La macchina del padre di Manuel sfrecciava sulla strada così velocemente che piu volte Simone lo aveva ripreso posando una mano sul cambio manuale dove era poggiata quella del moro.
Non si erano detti una parola da quando erano entrati nella vettura e, unita alla tensione che c'era tra di loro, questo aveva scatenato il nervosismo del più grande.
Non si trovavano insieme da soli da due settimane e, dopo che la tensione data dal loro litigio e dalla loro separazione era scemata grazie a chiarimento in spiaggia, appena si erano trovati chiusi in quella macchina a pochi centimetri l'uno dall'altro un altro tipo di elettricità li aveva avvolti senza lasciargli scampo.
Le mani di Simone erano poggiate sulle proprie ginocchia stringendole leggermente ogni volta che sentiva il respiro di Manuel farli più pesante.
Quest'ultimo invece cercava di concentrarsi sulla strada ma il pensiero che se avesse allungato la mano di qualche centimetro avrebbe trovato la pelle di Simone lo stava facendo uscire di testa.
Deglutì a vuoto appena vide dei cartelli stradali familiari, segno che erano vicino a casa di suo padre. Si morse il labbro inferiore, cosa che non passò inosservata al corvino, pensando al messaggio che gli era arrivato poco prima di accendere la macchina da sua sorella.
"Ho detto a papà che Simone era venuto a trovarti e ha deciso di farsi passare a prendere da alcuni amici che ha qui per lasciarti casa libera per cena. C'è qualcosa che lui sa e che dovrei sapere anche io? In ogni caso chiama quando rientri che sono preoccupata!"
Manuel sapeva benissimo che sua sorella era troppo intelligente per non aver capito cosa fosse Simone per lui ma, oltre che essere grato al padre del pensiero e di non averle detto niente come aveva promesso, era grato anche a Viola per voler aspettare che fosse lui a dirglielo.
«Siamo quasi arrivati.» sussurrò con voce roca prima di girare in una strada secondaria piena di villette e case sparse qua e là con grandi giardini. Simone girò il volto verso di lui osservando il profilo perfetto del ragazzo che, con la barba leggermente incolta e i capelli ricci che arrivavano alle spalle, con la mascella serrata stava guardando ancora davanti a sé.
Ma Simone non ce la faceva più. Aveva bisogno di toccarlo, di avere un contatto fisico anche piccolo con lui per realizzare che non stava sognando niente, che era sveglio e quella era la realtà.
Così, in quel silenzio che era scandito solamente dai loro respiri irregolari e dai rumori della macchina, Simone allungò la mano verso quel volto perfetto e bellissimo che aveva sognato di riavere davanti a sé per giorni e, facendo sussultare per un secondo il ragazzo alla guida, poggiò la mano sulla sua guancia lasciandogli una carezza per poi farla scivolare dietro al suo collo.
Manuel chiuse gli occhi per un secondo godendosi il contatto. La tensione aumentava e, appena lui vide la casa, sospirò voltando leggermente la testa verso Simone lasciando un bacio veloce sul suo polso e sussurrando un «Siamo arrivati.»
Simone staccò la mano come scottato ed entrambi scesero dalla vettura quasi in punta di piedi. Entrarono in casa - dove sembrava non esserci nessuno - in silenzio e senza guardarsi. Anche quando Manuel chiuse la porta di casa dietro di sé e si trovarono al buio, entrambi continuarono a tenere lo sguardo basso come se avessero paura di fare un passo falso che li avrebbe catapultati nuovamente in dietro di dieci passi.
Manuel fu il primo ad alzare gli occhi sul corvino che, girando in tondo nell'ingresso illuminato solo dalla luce fioca della luna che entrava dalle finestre, finì senza volerlo con le spalle alla ringhiera delle scale.
Solo a quel punto alzò gli occhi su Manuel e, come se non fosse passato neanche un giorno, come se tutte le parole e la rabbia che si erano riversati addosso fosse scomparsa, appena i loro occhi si incontrarono nel buio una specie di legame indissolubile si creò- o riformò - tra di loro.