CAPITOLO CINQUE - SENSI DI COLPA

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La vita è uno sguardo, tutto dipende da dove decidi di posarlo.


Abbraccio le gambe seduta sui ciottoli al cospetto del mare buio, che impone la sua presenza increspando le onde in una spuma bianca e cristallina.
La birra che tengo in mano mi rinfresca la pelle, e quando ne bevo un sorso soddisfa il bisogno di dover sentire che ancora vivo, in qualche modo.
Che fatalità, penso. Proprio oggi, Loris mi ha chiesto se non avessimo ancora conosciuto qualcuno, ed eccoci, in mezzo a quattro ragazzi con chissà quali intenzioni o idee. Li osservo, e mi sembrano tutto fuorché malintenzionati.

<<Quanti anni avete?>> Sekai ed il suo tono euforico stasera montano sulla stessa sella.

A giro rispondono tutti, Pablo diciassette, Diego e Christian ventuno, Nathan venti.

<<Quindi avete terminato la scuola ed ora lavorate, a parte Pablo, giusto?>> Intervengo spinta da una curiosità improvvisa.

<<Sì, io e Nathan lavoriamo in un bar; Chris, invece, ha una palestra di famiglia.>> Spiega pazientemente Diego. <<Diteci qualcosa di voi, adesso. Che scuola fate?>>

<<Jas studia psicologia, io Arte.>>

<<Convinto che andaste in classe insieme!>> Si insinua Pablo, sporgendosi verso Sekai che si trova al suo fianco. Scrutandolo meglio, mi viene un colpo. Il classico tipo che potrebbe interessarle, in effetti. Capello castano, carnagione molto abbronzata ed occhi color cioccolato al latte. Statura minuta ma definita.

<<Magari! Sarebbe stato il nostro sogno, ma le prospettive di vita sono diverse.>>

<<Già vuoi parlare di prospettive, Rossa? Non sei nemmeno maggiorenne...>> Ancora Nathan e la sua marcata strafottenza. Inconsapevole del mio eterno caos interiore, lontano da ogni fattaccio sul passato che riverbera di continuo sulle decisioni che provo a prendere.

<<Hai già finito il repertorio di risposte sensate?>> Incalzo piccata. Gli altri scoppiano a ridergli in faccia, sottolineando quanto la mia risposta lo abbia messo a tacere.

Non gli affiderei neanche un chiodo incrostato di ruggine. Quasi tutte le ragazze della spiaggia lo salutano da lontano, o escogitano scuse per poter passare vicino a lui. Mi chiedo chi sia realmente.

<<Ciao Dev>>. Miagola un'altra ancora.

<<Ma qual è il tuo vero nome?>> Non posso fare a meno di chiedere.

<<Sono Nathan, Rossa. Sei confusa?>>

Lo sguardo beffardo su due occhi scuri, celato dalle luci psichedeliche della discoteca, scatena in me la curiosità di aprire le sue porte chiuse; l'atteggiamento spavaldo non regge alle espressioni malinconiche aggrappate alle sue iridi cupe, nelle quali le tenebre fanno capolino senza tregua.

Volto il capo altrove, già appesantita dai misteri che custodisce gelosamente ed espone a scrigno chiuso, allettando chiunque ci passi accanto.

Decido di alzarmi e fare quello che avrei tanto voluto. Un tuffo nel mare invisibile della notte, illuminato soltanto da un debole bagliore lunare.

<<Jas? Non penserai...>>

<<Di fare il bagno vestita? Esattamente.>> Sekai non fa in tempo a raggiungermi che i miei timpani si trovano sotto la soglia delle onde, innescando finalmente il rumore ovattato del mondo terreno. Uno dei luoghi nei quali posso smettere di sentire fisicamente il resto, sott'acqua.

YOU ARE MY DARKNESSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora