5.

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Mi svegliai con il cuore che batteva forte.
Mancava solo un giorno alla finale.
La mia prima finale in un torneo così importante.

Non riuscivo a togliermi dalla testa il pensiero di ciò che mi sarebbe aspettato il giorno dopo.
Era come avere una tempesta dentro.

Mi voltai nel letto, il sole filtrava dalle tende, proiettando una luce calda nella stanza. Respirai a fondo, cercando di calmare i miei nervi. Era il giorno di preparazione, di mettere a punto tutto, senza esagerare. Dovevo essere pronta, ma non esausta.

Il telefono vibrò sul comodino. Era quasi l'ora della colazione con Jannik. Glielo avevo chiesto il giorno prima, dopo tutto quello che era successo con l'ascensore. Sorrisi al pensiero. In qualche modo, da quella sera avevamo trovato una strana sintonia. Non sapevo esattamente cosa significasse, ma mi faceva sentire al sicuro.

Mi alzai, scegliendo qualcosa di comodo per la colazione. Il mio corpo era teso, sentivo già l'energia del giorno prima della finale. Ma sapevo che quella tensione sarebbe dovuta diventare forza, non paura. Avevo solo bisogno di mantenere la calma e di concentrarmi sull'allenamento.

Arrivai nella sala colazione e lo vidi subito, seduto al solito tavolo con una tazza di caffè tra le mani. Il suo viso si illuminò quando mi vide entrare.

«Buongiorno.», mi salutò Jannik, alzando lo sguardo. «Dormito bene?»

«Abbastanza...» risposi, cercando di sembrare più rilassata di quanto fossi. Mi sedetti di fronte a lui, osservando il modo in cui sorseggiava il caffè. «E tu?»

«Non male.» disse, con quel sorriso che mi metteva sempre a mio agio. «Sei pronta?»

«Oggi niente di troppo pesante.» dissi, mentre prendevo un pezzo di pane. «Devo solo mantenere il ritmo e non stancarmi troppo. Il grande giorno è domani, non oggi.»

«Esatto.» concordò, appoggiando la tazza sul tavolo. «Domani sarai tu la protagonista, e io farò il tifo per te.»

Sorrisi, anche se dentro di me c'era un misto di ansia e aspettativa. «Grazie. Anche se domani voglio solo pensare a giocare bene. Non posso lasciarmi prendere dall'idea che è una finale.»

Jannik annuì, guardandomi attentamente. «Ti capisco. Ma so che ce la farai.»

Le sue parole erano semplici, ma sentivo la sincerità dietro di esse. Mi davano un piccolo conforto, che in quel momento sembrava enorme.

Passammo il resto della colazione parlando di tutto tranne che del tennis. Lui cercava di farmi ridere raccontandomi storie divertenti sui suoi allenamenti passati, e funzionava. Per un po', dimenticai la tensione che mi stringeva lo stomaco.

Quando finimmo, ci avviammo insieme verso la palestra per l'allenamento. «Ci vediamo più tardi?» mi chiese mentre ci avvicinavamo agli ascensori.

«Forse...» dissi con un sorriso. «Dipende da quanto sarò distrutta dopo l'allenamento.»

«Allora, non allenarti troppo!» scherzò. Le porte dell'ascensore si chiusero dietro di lui, lasciandomi sola con i miei pensieri.

Era il giorno in cui dovevo mantenere la calma e focalizzarmi su quello che mi attendeva domani. Avrei affrontato la numero uno al mondo. E dovevo essere pronta. 

Quando entrai nella palestra, l'aria era carica di energia e l'odore di sudore permeava l'ambiente. Gli atleti si muovevano tra le varie postazioni, ognuno concentrato sul proprio obiettivo. Sapevo che era il mio momento di brillare, e dovevo mettere a fuoco il mio allenamento.

Giovanni era già lì, pronto a guidarmi. «Buongiorno, Ciccia!» esclamò, con il suo sorriso caloroso. «Sei pronta a dare il massimo oggi?»

«Prontissima.» risposi, cercando di infondere fiducia nelle mie parole. Dopotutto, era fondamentale mantenere la positività.

GAME, SET, LOVE//Jannik SinnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora