezione, ma il terrore dell'ascensore non sembrava diminuire.
«Respira con me», propose, mentre faceva un respiro profondo. Seguii il suo esempio, cercando di allentare la tensione. «Immagina di essere sul campo da tennis, con l'aria fresca e il sole che splende», continuò, cercando di portarmi in un luogo più sereno.
«Il tennis... Già, il tennis», dissi, cercando di concentrarmi sulle parole.
All'improvviso, Jannik fece un passo più vicino, e sentii il suo calore avvolgermi. Le sue spalle erano così vicine alle mie, e la sua presenza sembrava essere un rifugio in quel momento angusto.
«Siamo in questo insieme», disse dolcemente, e la sua mano si posò sulla mia, un contatto semplice ma potente.
Iniziammo a discutere di tattiche e strategie, e lentamente la mia mente si allontanò dalla claustrofobia. Jannik era incredibilmente appassionato, e il suo entusiasmo era contagioso. Ogni parola che scambiavamo sembrava avvicinarci un po' di più, e la tensione nell'aria cominciò a svanire.
Poi, un rumore improvviso ci interruppe, e il panico tornò a salire. Sentii il mio cuore accelerare, e Jannik si avvicinò ancora di più, il suo sguardo rassicurante.
«Ehi, guarda, siamo in questo insieme», disse dolcemente. «Siamo una squadra, ricordi?»
Il modo in cui pronunciò quelle parole mi colpì. «Sì, una squadra», ripetei, cercando di afferrare quel senso di unione. «Non posso permettere che la paura mi fermi. Non ora.»
«Esatto! Non sei sola», affermò, il suo sguardo era come un rifugio sicuro. «E ti prometto che ci libereranno.»
Mi resi conto che, nonostante il terrore che sentivo, c'era qualcosa di speciale in quel momento. Jannik, con la sua mano che stringeva la mia, mi fece sentire meno sola. In un modo inaspettato, la nostra vulnerabilità ci stava unendo, e l'idea di essere bloccati in quell'ascensore con lui iniziò a trasformarsi in un momento di connessione. La sua presenza era calda e confortante, e sapevo che, qualunque cosa fosse accaduta, avremmo affrontato tutto insieme.
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GAME, SET, LOVE//Jannik Sinner
Fanfiction«Questo è il tuo momento. Gioca per te stessa e per tutti quelli che credono in te. Non lasciare che la pressione ti fermi; ogni colpo che fai è un passo verso i tuoi sogni. Io sono qui, ti sosterrò sempre.» Lei, ha riscritto la storia del tennis...