Capitolo 3

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❝ 𝒩𝐨𝐰 𝐰𝐡𝐢𝐜𝐡 𝐝𝐨 𝐲𝐨𝐮 𝐩𝐫𝐞𝐟𝐞𝐫?
𝐓𝐨 𝐛𝐞 𝐚𝐥𝐨𝐧𝐞, 𝐭𝐨 𝐛𝐞 𝐢𝐧 𝐥𝐨𝐯𝐞 𝐨𝐫
𝐭𝐨 𝐣𝐮𝐬𝐭 𝐛𝐞 𝐰𝐨𝐫𝐭𝐡 𝐢𝐭?
𝐈 𝐭𝐡𝐢𝐧𝐤 𝐲𝐨𝐮'𝐫𝐞 𝐰𝐨𝐫𝐭𝐡 𝐢𝐭. ❞

▹ Strawberry Sunscreen - Lostboycrow.

Gli esseri umani a volte tendono ad autosabotarsi per evitare che lo facciano gli altri al loro posto, perché è sempre meglio distruggersi la vita da soli che permettere a qualcun altro anche solo di sfiorarla con un dito.
Per questo, per molte persone il pensiero di lasciarsi andare è una cosa completamente astratta; un rischio che non vale la pena di correre, un'ipotesi che dev'essere scartata ancora prima di poter essere presa in considerazione.

Ma questi momenti di estrema lucidità si alternano a quelli innumerevoli volte più pericolosi di spensieratezza, di coraggio, di stupidità.

Stupidità era la parola giusta per definire il sentimento che bruciava dentro quelle persone che erano pronte a buttare via tutto per ottenere qualcosa, per la banale speranza che ne valesse la pena.

Stupidi, ecco cos'erano i sognatori, gli immaturi, gli sciocchi. Così li aveva sempre definiti Alec, che non aveva nemmeno vent'anni ed era già stanco di vivere una vita circondato da persone che mischiavano la realtà e la fantasia, che si lasciavano trasportare da quei sentimenti che lui nemmeno avrebbe saputo riconoscere.

Perché non si era mai permesso di imparare a rischiare, lui che non aveva mai avuto nulla da perdere.
Non si era mai permesso di commettere una stupidaggine.

Ma quella di correre per le strade quasi deserte di Brooklyn a quell'orario indecente, giudicato solo dalla luna, complice del suo timore, unica spettatrice del teatro di emozioni che gli albergava in petto... quella era stata la prima stupidaggine che avesse mai commesso.

Pensava che tutto sarebbe stato più chiaro una volta giunto a destinazione, che sarebbe stato facile spiegare a Magnus il perché adesso sentisse il bisogno di andargli incontro, dopo essere scappato da lui per giorni.
E invece sotto il suo sguardo confuso tutte le sue certezze erano andate in fumo ed era riuscito a pronunciare solo una stupida domanda retorica, riguardante i suoi occhi.

Occhi che in quel momento balenavano, incerti su dove posarsi, tentando di non indugiare troppo sull'espressione stupita dell'altro.

Alec non sapeva nulla di Magnus Bane, ma aveva l'impressione che stupire un tipo come lui non fosse un'impresa da poco.
E il fatto che ci fosse riuscito lui, il ragazzo più insulso che New York avesse mai ospitato, dimostrava quanto in là si fosse spinto quella volta.

Ciò che muoveva l'animo umano e lo portava a fare pazzie come quella, ciò che per tutti quegli anni aveva tenuto a bada, si stava finalmente ribellando solo perché un uomo di cui sapeva appena il nome aveva deciso di trasformare la sua vita mediocre in quella che aveva sempre sognato con pochi sguardi, un paio di parole e un biglietto nascosto tra le pagine di un libro.

Perché sì, Alexander aveva sempre sognato di trovarsi in una situazione del genere, di poter dire che qualcuno occupava la sua mente tutto il giorno, di uscire dalla sua bolla di apatia e di ritrovarsi schiacciato da una sensazione del genere.

«Posso offrirti da bere?»

la voce della causa della sua guerra interiore lo riportò al presente, alla realtà, a quella notte fatta di incertezze e di sfumature inaspettate.

Alec scosse la testa con violenza, quasi come se stesse reagendo ad un insulto o ad un'affermazione falsa su di lui.

«Non bevo, non mi piace.» rispose quindi.

Waiting For Dawn | MALECDove le storie prendono vita. Scoprilo ora