14. FIGLIA o GENITORE?

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A parte quelle prime parole iniziali non ho scritto più niente riguardo al rapporto con mio padre. Perchè?

Perchè non c'era niente da raccontare. Non ho gran bei ricordi tangibili con lui.

Da quando aveva aperto quel negozio erano iniziati i problemi.

Non riusciva a gestirlo, non era mai stato imprenditore in vita sua, figuriamoci di sé stesso, non aveva basi. I guadagni iniziali dopo l'inaugurazione si trasformarono ben presto in debiti. Aveva un negozio che non vendeva e non sapeva come fare per pubblicizzarlo al meglio. Non portava un euro a casa, e ben presto mia madre si ritrovò tutto sulle sue spalle. Le spese della casa (di proprietà di mio padre e mio nonno), la famiglia e pure i debiti del negozio, la mia educazione e i beni di prima necessità. Tutto.

Non fu semplice.

Nonostante il periodo difficile, ovvero da fine medie inizio superiori, mio padre decise di cambiare macchina. Chiese un finanziamento che ovviamente non gli venne concesso. Così chiese a mia madre di garantire per lui. Naturalmente non si accontentò di una macchina qualunque, ma di un suv di un certo livello. Una macchina che non poteva assolutamente permettersi né di acquistarla né tantomeno di mantenerla.

Mia madre si oppose, ma mio padre di nascosto si mise d'accordo con l'agenzia finanziaria mettendola di fronte al fatto compiuto e così fu costretta a firmare.

A causa di tutto questo il loro rapporto iniziò lentamente a cambiare.

Mio padre era come un bambino piccolo. Se voleva una cosa faceva di tutto per ottenerla, arrivando pure a sacrificare chi gli stava intorno.

Ogni sera quando tornava a casa tardi, verso le 20.30, e si accomodava a tavola, doveva assolutamente essere il solo protagonista. Ero costretta ad ascoltare il suo monologo, le sue polemiche, i suoi problemi sul lavoro, chi era passato al negozio, eccetera, eccetera, eccetera. Mai interesse nei confronti di mia madre o me.

L'unica domanda nei miei confronti era sempre la stessa.

"Com'è andata a scuola?"

E anche la mia risposta era sempre la stessa: "Bene."

Ecco, fine della conversazione. Con quella semplice domanda gli sembrava di aver adempiuto al suo dovere di genitore e così l'attenzione poteva tornare su di lui.

A mia madre non chiedeva mai niente della sua giornata.

Io e lei praticamente parlavamo solo prima del suo arrivo. Lei si interessava a me ed io ascoltavo lei.

Dopo una cena passata completamente in silenzio, potevo tranquillamente prepararmi per andare a letto visto che mi alzavo all'alba per andare a scuola.

La domenica poi, mio padre voleva sempre uscire. SEMPRE!

Si svegliava alle 11, andava a fare una corsa, tornava, faceva la doccia, metteva le gambe sotto la tavola, con il pranzo già preparato da mia madre, mangiavamo e poi voleva uscire.

Io molto spesso declinavo. Passando sei giorni fuori casa di corsa tutto il giorno, compreso il sabato, la domenica era il mio unico giorno di relax in cui potevo permettermi di stare in pigiama, senza trucco, distesa sul divano a ricaricare le energie per una nuova settimana.

Ogni volta che declinavo lui si arrabbiava, sbuffava, ecc.

Chiedeva a mia mamma allora. E anche lei molto spesso diceva di no. Con il lavoro 5 giorni lavorativi da mattina a sera, il sabato a pulire tutta la casa, fare la spesa (l'aiutavo sempre io), la domenica pomeriggio era l'unico momento libero che gli restava per rilassarsi, o a volte neanche quello.

SOLA in un mare di guaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora