Capitolo 10

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❝ 𝓨𝐨𝐮𝐫 𝐥𝐨𝐯𝐞 𝐢𝐬 𝐬𝐜𝐚𝐫𝐢𝐧𝐠 𝐦𝐞
𝐍𝐨 𝐨𝐧𝐞 𝐡𝐚𝐬 𝐞𝐯𝐞𝐫 𝐜𝐚𝐫𝐞𝐝 𝐟𝐨𝐫 𝐦𝐞
𝐀𝐬 𝐦𝐮𝐜𝐡 𝐚𝐬 𝐲𝐨𝐮 𝐝𝐨
𝐎𝐨𝐡, 𝐲𝐞𝐚𝐡, 𝐈 𝐧𝐞𝐞𝐝 𝐲𝐨𝐮 𝐡𝐞𝐫𝐞, 𝐨𝐡. ❞

▹ Scary Love - The Neighborhood.

Immerso nel fresco penetrante che gli lambiva collo e guance, Alexander aprì gli occhi opachi. Le ciglia si separarono seccamente, ad una velocità tale da spedire lacrime salate sugli zigomi del corvino, dove trovarono rifugio.

La luna gettava strani riflessi sui cespugli al limite del parcheggio. La sua ombra si stendeva di fronte a lui, scura e densa.
L'acquerigiola aveva bagnato i ciottoli e reso scivoloso il passaggio; adesso i mocassini del ragazzo guizzavano sugli scalini di pietra grigia con facilità.

Il suo cervello associò quell'immagine a montagne innevate, al ghiaccio cristallino su cui Jace lo trascinava impaziente tutti gli inverni, ogni qual volta ne aveva l'occasione, prima della nascita di Max.

Quando aveva cominciato a piovere?

Non ricordava di aver letto le previsioni meteorologiche, ma era stato abbastanza attento da poter asserire l'assurdità di quel fenomeno atmosferico: nell'ultima settimana il cielo era stato suo amico.

Si maledì per non essere rimasto a casa a seguire con i polpastrelli freddi le gocce di pioggia sul vetro della finestra.
Strinse con urgenza il corrimano umido e giunse alla fine delle scale, dove poté accelerare il passo.

Sentì il suono dello sportello di un'auto che veniva sbattuto con violenza dalle mani del proprietario. Evidentemente chi era rimasto fuori si era messo alla ricerca del riparo più vicino.

Diede le spalle all'edificio e si arrestò sotto la tettoia della piscina. Il sussurro della pioggia si sovrappose a quello dell'acqua della fontana che il preside aveva fatto costruire in onore della vincita di un torneo.
L'artefice aveva scolpito nella roccia lo stemma della squadra e ora Alec si ritrovò a fissarlo con il cuore che gli martellava dietro la gabbia toracica.

Era solito rimproverarsi per le sue reazioni illogiche, per quegli sfoggi di permalosità e infantilismo che non seguivano il modus operandi della sua mente. Ma come poteva impedire alla gelosia di toccarlo in quel modo?

Conosceva quel sentimento in maniera troppo superficiale e da troppo poco tempo per contrastarlo. Se solo avesse avuto a disposizione più informazioni sarebbe riuscito a programmare sé stesso in modo da non lasciarsi sbilanciare da traviamenti del genere.

Si sforzò di tenere la testa china verso il basso quando udì i passi svelti di qualcun altro, e rilassò le braccia nell'istante in cui la figura slanciata di Magnus bloccò il vento.

Dietro la schiena, tirò con la mano sinistra l'orlo della manica destra.

«È difficile decifrarti, lo sai? Sei un cubo di Rubik con facciate disgiunte, una poesia scritta in latino tra le mani di un analfabeta, sei...»

Magnus gesticolava apertamente, le pieghe della camicia aderivano alla sua pelle color cioccolato. Della sua giacca non c'era traccia.
Negli occhi gialli, estasi.

«...bagnato!» enunciò, allungando le mani come se desiderasse fargli da cappotto.

Era alquanto bizzarro che Magnus fosse così sorpreso, considerando che nemmeno lui era asciutto. Ed era ancora più bizzarro notare la prontezza con cui aveva seguito il minore sotto la pioggia, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Ma Alec non riusciva a non diffidare di lui.

Waiting For Dawn | MALECDove le storie prendono vita. Scoprilo ora