Nessuno sapeva cosa ci fosse dietro la porta al terzo piano della casa di Via Ferini, 28. Quella casa era appartenuta alla famiglia Veraldi da generazioni, eppure, nessuno osava parlare di quella porta. Sembrava che fosse lì da sempre, chiusa a chiave e dimenticata, come un segreto sepolto. Le pareti attorno alla porta avevano una leggera patina di muffa, un odore di vecchio e di umidità che sembrava essersi cristallizzato nei mattoni, mentre il legno della porta stessa era consumato dal tempo. Nessuno aveva mai osato forzare quella serratura, e ogni volta che qualcuno sollevava domande al riguardo, gli anziani del villaggio si limitavano a scuotere la testa, con un misto di rassegnazione e paura negli occhi.
Francesca Veraldi non era come gli altri. A differenza di suo padre e dei suoi nonni, non credeva nelle superstizioni che circondavano la casa. Per lei, quel posto non era altro che un'antica dimora, piena di ricordi e di polvere, ma priva di qualsiasi mistero soprannaturale. Quando i suoi genitori morirono in un tragico incidente, Francesca si ritrovò a ereditare quella casa e tutto ciò che conteneva, inclusi i suoi segreti.
La casa era maestosa ma decadente, con lunghi corridoi bui, soffitti alti e finestre enormi che lasciavano filtrare la luce del sole attraverso tende logore. Le stanze erano piene di vecchi mobili ricoperti di lenzuola, che creavano un'atmosfera spettrale. Ogni passo faceva scricchiolare il pavimento sotto i piedi, mentre l'aria era perennemente impregnata di polvere. Il legno delle scale, un tempo lucido e splendente, era ormai consumato e scuro, e le sue superfici rivelavano le impronte del tempo.
Francesca si era trasferita lì con l'intento di ristrutturare l'intera casa. Durante i lavori, inevitabilmente si ritrovò di fronte a quella porta al terzo piano. Era diversa dalle altre: il suo legno era più antico, scolorito, e la maniglia di ottone, un tempo lucida, ora era opaca e fredda al tatto, come se nessuno l'avesse toccata per decenni. Quella porta esercitava una strana attrazione su di lei, una curiosità irresistibile che la spingeva a volerla aprire a ogni costo.
Dopo settimane di ricerche tra vecchi cassetti e armadi polverosi, Francesca trovò un mazzo di chiavi nascosto in una scatola nella soffitta. Erano tutte arrugginite, segnate dal tempo, ma una tra tutte attirò la sua attenzione: era piccola, sottile, e sembrava adatta proprio a quella serratura. Prese la chiave, sentendo un brivido percorrerle la schiena, e si avviò verso il terzo piano. Il corridoio che conduceva alla porta era più freddo rispetto al resto della casa, come se l'aria stessa si rifiutasse di avvolgerla in quel tratto.
Arrivata davanti alla porta, Francesca inserì la chiave nella serratura. Il rumore che fece il meccanismo quando la chiave girò sembrava simile a un sospiro antico, come se la casa stessa trattenesse il fiato. La porta si aprì con un cigolio lungo e stridente, rivelando finalmente l'interno della stanza.
La stanza era... vuota.
O, almeno, così sembrava a un primo sguardo. Le pareti erano spoglie, coperte da uno strato spesso di polvere che rifletteva debolmente la luce proveniente dal corridoio. L'aria era densa, quasi stagnante, e l'odore che permeava la stanza era strano, come una miscela di umidità e decomposizione, un profumo dolciastro che non riusciva a identificare. Francesca entrò lentamente, lasciando che la porta si chiudesse dietro di lei, e avanzò scrutando ogni angolo della stanza.
Il pavimento era fatto di assi di legno antico, ma in un punto, proprio al centro della stanza, il legno sembrava diverso. Si accovacciò e passò la mano sopra le tavole, notando che erano più lisce, come se fossero state riparate di recente, mentre il resto del pavimento mostrava chiaramente i segni dell'usura. Qualcosa sotto quel punto sembrava celare un segreto.
Senza pensarci due volte, si alzò e corse a prendere un piede di porco. Tornata nella stanza, cominciò a sollevare con forza le assi di legno, il cuore che le batteva furiosamente nel petto. Cosa avrebbe trovato lì sotto? C'era forse un qualche segreto della famiglia sepolto sotto quelle tavole? Con un ultimo colpo, una delle assi si sollevò completamente, rivelando... un buco.
Non era un semplice incavo nel pavimento. Era un buco perfettamente scavato, circolare, profondo e oscuro. Francesca si chinò sull'orlo del buco, ma non riusciva a vedere il fondo. Il buio sembrava risucchiare la luce della torcia che aveva portato con sé. Un brivido gelido le percorse la schiena. Non c'era alcuna spiegazione logica per quel buco. Sembrava più una voragine, un abisso, un portale verso qualcosa di sconosciuto e terrificante.
Poi lo sentì. Un suono, quasi impercettibile, un bisbiglio. Inclinò la testa per ascoltare meglio, e il bisbiglio divenne più chiaro, come se decine di voci stessero parlando tutte insieme, da qualche parte laggiù, nel buio. Le voci erano deboli, come se fossero molto lontane, ma c'era qualcosa di inconfondibilmente inquietante in esse.
Si tirò indietro, il respiro affannoso. Quelle voci... non era possibile. Eppure, la chiamavano, sussurrando il suo nome. Tornò a chinarsi sul buco, il cuore che martellava nelle orecchie, cercando di capire se stesse solo immaginando tutto. Le voci ora erano più chiare, e tra di esse riconobbe qualcosa di familiare.
"Francesca... Francesca... aiuto..."
Il gelo le penetrò le ossa. Quelle voci appartenevano ai suoi genitori, morti mesi prima. Non poteva essere reale. Non potevano chiamarla da quel buio. Eppure, le voci continuavano, insistenti, quasi disperate.
"Francesca... vieni giù..."
Indietreggiò di colpo, cadendo sul pavimento con il cuore che le batteva in gola. Non poteva essere. Non era possibile. Eppure, il suono delle voci era chiaro. Si alzò in fretta, decisa a lasciare quella stanza, ma poi lo sentì. Qualcosa strisciava, lentamente, risalendo dal buco. Il terrore la paralizzò mentre ascoltava quel rumore, simile a un sussurro continuo e malefico.
Con un ultimo sguardo verso il buco, vide una mano scheletrica, pallida, emergere dall'oscurità, seguita da un'altra. Francesca urlò e corse fuori dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé. Ma sapeva che non sarebbe bastato. Quel buio l'aveva vista, e adesso, qualunque cosa fosse, l'avrebbe seguita.
Perché quel buco non portava a un luogo normale. Era un passaggio verso qualcosa di più antico e più oscuro di quanto potesse immaginare. E ora, non c'era modo di tornare indietro.
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I racconti non raccontati
HorrorI racconti non raccontati è una raccolta di storie che attraversano generi diversi, unite dal filo comune dell'inaspettato e del non detto. In ogni racconto si cela un mondo nuovo, una sorpresa, un'emozione nascosta pronta a emergere. Dalla fantasia...