Capitolo 9

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❝ 𝓐𝐧𝐝 𝐈 𝐣𝐮𝐬𝐭 𝐜𝐚𝐧'𝐭 𝐥𝐨𝐨𝐤, 𝐢𝐭'𝐬 𝐤𝐢𝐥𝐥𝐢𝐧𝐠 𝐦𝐞
𝐀𝐧𝐝 𝐭𝐚𝐤𝐢𝐧𝐠 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨𝐥
𝐉𝐞𝐚𝐥𝐨𝐮𝐬𝐲, 𝐭𝐮𝐫𝐧𝐢𝐧𝐠 𝐬𝐚𝐢𝐧𝐭𝐬 𝐢𝐧𝐭𝐨 𝐭𝐡𝐞 𝐬𝐞𝐚
𝐒𝐰𝐢𝐦𝐦𝐢𝐧𝐠 𝐭𝐡𝐫𝐨𝐮𝐠𝐡 𝐬𝐢𝐜𝐤 𝐥𝐮𝐥𝐥𝐚𝐛𝐢𝐞𝐬
𝐂𝐡𝐨𝐤𝐢𝐧𝐠 𝐨𝐧 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐚𝐥𝐢𝐛𝐢𝐬. ❞

▹ Mr. Brightside - The Killers.

I ritardi erano al primo posto nella lista di cose che Alexander Lightwood esecrava.

Con la sua indole prudente e la sua inclinazione a perseguire la perfezione, nel più disinteressato e impercettibile dei modi, non poteva permettersi di scompigliare la scaletta mentale che doveva religiosamente seguire in vista in un evento, e nemmeno di attirare l'attenzione su di sé.

I frivoli pettegolezzi messi in circolazione dagli ancora più frivoli adolescenti di Brooklyn non evaporano in fretta, al contrario dei traguardi che nessuno ti riconosce e di cui nessuno ricorda qualcosa a distanza di una settimana.

Alec non era mai arrivato in ritardo in classe, né alle assemblee, né agli allenamenti a cui era stato costretto a partecipare da Jace durante il secondo anno, né ai distributori di bevande che, durante la pausa ricreativa, diventavano lo sfondo cinematografico di una realtà distopica soggetta alla dominazione dei perfidi tiranni dalle gambe lunghe (gli studenti più veloci).

Non era mai arrivato in ritardo alla fermata dell'autobus, non era mai arrivato in ritardo in biblioteca, mancando così un appuntamento con Charlotte, e non era mai arrivato in ritardo alle cene di famiglia, perché nascondersi da essa è più facile se si riesce a convincere il proprio padre di aver cresciuto un figlio giudizioso e attento alle regole.

Quella sera, la luce artificiale della lampada accesa in un angolo della sua stanza - accanto allo zaino lasciato distrattamente sul pavimento, con il quaderno di Biologia che sembrava voler scappare da lì, dimostrando di possedere lo stesso spirito di iniziativa del suo proprietario - sarebbe stata la prima spettatrice del suo primissimo ritardo.

Mancava meno di un quarto d'ora alle nove, orario prestabilito per l'inizio della celebrazione che il preside si era organizzato da solo, spacciandolo per un ballo e spacciando le sue manie di protagonismo per amore nei confronti degli studenti. Eppure il corvino non guardava ansiosamente l'orologio come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione, perché era troppo preso dalla sua immagine riflessa allo specchio.

Perché non riusciva a smettere di ammirarsi e di amarsi.

Di amare le linee del sorriso che Magnus gli aveva baciato così tante volte, i suoi confusi occhi azzurri che gli aveva complimentato la prima volta; la chiave che gli aveva aperto la porta del cuore del bibliotecario.

Isabelle gli aveva sistemato i capelli, così ora dei riccioli ordinati gli coprivano la fronte, senza più oscurare lo sguardo che si ostinava a celare ogni giorno. Sua sorella gliel'aveva proibito categoricamente; "delle ciglia così lunghe su un ragazzo sono uno spettacolo, vanno mostrate al mondo! Magari potessi averle io come le tue, anche senza mascara..."

La stessa Izzy aprì in quel momento la porta che separava la stanza di Alec dal corridoio, infilando la testa all'interno della camera per ricordargli che la macchina li stava aspettando di sotto.

Si bloccò sulla soglia e Alec si allontanò in fretta dallo specchio, con l'aria di una persona che non aveva assolutamente passato gli ultimi dieci minuti a fare l'imitazione di Narciso.

Cercò di sistemarsi la camicia che sentiva troppo stretta attorno alla vita esile e sulle spalle decisamente non ampie come quelle di suo fratello e dei suoi amici della squadra di football.

Waiting For Dawn | MALECDove le storie prendono vita. Scoprilo ora