25.1 Saudade

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Esiste una parola in portoghese intraducibile in nessuna altra lingua; "sḁudħàdħë" si scrive, Saudade si pronuncia; si tratta del ricordo di qualcosa legata ad  una malinconia che attanaglia la mente, impossibilitandola ad andare avanti.

Un bene speciale, di qualcosa o qualcuno che vive nel ricordo accompagnato dal desiderio di rivederlo. 

Era spesso utilizzata nei periodi in cui i marinai portoghesi dovevano affrontare lunghi viaggi, alla scoperta di nuove terre, in assenza dei loro cari. Io vivevo nella speranza, e nella nostalgia dei bei momenti; conservavo ogni ricordo e lasciavo che esso affiorasse nella mia mente e facesse male. 

Era quello l'obiettivo.

Doveva far male per renderlo reale, doveva far male affinché trovassi la forza di continuare a lottare

Ma ancora una volta, mi ritrovavo con le mani legate, ed il ricordo faceva ancora più male:  il suo viso,  le sue battute sarcastiche, la sigaretta sempre in bocca e quell'atteggiamento da cattivo erano ormai un costante ricordo che contornava i miei sogni rendendoli irrimediabilmente una tortura. 

Nei miei sogni, desideravo afferrarlo e riportalo qui da me ma senza successo. 

Forse un giorno, fratello mio. 

Quell'inverno di dieci anni fa.

"Forza pappamolle, andiamo a giocare a Basket, sono già tutti al campo" Ethan mi diede una pacca sonora sulle spalle, che mi scosse all'istante. 

Sorrisi a vederlo, ultimamente il suo temperamento vacillava di ora in ora. Notavo i suoi spostamenti la sera, ma non avevo mai detto nulla ai miei genitori, rimanevo sveglio fin quando non tornava, solamente quando sentivo la porta della nostra stanza aprirsi e lui apparirvi, potevo finalmente chiudere gli occhi. 

Si buttava sul letto, sopra le coperte, con ancora i vestiti addosso e in pochi secondi iniziava a russare.

Mio fratello aveva attraversava vari stadi emotivi durante la giornata; solamente io mi accorgevo che ogni giorno peggiorava sempre di più, Ethan era il più grande di due figli maschi che i miei genitori avevano avuto, eravamo stati accuditi senza nessun problema, eppure sotto un lenzuolo di finto calore familiare, si insinuavano le insidie più atroci. 

Solamente dentro le mura di casa la maschera della famiglia felice cadeva, e si distruggeva in mille pezzi.

Fin da quanto ho memoria era Ethan a prendersi cura di me, ma nessuno si era preso cura di lui. Avevo notato le sopportazioni a cui doveva sottostare, lo faceva per me, per non farmi sentire nulla. Era sempre in grado di rallegrare la situazione in momenti di totale sconforto portandomi alle partite al campo con i suoi amici, uscendo a bere qualche birra e fumarci qualche canna,  tutto passava in secondo piano. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: 3 days ago ⏰

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