Capitolo 13: Nonostante tutto...

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Era palese che Scott sarebbe in qualche modo venuto a sapere di quanto successo tra quelle mura, Rafael doveva essere andato via sconvolto e Malia, sebbene non fosse spaventata, faceva parte del suo branco. Il gruppo aveva questa "brutta" abitudine di indagare su ciò che accade a Beacon Hills, quindi c'era da aspettarselo che avrebbero ficcato il naso in questioni che non li riguardano.

Certo, tutt'altra storia è trovarsi un alfa incazzato in giardino.

«Stanne fuori, Scott, ed io chiuderò un occhio su come sei venuto a conoscenza degli affari miei. La cosa non ti riguarda». Esordì Regan con tono glaciale. Alla sua sinistra, Peter lanciò all'alfa uno sguardo di sfida, mentre i gemelli fremevano pronti ad attaccare.

«Non accadrà una seconda volta. Non vi permetterò di uccidere gli umani, soprattutto nelle terre del mio branco!»

In un battito di ciglia, Regan fu davanti a Scott, una mano avvolta in torno alla sua gola con gli artigli dorati freddi come il ghiaccio che sfioravano la pelle appena sopra la giugulare. Nessuno la vide muoversi, il suo scatto fu così rapido da essere scambiato per una folata di vento.

«Ascoltami bene, ragazzino. Non mi interessa se sei un alfa, un beta, un mezzosangue o un qualsiasi scarto di questa terra. Permettiti di nuovo a fare la voce grossa e ti assicuro che non avrai più un branco di cui fare le veci. Non mi sei superiore e non sei il mio alfa, ergo io non prendo ordini, tantomeno da te. Fai in modo di ricordartelo». Un ringhio vibrava nella sua gola ad ogni parola mentre i suoi occhi da lo scrutavano fin dentro l'anima. Era più minuta rispetto a lui che la sovrastava di svariati centimetri, ma questo non sembrava scoraggiarla. L'aveva vista combattere contro un berserker, vincendo senza riportare lesioni di alcun tipo. Scott aveva esperienza sul campo, eppure il suo istinto gli diceva che contro di lei potrebbe non avere la meglio.

In notti come quelle malediva i super sensi che si portava dietro la sua natura da soprannaturale. I rumori della notte di solito la tranquillizzavano, ma quella notte sembravano essersi coalizzati per darle il tormento. E se a questo unisci quel caldo infernale che la soffocava, non c'erano dubbi che quella notte non avrebbe chiuso occhio.

Come faceva sempre in situazioni come quella, si rannicchiò su se stessa, chinando la testa fino a toccare le ginocchia, e chiuse gli occhi. Doveva concentrarsi su qualcosa che la calmasse. Non il battito forsennato del proprio cuore, magari. Né il ronzio della corrente che sentiva nelle pareti, o il ticchettio di un orologio da qualche parte in giro per casa.

Il suo respiro. Doveva concentrarsi sul respiro. Inspirò profondamente, trattenne il fiato per un paio di secondi, e poi espirò. Andò avanti così per un paio di minuti.

Aveva abbandonato il letto da un po', dal momento in cui aveva percepito l'arrivo dell'attacco di panico e non voleva svegliare Peter. Vana illusione, il lupo aveva sempre avuto il sonno talmente leggero da essere svegliato anche dal suono delle foglie che cadevano. Ma aveva avuto il buon senso di non correrle dietro.

Doveva essere anche questa una caratteristica dei compagni predestinati: sapere quando il proprio partner ha bisogno di un momento di solitudine e quando invece proteggerlo con ogni mezzo.

«Mi dispiace per oggi».

Regan spalancò gli occhi e irrigidì le spalle, ma per il resto non si mosse dalla sua posizione. Con la guardia abbassata, non si era accorta di non essere più sola nella stanza.

«Non devi scusarti perché la tua opinione è diversa dalla mia, Rafael... Un'amicizia decennale non finisce per un battibecco».

Rafael annuì, senza spostarsi dalla soglia della porta. Non che gli servisse un invito a entrare, ma grazie proprio a quella stessa amicizia decennale appena nominata, sapeva che Regan aveva bisogno dei suoi spazi.

ENAID - L'anima gemella del lupoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora